Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21058 del 11/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/09/2017, (ud. 03/05/2017, dep.11/09/2017),  n. 21058

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26075-2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale mandatario della CARTOLARIZZAZIONE CREDITI INPS C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA

29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e

difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1079/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 10/11/2011 R.G.N. 293/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE per delega verbale Avvocato SGROI

ANTONINO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 10.11.2011, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava illegittima per intervenuta prescrizione l’iscrizione a ruolo dei contributi e delle somme aggiuntive richiesti dall’INPS ad B. per i periodi anteriori al 13.7.1999.

La Corte, per quanto qui rileva, riteneva che, avendo l’INPS richiesto i contributi mediante notifica di un verbale di accertamento,in data 13.7.2004, non poteva darsi ingresso alla sospensione dei termine prescrizionale introdotta dalla L. n. 289 del 2002, art. 38, comma 7, dal momento che l’operatività di tale sospensione era ancorata alla circostanza che i periodi non coperti da contribuzione risultassero dall’estratto conto di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 6.

Ricorre contro tale pronuncia l’INPS, formulando un unico motivo di censura. Antonella Biscottino non ha svolto in questa sede attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 38, comma 7, e dell’art. 2934 c.c., nonchè vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto prescritti i crediti anteriori al quinquennio dalla notifica del verbale ispettivo con cui era stata accertata l’evasione contributiva, senza considerare la sospensione di diciotto mesi del termine prescrizionale introdotta dall’art. 38 cit.-.

Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha motivato la mancata applicazione della sospensione sul rilievo che la contribuzione oggetto di recupero non era stata inclusa in alcun estratto conto periodico ed era stata accertata per la prima volta con il verbale ispettivo notificato all’odierna intimata il 13.7.2004, laddove la L. n. 289 del 2002, art. 38, comma 7, prevede che la sospensione operi con riguardo a “periodi non coperti da contribuzione risultanti dall’estratto conto di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 6, e successive modificazioni, relativi all’anno 1998”.

Ora, posto che l’estratto conto menzionato dalla disposizione in esame è quello che viene inviato con cadenza annuale dall’Istituto ricorrente ad ogni assicurato e da cui risultano “le contribuzioni effettuate, la progressione del montante contributivo e le notizie relative alla posizione assicurativa nonchè l’ammontare dei redditi di lavoro dipendente e delle relative ritenute indicati nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta” (L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 6), deve ritenersi che l’unico termine di prescrizione che il legislatore ha inteso sospendere è quello connesso alla denuncia che il lavoratore può presentare allo scopo di raddoppiare i termini prescrizionali di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, (così Cass. n. 948 del 2012): la disposizione in esame, infatti, è stata introdotta a seguito della novellazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 7 da parte del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 4 nonchè del successivo D.M. Finanze 2 marzo 1999, che ha istituito l’obbligo di presentazione della denuncia mod. 770 anche ai fini dei contributi dovuti all’INPS e dei premi dovuti all’INAIL, ed è notorio che, in occasione dell’eliminazione del mod. 01M e dell’introduzione in sua vece del mod. 770, si erano verificati ritardi nell’accredito della contribuzione per l’anno 1998 sulle posizioni assicurative dei lavoratori dipendenti.

E’ precisamente al fine di ovviare a tale inconveniente che il legislatore ha ritenuto opportuno disporre la sospensione della prescrizione per un periodo di 18 mesi a decorrere dal 1 gennaio 2003, stabilendo che i contributi dovuti per l’anno 1998 non si prescrivessero alla scadenza del quinquennio, ma dopo sei anni e mezzo. Ma se così è, è evidente che la pretesa dell’Istituto di ampliare a proprio favore l’operatività della sospensione, estendendola anche ai casi di omissione contributiva acclarata a seguito di accertamento ispettivo, urta contro la precisa volontà del legislatore di circoscriverla a beneficio dei lavoratori dipendenti che ne avessero desunto la (possibile) sussistenza in relazione ai dati annualmente trasmessi loro dall’INPS e si rivela, dunque, sfornita di base normativa.

E’ poi appena il caso di aggiungere che contrari argomenti non possono desumersi da Cass. n. 22408 del 2015, che – occupandosi di una vicenda speculare alla presente, in cui i ricorrenti deducevano la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 38, comma 7, per avere la Corte di merito ritenuto che la disposizione in esame facesse riferimento non soltanto a periodi scoperti risultanti dall’estratto contributivo, ma anche ad eventuali accertamenti successivi – ha affermato che non si spiegherebbe la ragione per la quale dovrebbero ritenersi escluse dall’ambito di operatività della disposizione quelle posizioni contributive ancora oggetto di recupero all’atto della sua entrata in vigore: come risulta dalla motivazione della sentenza cit., “l’accertamento posto a base del recupero contributivo riguardava, nella fattispecie, degli estratti che facevano riferimento a situazioni creditizie risalenti al 20.4.1998, rientranti a pieno titolo nella citata ipotesi di sospensione legale della prescrizione, per fui la parte debitrice avrebbe dovuto farsi carico di spiegare, in ossequio al principio di autosufficienza che governa il giudizio di legittimità, che il suo debito contributivo traeva origine da estratti contributivi diversi da quelli che avevano determinato l’insorgenza del credito cui si erano riferiti i giudici di merito, mentre a tanto non ha provveduto”.

Il ricorso, pertanto, va rigettato. Nulla va disposto sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2017

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