Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21057 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2021, (ud. 24/06/2021, dep. 22/07/2021), n.21057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 25165 del ruolo generale dell’anno

2015, proposto da:

Parco dei Medici s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al

ricorso, dall’Avv.to prof. Basilavecchia Massimo e dall’Avv.to prof.

Camperchioli Italia, elettivamente domiciliata presso lo studio del

secondo difensore in Roma, Via Fezzan, n. 65;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, n. 1824/14/15, depositata in data 25 marzo

2015, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24 giugno 2021 al Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di Nocera

Maria Giulia.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 1824/14/15, depositata in data 25 marzo 2015, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Lazio, rigettava l’appello proposto da Parco dei Medici s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 412/44/13 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della G.d.F, aveva contestato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, nei confronti della società, l’indebita deduzione, ai fini Ires e Irap, di costi per operazioni di consulenza – rese dalla Bixio 15 s.r.l. e dalla Egis Immobiliare s.r.l. per l’acquisto di un complesso immobiliare sito in Roma, Parco dei Medici – dell’importo complessivo di Euro 5.000.000,00- nonché di interessi passivi per Euro 275.000,00-ritenuti privi dei requisiti di cui agli artt. 9 e 109 del TUIR;

– in punto di diritto, la CTR ha osservato che: 1) in cambio dell’esborso che non veniva messo in dubbio, era mancato da parte delle due società (Bixio 15 s.r.l. e Egis Immobiliare s.r.l.) il compimento della controprestazione che doveva essere provato dalla contribuente; come evidenziato dal giudice di prime cure, deponevano a tal fine, il conferimento dell’incarico da parte della società Parco dei Medici quasi contestualmente alla costituzione della medesima (due giorni dopo), la redazione unitaria e nello stesso giorno delle fatture da parte delle due società che avevano ricevuto i compensi, la genericità degli incarichi, la loro brevità pur lautamente compensata (dato che in un mese, periodo intercorso tra la costituzione della società Parco dei Medici e l’acquisizione dei fabbricati, le due società avrebbero compiuto attività rilevantissime, quali la consulenza tecnico- legale, economico-finanziaria, contatti con la società venditrice e i professionisti, valutazioni sulla convenienza dell’acquisto, valutazione e ottenimento del finanziamento bancario, preparazione e stipula dell’atto pubblico), l’appartenenza delle società al medesimo gruppo che completava il quadro e consentiva di cogliere la finalità dell’operazione consistente nell’eliminare profitti della società erogante ed nell’escludere perdite pregresse delle altre due società, con evidenti vantaggi fiscali per tutti i soggetti;

– avverso la sentenza della CTR, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR posto a fondamento della decisione di rigetto dell’appello un fatto – consistente nella asserita inesistenza dei costi ossia nella mancata esecuzione delle prestazioni indicate nelle fatture oggetto di disconoscimento – radicalmente diverso da quello allegato e fatto valere dall’Agenzia – che era relativo al diverso profilo della non inerenza o incongruità del costo, ritenuto pacificamente effettivo- con conseguente sostanziale modificazione del petitum e della causa petendi; ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe violato l’art. 112 c.p.c. ponendo a fondamento della decisione tra i rilievi originari dell’Ufficio, quello relativo alla fittizietà dei costi, che era stato oggetto di una espressa “rinuncia” da parte di quest’ultimo in corso di giudizio, essendo stata la causa petendi della pretesa impositiva circoscritta ai due soli rilievi critici della incoerenza e incongruità dei costi dal punto di vista quantitativo;

– il motivo è infondato;

– nella specie, la ripresa a tassazione ha riguardato i costi dell’importo di Euro 5.000.000,00 (nonché interessi passivi per Euro 275.000,00) relativi ad un contratto stipulato, nel 2005, dalla contribuente con le società Bixio 15 s.r.l. e Egis Immobiliare s.r.l., avente ad oggetto prestazioni di assistenza e consulenza professionale per l’acquisito di un complesso immobiliare sito in Roma, Parco dei Medici. Ad avviso dell’Ufficio – come si evince dallo stralcio dell’avviso di accertamento riportato in ricorso a pagg. 6-7- “la rilevata non congruità del costo assum(eva), nel contesto ricostruito dai verbalizzanti nel citato p. v. c., un valore indiziario dell’esistenza di un rapporto dissimulato di mera erogazione di reddito priva di una corrispondente controprestazione per la società contribuente posta in essere al solo fine di ridurre il carico fiscale della stessa e consentire l’utilizzo di perdite fiscali di altri soggetti (collegati) altrimenti inutilizzabili”; pertanto, la contestazione dell’Ufficio si fonda ab origine sul rilievo non già di una indebita deduzione di costi fittizi relativi ad operazioni inesistenti ma di un indebita deduzione di costi effettivamente sostenuti per operazioni di consulenza, non rispondenti ai requisiti di cui agli artt. 9 e 109 TUIR, assumendo nel contesto ricostruito dai verbalizzanti nel p.v.c., la incongruità e la non inerenza degli stessi un valore indiziario (insieme ad altri elementi) della esistenza di un rapporto dissimulato di mera erogazione di reddito priva di una corrispondente controprestazione per la società contribuente finalizzata alla eliminazione dei profitti di quest’ultima e alla esclusione di perdite pregresse delle altre due società con conseguente vantaggio fiscale per tutti i soggetti appartenenti al medesimo gruppo;

– premesso che “E’ ravvisabile vizio di extrapetizione soltanto allorquando il giudice d’appello pronunci oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte va/ere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non è invece precluso al giudice del gravame l’esercizio del potere-dovere di qualificare diversamente i fatti, con il solo limite di non esorbitare da/le richieste contenute nell’atto di impugnazione e di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito delle questioni sottoposte al proprio esame (tra varie, Cass., sez. 5, n. 8716 del 2021; Cass. 18830 del 2017; Cass. 12 gennaio 2016, n. 296; 31 luglio 2015, n. 16213), nella specie, a fronte della contestazione da parte dell’Ufficio di una indebita deduzione di costi di consulenza non già in quanto fittizi per non essere stati sostenuti – non essendo tale profilo mai stato oggetto di alcun rilievo (che sarebbe stato, secondo la prospettazione della ricorrente, “rinunciato” da parte dell’Agenzia in sede di giudizio) – ma in quanto privi dei requisiti ex artt. 9 e 109 TUIR, per essere la “non congruità” e la “non inerenza” degli stessi un indice della esistenza di un rapporto dissimulato di erogazione del reddito da parte della contribuente senza una corrispondente controprestazione, al fine di ridurre il carico fiscale di quest’ultima e consentire l’utilizzo di perdite fiscali risalenti da parte delle altre società fatturanti, appartenenti al medesimo gruppo societario, la CTR, senza incorrere in una modifica del petitum e della causa petendi, ma aderendo ai rilievi dell’Amministrazione, ha ritenuto – con un apprezzamento non sindacabile in sede di legittimità – che gli elementi indicati dall’Agenzia quali – oltre alla “incongruenza” e “non inerenza” dei costi di consulenza contabilizzati per l’importo di Euro 5.000.000,00- anche il conferimento dell’incarico da parte della società Parco dei Medici quasi contestualmente alla costituzione della medesima (due giorni dopo), la redazione unitaria e nello stesso giorno delle fatture da parte delle due società Bixio 15 s.r.l. e Egis Immobiliare s.r.l. che avevano ricevuto i compensi, la genericità degli incarichi, la loro brevità pur lautamente retribuita, l’appartenenza delle società al medesimo gruppo, comprovassero l’esistenza di un rapporto dissimulato di erogazione del reddito priva della corrispondente controprestazione (“tutti gli elementi menzionati dall’Agenzia concorrono a fare ritenere che, in cambio dell’esborso che non viene messo in dubbio, sia mancato da parte delle due società il compimento della controprestazione che certamente (doveva) essere provato dalla società Parco dei Medici”) al fine di eliminare profitti della società erogante ed escludere perdite pregresse delle altre due società, con evidenti vantaggi fiscali per tutti i soggetti;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 115 c.p.c. per avere la CTR posto erroneamente a carico della contribuente il mancato assolvimento dell’onere della prova circa una circostanza – quella della effettività delle operazioni fatturate- ammessa esplicitamente dall’Ufficio, con grave alterazione del contraddittorio, avendo la società, dopo tale ammissione, concentrato le proprie difese sulla dimostrazione della congruità ed inerenza dei costi medesimi;

– il motivo si profila inammissibile;

– va premesso che per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., “e’ necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma” ossia che abbia “giudicato o contraddicendo espressamente la regola, dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio”, mentre “detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre”, trattandosi di attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (v. Cass. n. 11892 del 10/06/2016); nella specie, la lettura del motivo non evidenzia che il giudice di merito abbia violato l’art. 115 nel senso su indicato, attribuendo valore di prova legale a prove che non l’avevano o negandolo a prove che lo avevano;

– peraltro, il motivo non coglie la ratio decidendi, avendo la CTR – in ossequio al condivisibile principio secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 13300 del 26/05/2017)- ritenuto che, in difetto di prova contraria da parte della contribuente, la “non congruità” e “non inerenza” dei costi di consulenza in questione assumesse – insieme ad altri elementi – nel contesto ricostruito dai verbalizzanti nel p.v.c., valore indiziario dell’esistenza del rapporto dissimulato di mera erogazione di reddito priva di una corrispondente controprestazione per la contribuente posta in essere al fine di ridurre il carico fiscale di quest’ultima e di consentire ad altri soggetti, ad essa collegati, l’utilizzo di perdite fiscali risalenti;

– in conclusione, il ricorso va rigettato;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese di giudizio di legittimità che liquida in complessive Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

 

 

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