Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21057 del 02/10/2020
Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21057
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11531/2019 R.G. proposto da:
TLZ s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
C.A., rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del
ricorso, dagli avv.ti DE ANGELIS Ernesto e ROTONDO Maria Antonella,
ed elettivamente domiciliata in Roma, al piazzale Clodio, n. 32,
presso lo studio legale dell’avv. BERTONE Pasquale;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in
carica, ed AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del
Direttore pro tempore;
– intimati –
avverso la sentenza n. 8104/08/2018 della Commissione tributaria
regionale della CAMPANIA, depositata il 26/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/09/2020 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.
Fatto
RILEVATO
Che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito d’impresa ai fini IVA, IRES ed IRAP emesso con riferimento all’anno di imposta 2011 a carico della TLZ s.r.l., con la sentenza in epigrafe indicata la CTR rigettava l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo, per quanto ancora qui di interesse, che la stessa non aveva provato, come era suo onere, “essendo le Commissioni Tributarie prive di autonome facoltà di indagine”, la dedotta errata ricostruzione da parte dell’ufficio finanziario del reddito realmente percepito.
2. Avverso tale statuizione la società contribuente ricorre per cassazione sulla base di un unico motivo, cui non replicano gli intimati.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze per difetto di legittimazione processuale e perchè estraneo ai gradi di merito del giudizio (cfr., ex multis, Cass. n. 19111 del 2016, n. 22992 del 2010, n. 9004 del 2007, nonchè Cass. S.U. n. 3118/2006; n. 3116/2006; n. 20781/2016), precisandosi che, in difetto di difese svolte dal Ministero, non occorre disporre sulle spese di lite.
2. Con il motivo di ricorso la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 in combinato disposto dall’art. 2697 c.c. e artt. 24 e 111 Cost., censurando la sentenza impugnata per non avere i giudici di appello esercitato i poteri istruttori di cui al citato art. 7 nonostante l’impossibilità per essa società contribuente di produrre la documentazione fiscale che era stata sottoposta a sequestro da parte della Guardia di finanza.
3. Il motivo è infondato e va rigettato in ragione dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità riguardo alle limitazioni all’esercizio dei poteri istruttori officiosi.
4. Si è infatti affermato che “Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, attribuisce al giudice tributario il potere di disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova non per sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori, ma soltanto in funzione integrativa degli elementi di giudizio, il cui esercizio è consentito ove sussista una situazione obiettiva di incertezza e laddove la parte non possa provvedere per essere i documenti nella disponibilità della controparte o di terzi” (Cass. n. 955 del 2016; conf. Cass. n. 14244 del 2015) e che “Nel processo tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, in quanto norma eccezionale attributiva di ampi poteri istruttori officiosi alle Commissioni Tributarie, tra i quali la facoltà di ordinare il deposito di documenti necessari ai fini della decisione, trova applicazione solo quando l’assolvimento dell’onere della prova a carico del contribuente sia impossibile o sommamente difficile, situazione che è integrata qualora la parte alleghi e dimostri la specifica situazione di fatto che, nel caso concreto, abbia reso impossibile o sommamente difficile l’assolvimento dell’onere della prova, essendo insufficiente la mera affermazione dell’esistenza del presupposto, priva dell’allegazione relativa all’avvenuta sollecitazione del giudice del merito all’esercizio del predetto potere” (Cass. n. 27827 del 2018; in termini, Cass. n. 7078 del 2010, n. 4589 del 2009, n. 10970 del 2007).
5. Alla stregua di tali principi è corretta la sentenza impugnata la quale ha ritenuto che l’appello andava rigettato in assenza di qualsiasi prova fornita dalla parte contribuente, che tale circostanza non smentisce, circa l’impossibilità di fornire la documentazione contabile necessaria a contrastare la pretesa erariale (fatture emesse e ricevute nell’anno d’imposta 2011) giustificando la mancata produzione dei documenti necessari allo scopo, ovvero delle fatture emesse e di quelle ricevute nell’anno d’imposta 2011 “in quanto sottoposte a sequestro da parte del Personale della Guardia di Finanza – Compagnia di Capua” (ricorso, ultima pagina), omettendo però di provare, non solo di aver sollecitato nei precedenti gradi di giudizio l’esercizio dei poteri istruttori da parte dei giudici di merito, ma soprattutto di essersi attivata per chiedere il dissequestro o, almeno, il rilascio di copia di quella documentazione, perchè soltanto l’eventuale diniego avrebbe potuto legittimare il ricorso da parte dei giudici tributari all’esercizio dei poteri istruttori.
6. Conclusivamente, il ricorso va rigettato senza necessità di provvedere sulle spese processuali in mancanza di costituzione degli intimati.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e rigetta quello proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020