Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21056 del 18/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/10/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 18/10/2016), n.21056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22265-2015 proposto da:

A.O., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour

presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato

GRAZIA PULVIRENTI, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE GIARRE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1706/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA

delr8/10/2014, depositata il 09/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. A.O. convenne in giudizio il Comune di Giarre, davanti al Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Giarre, chiedendo che fosse riconosciuto il suo diritto al trasferimento dell’allogio di edilizia residenziale pubblica, asseritamente da lui occupato e mai abbandonato, al prezzo comunicato di Euro 986,43.

Si costituì in giudizio il Comune convenuto, chiedendo il rigetto della domanda sul rilievo che l’attore aveva abbandonato l’alloggio in questione per un periodo maggiore di due anni.

Il Tribunale accolse la domanda principale, rigettando la ulteriore domanda risarcitoria avanzata dall’attore.

2. La sentenza è stata impugnata dal Comune soccombente in via principale e dall’ A. in via incidentale e la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 9 dicembre 2014, ha accolto l’appello principale, ha rigettato la domanda dell’ A. e l’ha condannato alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.

La Corte territoriale ha osservato, fra l’altro, che dalla stessa dichiarazione resa dall’ A. all’ufficio anagrafe era emerso che egli si era trasferito in data (OMISSIS) in un altro appartamento e che la circostanza era comprovata dal verbale di accesso degli agenti della Polizia municipale; egli aveva poi fatto ritorno solo nel (OMISSIS) nell’alloggio popolare del quale aveva chiesto l’acquisto. Sussisteva, quindi, la condizione ostativa di cui al D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catania ricorre A.O. con atto affidato a due motivi.

Il Comune di Giarre non ha svolto attività difensiva in questa sede.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17 nonchè dell’art. 112 c.p.c..

6. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., in ordine al valore probatorio del verbale di accesso della Polizia municipale.

7. I motivi, da trattare congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione, sono tutti, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.

Si osserva, innanzitutto, che essi, oltre a contenere censure in parte ripetitive, sono redatti secondo una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), in quanto fanno richiamo ad atti e deposizioni testimoniali in modo del tutto generico e senza specificare se e come essi siano stati messi a disposizione di questa Corte.

Tanto premesso in ordine ai requisiti di ammissibilità del ricorso, occorre rilevare che le fondamentali argomentazioni con le quali la Corte d’appello ha rigettato il gravame non sono validamente contestate. La sentenza, infatti, ha riconosciuto esistente la fondamentale condizione ostativa consistente nell’abbandono dell’alloggio ed ha dato conto delle circostanze che confermavano tale elemento (art. 17, comma 1, lett. b, cit.). Tale decisione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di edilizia residenziale pubblica, l’abbandono del godimento dell’alloggio per oltre tre mesi, ancorchè abbia causa in ragioni di lavoro, giustifica la revoca dell’assegnazione in locazione, ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17, lett. h), poichè la ratio della norma è quella di rendere disponibili gli alloggi, non più occupati stabilmente, alle categorie sociali meno protette che ne sono del tutto prive, senza che rilevi la ragione dell’abbandono da parte dell’assegnatario (sentenza 3 aprile 2008, n. 8519, in linea con la precedente sentenza 15 aprile 1992, n. 4567).

A fronte di simile motivazione, entrambi i motivi non fanno che ribadire circostanze già vagliate dalla Corte d’appello, insistendo nel negare la circostanza dell’abbandono dell’alloggio e in tal modo sollecitando questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.

8. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente ha depositato una memoria a tale relazione, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni, giacchè le considerazioni contenute nella memoria ribadiscono censure ed argomentazioni già confinate nella relazione stessa, senza modificare i termini della questione giuridica.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

Pur sussistendo le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non va disposta la condanna del ricorrente al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, poichè lo stesso è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato con provvedimento del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Catania in data 22 aprile 2015.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2016

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