Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21056 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7385/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

C.M., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce

al controricorso, dall’avv. PICIOCCHI Pietro, presso il cui studio

legale sito in Genova, alla via Assarotti, n. 48/6, è elettivamente

domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1043/03/2018 della Commissione tributaria

regionale della LIGURIA, depositata in data 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2020 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

RILEVATO:

– che, in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento emesso nell’anno 2014 nei confronti di C.M., svolgente “attività non specializzate di lavori edili-muratori”, sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione della G.d.F. da cui emergevano maggiori redditi d’impresa ai fini IVA, IRPEF ed IRAP, conseguiti dal predetto contribuente negli anni d’imposta 2007 e 2008, che aveva omesso di presentare le dichiarazioni reddituali e che aveva emesso in data 21/07/2007 una fattura non rinvenuta nella contabilità dello stesso, in relazione alla quale gli organi accertatori in data 20/07/2011 inoltravano alla competente Autorità giudiziaria denuncia per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, la CTR ligure con la sentenza in epigrafe indicata rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ed accoglieva quello incidentale proposto dal contribuente, sostenendo, per quanto ancora qui di interesse, che l’amministrazione finanziaria era decaduta dai termini di accertamento non essendo nella specie applicabile il raddoppio previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 in quanto “l’importo della fattura è irrisorio”, con conseguente insussistenza del dolo specifico di evadere le imposte;

– che per la cassazione della sentenza di appello ricorre con unico motivo l’Agenzia delle entrate, cui non replica l’intimato;

– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale la controricorrente ha depositato memoria;

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– è fondato e va accolto, benchè nei limiti di cui appresso si dirà, il motivo di ricorso con cui la difesa erariale, deducendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, lamenta che la CTR aveva erroneamente ritenuto non applicabile alla fattispecie il raddoppio dei termini di accertamento per difetto del dolo specifico richiesto ai fini della configurabilità del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, ipotizzato dagli organi accertatori, stante l’irrisorietà dell’importo della fattura emessa dal contribuente ma non rinvenuta nella contabilità dello stesso;

– invero, il D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 24, convertito con modificazioni dalla L. n. 248 del 2006, integrando il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, ha stabilito che “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.c. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, gli ordinari termini di cui ai commi precedenti (ovvero di notifica, a pena di decadenza, degli avvisi di accertamento) sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”;

– analoga disposizione è stata introdotta dal meedesimo D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 25, in materia di IVA, previa modifica del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57;

– orbene, ai sensi delle citate disposizioni, nei testi applicabili “ratione temporis” (e, quindi, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 128 del 2015 e dalla successiva L. n. 208 del 2015, vertendosi nel caso di specie di avviso di accertamento emesso e notificato nell’anno 2014 – cfr., ex multis, Cass. n. 16728 del 2016, Cass. n. 26037 del 2016 e, più recentemente, Cass. n. 33793 del 2019) il raddoppio dei termini presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, tanto da essere del tutto indifferente l’effettiva presentazione della denuncia (cfr. Corte Cost. n. 247 del 2011, Cass. n. 1171 del 2016 e n. 27629 del 2018) e non rilevando nè la configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, nè l’intervenuta archiviazione della denuncia, “nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, nè la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario” (in termini, Cass. n. 9974 del 2015, n. 16728 del 2016 e più recentemente Cass. n. 22337 del 2018 e n. 5228 del 2019);

– la Corte costituzionale nella sopra citata sentenza (n. 247 del 2011), ha quindi evidenziato che l’unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicchè “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento”;

– orbene, la Commissione territoriale non si è attenuta ai suesposti principi in quanto, pur ammettendo la sussistenza dell’ipotesi di reato di “occultamento o distruzione di documenti contabili”, di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, che comportava l’obbligo di denuncia, al fine di escludere la ricorrenza della condizione per il raddoppio del termine ha erroneamente ritenuto determinante una circostanza del tutto irrilevante a tali fini, ovvero l’irrisorietà dell’importo della fattura, che, a dire della stessa, escludeva il dolo specifico del fine di evadere le imposte, richiesto dalla predetta disposizione; circostanza che nemmeno consentiva di far ritenere che l’amministrazione finanziaria avesse fatto un “uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento”;

– da quanto detto consegue che la statuizione impugnata va cassata con riferimento all’accertamento in materia di IVA ed IRPEF, mentre va confermata con riferimento all’IRAP, posto che, “non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali, è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione ternporis (cfr. Cass. n. 4775 del 2016; n. 20435 del 2017; n. 26311 del 2017; n. 23629 del 2017);

– conclusivamente, il ricorso va accolto limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IVA ed IRPEF e rigettato quanto alla ripresa a fini IRAP; la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla competente CTR per l’esame delle questioni rimaste assorbite, inerenti alle predette imposte (IVA ed IRPEF), nonchè per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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