Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21054 del 11/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/09/2017, (ud. 03/05/2017, dep.11/09/2017),  n. 21054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21587/2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati SERGIO

PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 1, presso lo studio dell’avvocato

MAURO MARCHIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FELICE

RAIMONDI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 454/2012 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 22/06/2012 R.G.N. 260/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Vasto con cui il primo giudice aveva riconosciuto a M.G. il diritto ai benefici di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, con riferimento al periodo 1980/1991, per esposizione all’amianto, nonchè alla riliquidazione della pensione in godimento.

Secondo la Corte l’eccezione di decadenza opposta dall’Inps era infondata. Ha rilevato infatti, che il M. aveva presentato all’Inail la domanda di certificazione di esposizione all’amianto ai sensi della L. n. 326 del 2003, art. 47, entro il 16/5/2003; che il procedimento si era concluso negativamente il 22/12/2006 e che, pertanto, alla data del 2/7/2009, di deposito del ricorso giudiziario, ancora non si erano compiuti i 3 anni per la proposizione dell’azione giudiziaria D.P.R. n. 369 del 1970, ex art. 47, con la conseguenza che l’azione giudiziaria era tempestiva.

Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo ulteriormente illustrato con memoria. Resiste il M. con controricorso. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Istituto denuncia violazione della L. n. 533 del 1973, artt. 7 e 8, dell’art. 443 c.p.c.. Si duole che la Corte d’appello, pur preso atto della mancata presentazione della domanda amministrativa, non aveva rilevato l’improponibilità della domanda giudiziaria. Osserva, altresì, che la Corte aveva preso,come termine di riferimento per il rispetto del termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, la data del rigetto della domanda all’Inail di accertamento dell’esposizione all’amianto, senza valutare che la domanda per ottenere la prestazione doveva essere proposta all’Inps, a nulla rilevando quella presentata all’Inail di accertamento dell’esposizione all’amianto.

Il ricorso va accolto.

Il M. ha omesso di presentare la domanda amministrativa volta ad ottenere la rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto.

Costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte che in tema di prestazioni previdenziali ed assistenziali, la preventiva presentazione della domanda amministrativa all’istituto competente costituisce condizione di proponibilità della domanda giudiziaria, la cui omissione è rilevabile in qualsiasi stato e grado del giudizio (cfr. da ultimo Cass. n 5453/2017).

Esiste, infatti, la norma generale prevista dalla L. n. 533 del 1973, art. 7, cui è sotteso l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie” – Cass. Sez. U., 5 agosto 1994, n. 7269 – che impone alla parte privata di compulsare ante causam l’ente erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo necessario che lasci all’amministrazione uno spatium deliberandi di 120 giorni.

La tesi della generale indispensabilità dell’istanza amministrativa in relazione a tutte le controversie di cui all’art. 442 c.p.c. (nella materia previdenziale e nell’assistenza sociale; nei confronti sia dell’I.N.P.S. sia degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia il datore di lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è, del resto, assolutamente prevalente (cfr. ex multis da ultimo Cass. n 5453/2017).

In conformità al sopra richiamato orientamento giurisprudenziale ed in base ai principi generali va, dunque, ritenuto che la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto proposta da soggetto iscritto (o pensionato) debba essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione.

Ciò premesso va rilevato che è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sul presupposto che l’eccezione di mancata presentazione del ricorso amministrativo non era stata denunciata in appello atteso che l’Inps ha riportato il contenuto del ricorso in appello ove tale denuncia era invece contenuta. Va osservato che, comunque, l’eccezione di improponibilità ben poteva essere sollevata anche in questa sede.

Va, altresì, rilevato che la domanda giudiziale doveva essere presentata all’I.N.P.S., unico ente legittimato a concedere il beneficio previdenziale in parola; nè può fondatamente sostenersi una sostanziale fungibilità rispetto a tale domanda di quella inoltrata all’I.N.A.I.L. attesa la diversità funzionale dell’una rispetta all’altra; mentre la domanda all’I.N.P.S. è, infatti, necessaria per l’erogazione del beneficio previdenziale, quella rivolta all’I.N.A.I.L. mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell’esposizione all’amianto.

Si richiama, a conforto, la costante giurisprudenza della Suprema Corte con la quale, a partire dalla sentenza n. 8859/2001 si è affermato che nella causa introdotta dal lavoratore per ottenere l’accertamento giudiziale del diritto alla rivalutazione, ai fini pensionistici, del periodo lavorativo nel quale è stato esposto all’amianto, avvalendosi.

della disposizione di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, nel testo modificato dal D.L. n. 169 del 1993, art. 1, comma 1 e dalla relativa Legge di Conversione 4 agosto 1993 n. 271, l’I.N.A.I.L. difetta di legittimazione passiva (ad causam), in quanto soggetto del tutto estraneo al rapporto, di natura previdenziale, che dà titolo a una siffatta domanda, posto che la norma da cui trae fondamento il diritto azionato finalizza il beneficio da essa previsto – consistente nell’incremento dell’anzianità contributiva, attraverso il meccanismo della ipervalutazione di periodi lavorativi soggetti all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dalla esposizione all’amianto – ad agevolare il perfezionamento dei requisiti per le prestazioni pensionistiche (l’ammontare delle quali dovrà essere determinato computando, se spettante, la maggiorazione di legge) e a consentire, perciò, una più rapida acquisizione del relativo diritto, non già a facilitare l’accesso alle (diverse) prestazioni oggetto del regime assicurativo che fa carico all’I.N.A.I.L.. La mancanza di domanda all’I.N.P.S. conduce pertanto inevitabilmente ad una pronuncia di improponibilità dell’azione (cfr. Cass. n. 16592/2014).

Per quanto sopra considerato, il ricorso dell’I.N.P.S. va accolto, con cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito con la declaratoria di improponibilità del ricorso azionato dal M..

Infine, il consolidarsi solo in epoca successiva al deposito del ricorso di primo grado della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, dichiara l’improponibilità del ricorso proposto da M.G.. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2017

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