Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21054 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 07/08/2019), n.21054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 15666/2016 r.g. proposto da:

UNIPOLSAI assicurazioni s.p.a., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede

legale in Bologna, Via Stalingrado n. 45, in persona del legale

rappresentante pro tempore Dott. G.G., rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso,

dall’Avvocato Luca Lo Giudice, con cui elettivamente domicilia in

Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 21, presso il suo studio;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE s.p.a., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in Roma,

viale Europa n. 190, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a

margine del controricorso, dagli Avvocati Gaetano Pollio e Paola

Fabbri, elettivamente domiciliata in Roma presso l’Avv. Paola Fabbri

– Viale Europa n. 175;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

BANCA SAI s.p.a., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in Bologna, in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difese, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso,

dagli Avvocati Massimo Pagliari e Davide Schellino, elettivamente

domiciliata in Roma, alla Via P.G. da Palestrina n. 19, presso lo

studio dell’Avvocato Pagliari;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Corte di Appello di Milano, depositata in

data 16.12.2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/04/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Sorrentino Federico, che ha chiesto l’accoglimento di entrambi i

ricorsi;

udito, per la contro ricorrente Poste Italiane s.pa., l’Avv. Fabbri

Paola, che ha chiesto respingersi l’avverso ricorso e accogliersi il

ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano – decidendo sull’appello proposto da POSTE ITALIANE S.P.A. nei confronti di MILANO ASS.NI (ora UNIPOL SAI) e di BANCA SAI S.P.A. in relazione alla sentenza emessa dal Tribunale di Milano n. 13142/2013 (con la quale era stata integralmente accolta la domanda attorea di risarcimento del danno derivante dalla negoziazione di svariati assegni con pagamento degli stessi da parte delle Poste a soggetti non legittimati a riceverli) – ha accolto parzialmente il gravame, riconoscendo il concorso della Unipol Sai e Banca Sai s.p.a. nella causazione del danno, ai sensi dell’art. 1227 c.c., e riducendo, di conseguenza, l’entità del danno risarcibile nella somma pari ad Euro 128.838,35.

La corte del merito ha ritenuto che la dedotta responsabilità delle Poste, quale banca negoziatrice degli assegni, dovesse essere affermata per il solo fatto di aver pagato a soggetti diversi dagli effettivi beneficiari, indipendentemente dalla sussistenza o meno della colpa dell’istituto di credito nell’identificazione dei soggetti che avevano incassato l’assegno. Il giudice di appello ha tuttavia riconosciuto la responsabilità concorrente della banca trattaria e della compagnia di assicurazione, quale mandante dei pagamenti, ai sensi degli artt. 1227 e 1175 c.c. posto che l’invio degli assegni ai beneficiari dei pagamenti della compagnia di assicurazione effettuata dalla banca trattaria con posta ordinaria integrava un comportamento incauto e violativo dei precetti di cui al D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 83 e 84 norme quest’ultime che sanciscono il divieto di includere nella corrispondenza ordinaria denaro, oggetti preziosi e carte valori.

2. La sentenza, pubblicata il 16.12.2015, è stata impugnata da UNIPOL SAI ASSICURAZIONI s.p.a. (già Milano Assicurazioni spa) con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui Poste Italiane s.p.a. ha resistito con controricorso e con ricorso incidentale articolato, a usa volta, in quattro motivi di censura.

La Unipol Banca Sai s.p.a. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la parte ricorrente – Lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1227,1175 e 1177 c.c., in relazione al D.P.R. n. 156 del 1973, artt. 83 e 84 – si duole dell’affermazione della sua corresponsabilità nella causazione del danno lamentato da parte della Poste Italiane s.p.a. Osserva la ricorrente che la sentenza impugnata aveva affermato la sua responsabilità, ai sensi degli artt. 83 e 84 sopra richiamati, perchè aveva disposto la spedizione degli assegni in via ordinaria anzichè in via assicurata. Si evidenzia da parte della difesa che la ricostruzione operata dalla corte di merito era erronea in quanto gli artt. 83 e 84 vietano la sola spedizione di “valori esigibili al portatore”, tra i quali non può certo ascriversi l’assegno di traenza non trasferibile, stante l’apposita clausola che esclude l’esigibilità del portatore qualora non ne sia l’effettivo beneficiario correttamente individuato.

2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in ordine alla regolamentazione delle spese di lite.

3. Va esaminato per ragioni di ordine logico il ricorso incidentale che è incentrato, nel primo motivo, sulla denunziata violazione del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 43, comma 2, (Legge Assegni) e dell’art. 1189 c.c., art. 1992c.c., comma 2, artt. 1218 e 1176 c.c..

3.1 Orbene, l’accoglimento del primo motivo di censura proposto con il ricorso incidentale assorbe l’esame sia delle ulteriori censure sollevate con il ricorso incidentale sia di quelle proposte con il ricorso principale.

3.1.1 Sul punto occorre ricordare che – in ordine alla natura giuridica della responsabilità della banca negoziatrice di un assegno dotato di clausola di non trasferibilità, si è recentemente espressa la giurisprudenza di vertice di questa Corte (cfr. Sez. U, Sentenza n. 12477 del 21/05/2018) che, in seguito ad un annoso dibattito giurisprudenziale dispiegatosi dal 1958, ha fissato il principio secondo cui – ai sensi del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2, (c.d. legge assegni) – la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2.

3.1.2 Nel percorso che ha portato alla decisione delle S.U. ora ricordata non può, tuttavia, essere dimenticato altro fondamentale arresto giurisprudenziale rappresentato sempre dalla sentenza espressa, nel massimo consesso di questa Corte, nel pronunciamento n. 14712 del 2007, che è intervenuto a comporre un precedente contrasto di giurisprudenza sorto circa la natura (contrattuale, extracontrattuale o ex lege) della responsabilità derivante dal pagamento dell’assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore ed alla conseguente durata – decennale o quinquennale – del termine di prescrizione dell’azione di risarcimento proposta dal danneggiato. Con tale pronuncia le sezioni unite – ribadito preliminarmente che l’espressione “colui che paga”, adoperata dall’art. 43, comma 2 L.a., va intesa in senso ampio, sì da riferirsi non solo alla banca trattaria (o all’emittente, nel caso di assegno circolare), ma anche alla banca negoziatrice (che è l’unica concretamente in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno e sull’identità del soggetto che, girandolo per l’incasso, lo immette nel circuito di pagamento) – hanno riconosciuto natura contrattuale alla responsabilità cui si espone il banchiere che abbia negoziato un assegno munito della clausola di non trasferibilità in favore di persona non legittimata. E’ necessario ricordare che la conclusione non trova fondamento nel consueto argomento utilizzato dalla tesi contrattualistica (secondo la quale la banca girataria per l’incasso, oltre ad essere mandataria del girante, sarebbe sostituta della trattaria nell’esplicazione del servizio bancario per quanto attiene all’identificazione del presentatore ed al conseguente pagamento), ma nella c.d. teoria del contatto sociale qualificato, ravvisabile ogni qualvolta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere un determinato comportamento, idoneo a tutelare l’affidamento riposto da altri soggetti sul corretto espletamento da parte sua di preesistenti, specifici doveri di protezione che egli abbia volontariamente assunto.

3.1.3 Ed è proprio sulla scorta di queste considerazioni, che le S.U. del 2018 hanno ribadito il principio secondo cui la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 Legge assegni (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.

Così, una volta ricondotta la responsabilità della banca negoziatrice nell’alveo di quella contrattuale derivante da contatto qualificato, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c. e dal quale derivano i doveri di correttezza e buona fede enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c. – non risulta più sostenibile la tesi (accolta, invece, nella motivazione impugnata) secondo cui detta banca risponde del pagamento dell’assegno non trasferibile effettuato in favore di chi non è legittimato, a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sull’identificazione del prenditore.

Sul punto, la sentenza Sez. U, n. 12477/2018, ha evidenziato, verbatim, che “Una responsabilità oggettiva può infatti concepirsi solo laddove difetti un rapporto in senso lato “contrattuale” fra danneggiante e danneggiato, ed il primo sia chiamato a rispondere del fatto dannoso nei confronti del secondo non per essere con questi entrato in contatto, ma in ragione della particolare posizione rivestita o della relazione che lo lega alla res causativa del danno”.

Ne consegue che, sulla base dei suesposti principi, nell’azione promossa dal danneggiato, la banca negoziatrice che ha pagato l’assegno non trasferibile a persona diversa dall’effettivo prenditore è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza dovuta, che è quella nascente, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2 dalla sua qualità di operatore professionale, tenuto a rispondere del danno anche in ipotesi di colpa lieve.

3.1.4 Ciò posto, risulta evidente come la motivazione impugnata si sia vistosamente discostata dai principi affermati da questa Corte e qui di nuovo ricordati (e riaffermati), avendo invece affermato la corte di merito che la dedotta responsabilità delle Poste, quale banca negoziatrice degli assegni, dovesse essere rintracciata per il solo fatto di aver pagato a soggetti diversi dagli effettivi beneficiari, indipendentemente dalla sussistenza della colpa dell’istituto di credito nell’identificazione dei soggetti che avevano incassato l’assegno.

Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello competente, in diversa composizione, per rinnovare il giudizio alla luce dei principi sopra esposti.

La decisione sulle spese del giudizio di legittimità viene rimessa al giudice del rinvio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso incidentale; dichiara assorbiti i restanti motivi articolati nel ricorso incidentale e quelli del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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