Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21052 del 18/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/10/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 18/10/2016), n.21052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20191/2014 proposto da:

D.A.F., C.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE VILLANI LUBELLI giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di LECCE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA SCROFA 64, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO BALDASSARRE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ELISABETTA CIULLA giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n.,131/2014 del TRIBUNALE di LECCE del 21/1 013,

depositata il 13/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO CORRENTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.A.F. propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria fuori termine, contro il Comune di Lecce, che resiste con controricorso, avverso la sentenza del Tribunale di Lecce che ha rigettato l’appello confermando la decisione del GP che aveva respinto l’opposizione a verbale per parcheggio sul marciapiede.

Il Tribunale, per quanto ancora interessa, ha statuito che la notifica del verbale era regolare risultando che l’adempimento era stato effettuato dal comandante della PM affidando a terzi la mera consegna materiale del plico, la firma autografa era sostituita nel sistema automatizzato dal nominativo del responsabile dell’atto ed era certa la sosta sul marciapiede.

Parte ricorrente denunzia col primo motivo violazione dell’art. 385 C.d.S., e dell’art. 15 della legge Bassanini che prevede la firma in originale di tutti gli atti della PA e degli artt. 2697 e 2712 c.c..

Col secondo motivo lamenta violazione di legge in ordine alla necessità di notifica solo tramite i soggetti indicati.

Col terzo motivo lamenta violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, stante l’assenza di dolo o colpa grave.

Ciò premesso si osserva.

Il Tribunale ha statuito che la notifica del verbale era regolare risultando che l’adempimento era stato effettuato dal comandante della PM affidando a terzi la mera consegna materiale del plico, la firma autografa era sostituita nel sistema automatizzato dal nominativo del responsabile dell’atto ed era certa la sosta sul marciapiede.

Le odierne censure ripropongono le questioni già affrontate e risolte dalla sentenza impugnata.

La prima invoca in modo inconferente la legge c.d. Bassanini, attesa la possibilità dell’indicazione a stampa sul documento prodotto con sistema automatizzato del nominativo del soggetto responsabile, dunque dell’agente accertatore (Cass. 6.3.99 n. 1923 ex multis).

La seconda non impugna la ratio decidendi della notifica effettuata dal comandante della PM e non tiene conto che la nullità non può essere dichiarata se l’atto ha raggiunto lo scopo (Cass. 8.2.2006 n.2817) e che sono validamente affidate a soggetti terzi, anche privati, le attività intermedie di natura materiale relative all’imbustamento ed alla consegna dei plichi al servizio postale (Cass. 10.5. 2012 n. 7177).

La terza censura malamente invoca la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2.

La giurisprudenza di questa Corte ampiamente ha fatto riferimento alle possibili scriminanti in sede di commissione di illeciti amministrativi, riconducibili agli analoghi istituti vigenti in diritto penale circa lo stato di necessità o l’adempimento del dovere, inapplicabili nella specie.

Come questa Corte ha più volte evidenziato, in tema di illecito amministrativo anche l’interpretazione di norme può ingenerare incolpevole errore sul fatto, quando essa verta sui presupposti della violazione, ma esso, che non è mai individuabile quando attinga la sola interpretazione giuridica dei precetti, può rilevare soltanto in presenza di un elementi positivo, estraneo all’autore, che sia idoneo ad ingenerare nello stesso inesperto autore l’incolpevole opinione di liceità del proprio agire; la stessa Corte costituzionale ha precisato con sentenza n. 364/88 come debba tenersi presente che l’ignoranza “vale soprattutto per chi versa in condizioni soggettive d’inferiorità”, come non può ritenersi nella specie trattandosi di società che svolge la propria specifica attività nel settore, mentre non può coprire omissioni di controllo, indifferenze di soggetti, la cui elevata condizione sociale e tecnica rende esigibili particolari comportamenti realizzativi degli obblighi strumentali di conoscere le leggi.

Inoltre l’accertamento in ordine alla sussistenza dell’ignoranza del precetto, la cui violazione comporti l’irrogazione di una sanzione amministrativa, od all’erroneo convincimento che la situazione non ne integri gli estremi, ed alle particolari positive circostanze di fatto idonee a rendere ragionevole tale convincimento, rientra nei poteri dl giudice di merito, la cui valutazione può essere controllata in sede di legittimità solo sotto l’aspetto del vizio logico o giuridico di motivazione (Cass. nn. 20776/2004, 911/96, 1873/95, 3693/94, 8189/92).

In definitiva, il ricorso va interamente rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 1000 di cui 800 per compensi, oltre accessori, dando atto della sussistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2016

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