Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2105 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 30/01/2020), n.2105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31735/2018 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Tacito 23 presso

lo studio dell’avvocato Savini Simon che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Cerulli Berardo;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositato il

11/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2019 dal cons. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Il Tribunale di L’Aquila ha respinto il ricorso proposto da D.L., cittadino del Gambia, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito che avrebbe lasciato il proprio paese per salvare la sorella minore dalle pratiche di infibulazione, infatti, per la predetta ragione avrebbe temuto le possibili ripercussioni della famiglia.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, del D.Lgs. n. 251 del 2007, e del D.Lgs.n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto, erroneamente, il collegio di primo grado non aveva riconosciuto i presupposti della protezione internazionale, sia sub specie di status di “rifugiato”, che sub specie di protezione sussidiaria, in riferimento al rischio di persecuzione personale di tipo etnico religioso; (2) sotto un secondo profilo, in quanto, erroneamente, il tribunale non aveva riconosciuto la ricorrenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, in riferimento alla sussistenza di pregresse esperienze traumatiche. Il primo motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità” (Cass. n. 32064/18, 30105/18), se non per omesso esame o motivazione apparente.

In via preliminare, va confermata la statuizione di mancato riconoscimento dei presupposti dello status di rifugiato, non sussistendo la dedotta violazione di legge, in quanto, dalla vicenda narrata dal richiedente, non è possibile ravvisare il timore di persecuzione di cui alla convenzione di Ginevra del 1951 e dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2.

In riferimento alla protezione sussidiaria, il giudice del merito ha, da una parte, evidenziato come la fuga del ricorrente dovuta al fatto che avesse cercato di evitare che la sorella minore subisse la pratica dell’infibulazione, risulta estranea alla fattispecie normativa, ed in ogni caso, in alcun modo circostanziata e/o comprovata (quindi, il tribunale ha emesso un giudizio di non attendibilità che non è stato in alcun modo censurato in ricorso), mentre, dall’altra, ha accertato approfonditamente, e con motivazione congrua, anche con l’ausilio di fonti informative aggiornate, che la situazione socio-politica in Gambia, è cambiata con l’elezione del nuovo Presidente Barrow, che ha preannunciato riforme democratiche e la liberazione dei detenuti politici, cosicchè non è più attuale il rischio di subire trattamenti inumani o degradanti per coloro che erano gli oppositori del vecchio regime in quanto il nuovo si pone in antitesi con quello precedente.

Il secondo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione, senza che avessero rilievo determinante le dedotte pregresse esperienze traumatiche.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte del ricorrente,e esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

Poichè il ricorrente è stato ammesso al Patrocinio a spese dello Stato, non paga il doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17, si dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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