Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21044 del 18/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/10/2016, (ud. 21/07/2016, dep. 18/10/2016), n.21044

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8293-2012 proposto da:

C.A.A., elettivamente domiciliato in Roma,

Piazza Cavour presso la Cassazione rappresentato e difeso

dall’Avvocato FABIO PACE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore

pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n.13/24/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 04/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI;

udito l’Avvocato De Santis Ernesto per delega dell’Avvocato Pace,

difensore del ricorrente che si riporta agli scritti del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di C.A.A., dottore commercialista, dell’avviso di accertamento portante IRAP per l’anno di imposta (OMISSIS), la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione di primo grado di rigetto del ricorso.

In particolare, il Giudice di appello, riteneva che, nel caso in esame, come indicato nei quadri RE del mod. unico del contribuente, le spese per compensi a terzi, per prestazione di lavoro dipendente, le spese “diverse” rilevanti, dimostrano che il contribuente si è avvalso di una organizzazione che accresce in modo significativo la sua capacità di reddito. Avverso la sentenza il contribuente ha proposto ricorso su tre motivi. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Procedendo alla trattazione dei motivi secondo l’ordine logico giuridico delle questioni rassegnate all’esame di questa Corte va, da primo, vagliato il terzo motivo con il quale si deduce la nullità della sentenza impugnata per ultrapetizione con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, laddove la Commissione Regionale aveva posto a fondamento della sua decisione, anche le spese per compensi a terzi, per prestazioni di lavoro dipendente e le spese diverse che, invece, non erano state menzionate nell’avviso di accertamento impugnato.

1.1 La censura è infondata. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte “la corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, che vincola il giudice ex art. 112 c.p.c. riguarda il “petitum” che va determinato con riferimento a quello che viene domandato sia in via principale che in via subordinata, in relazione al bene della vita che l’attore intende conseguire, ed alle eccezioni che in proposito siano state sollevate dal convenuto. Tuttavia, tale principio, non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma, rispetto a quella prospettata dalle parti, nonchè in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi e, in genere, all’applicazione di una norma giuridica, diversa da quella invocata dalla parte” (cfr. Cass. 6757/2011) ed ancora “il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del “petitzim e della “causa pelendf, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicchè il vizio dì “ultra” o “extra” petizione ricorre quando ìl giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum mediato”), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori” (cfr. cass. n. 18868/2015).

1.2. Nella specie, alla luce dei superiori principi, non si ravvisa la dedotta ultrapetizione Laddove, con il mezzo, il ricorrente non si duole del travalicamento da parte del Giudice di merito del petitum, in realtà, si lamenta dell’utilizzazione da parte del Giudice del merito di elementi probatori non utilizzati dall’accertamento ed introdotti successivamente in giudizio.

2. Egualmente infondata è la prima censura afferente a violazione di legge.

Questa Corte ha affermato che l’IRAP coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da “un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto etc..”, cosicchè è “il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista… ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale” (Cass. n. 15754/2008).

Il successivo contrasto giurisprudenziale formatosi sulla res controversa è stato, di recente, composto dalle Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza n. 9451/16, hanno statuito, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il seguente principio di diritto: il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

2.1. La sentenza impugnata si muove lungo tale solco interpretativo, avendo valorizzato, gli elementi probatori offerti (spese per compensi a terzi, per prestazioni di lavoro dipendente, spese “diverse” rilevanti) al fine di valutare la sussistenza di un’autonoma organizzazione.

3. Ne deriva, anche, la manifesta infondatezza del secondo motivo -prospettante omessa e contraddittoria motivazione – laddove, peraltro, il mezzo è ancor prima inammissibile in quanto teso, in realtà, ad una diversa ricostruzione degli elementi di fatto rispetto a quella compiuta dal Giudice di merito.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato.

5. La novità della soluzione del contrasto giurisprudenziale induce a compensare le spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2016

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