Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21043 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5664-2019 proposto da:

ICA SOCIETA’ UNIPERSONALE IMPOSTE COMUNALI AFFINI SRL, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE TIZIANO 110, presso lo studio dell’avvocato SIMONE

TABLO’, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO CARDOSI;

– ricorrente –

contro

L. SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4905/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 13 novembre 2018 la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla Società Unipersonale I.C.A.- Imposte Comunali Affini s.r.l., società concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità, avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla L. S.p.A. contro l’avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2015, avente ad oggetto imposta comunale sulla pubblicità per l’esposizione di mezzi pubblicitari apposti sulle vetrine di un punto vendita (minimarket) sito nel Comune di (OMISSIS). Rilevava, in particolare, la CTR che “le vetrofanie apposte sulle vetrine del mini market in questione sono carenti di funzione pubblicitaria, trattandosi di anonime riproduzioni di alcuni articoli in vendita che non richiamano in alcun modo la denominazione sociale del contribuente, limitandosi a raffigurare cibo in genere”.

Avverso la suddetta sentenza la Società Unipersonale I.C.A.- Imposte Comunali Affini s.r.l., con atto dell’8 febbraio 2019, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.

La contribuente non ha svolto difese.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico mezzo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 5 e 6, e violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1, lett. a) e b), stante l’insussistenza dei presupposti di esenzione dal pagamento dell’imposta.

Il ricorso è fondato.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte costituisce fatto imponibile qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti – indipendentemente dalla ragione e finalità della sua adozione – obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l’attività ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica (Cass. n. 17852 del 2004, Cass. n. 15449 del 2010).

In fattispecie che appare assimilabile a quella in esame, si è precisato (Cass. n. 1359 del 2019) che, in tema di imposta sulla pubblicità, occorre distinguere i mezzi di comunicazione con il pubblico, soggetti ad imposizione, in quanto obiettivamente idonei a veicolare un messaggio, diretto ad una pluralità indeterminata di possibili acquirenti, che promuova l’immagine ovvero i prodotti e/o servizi di un’azienda da quelli aventi finalità meramente decorativa, per i quali detta imposta non trova invece applicazione. Nel caso di specie, la Corte ha osservato che le “grandi fotografie che coprono l’intera superficie delle vetrine di un supermercato e rappresentano cibi vari (latte, verdure, pane, formaggi, ecc.), materie prime, scene agresti, persone che cucinano, persone che consumano pasti in compagnia della famiglia o di amici” costituiscono immagini che inequivocabilmente promuovono l’attività dell’esercente e sono dirette a richiamare l’attenzione dell’eventuale acquirente, in quanto sono strettamente attinenti all’attività commerciale svolta all’interno del supermercato.

La CTR, nel negare la funzione pubblicitaria delle vetrofanie apposte sulle vetrine del minimarket in quanto anonime riproduzioni di alcuni articoli in vendita che non richiamano la denominazione sociale del contribuente e che raffigurano cibo in genere, non si è conformata ai principi di diritto innanzi richiamati.

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per un nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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