Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21042 del 18/10/2016

Cassazione civile sez. VI, 18/10/2016, (ud. 21/07/2016, dep. 18/10/2016), n.21042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13171-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

I.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TORTONA 4,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO LATELLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANDREA AMATUCCI, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 112/2/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del MOLISE del 28/11/2013, depositata il 29/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di I.G. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Molise n. 112/02/2014, depositata in data 29/4/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza della contribuente (medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal (OMISSIS) è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che difettava, nella specie, la prova dell’esistenza dell’autonoma organizzazione, costituente il presupposto dell’IRAP, emergendo, dalla documentazione agli atti, esclusivamente lo svolgimento dell’attività di medico di base, “con l’impiego di quei mezzi che costituiscono il normale e necessario supporto di tale attività (attrezzatura indispensabile per la professione svolta ed un collaboratore a tempo parziale – 5 ore settimanali – con funzioni di apertura dello studio e risposta alle telefonate)”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rimale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, state la motivazione del tutto apparente e comunque gravemente carente.

2. La censura è infondata.

La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (v. Cass. n. 16736/2007). Ciò non risone nel caso in esame, laddove la C.T.R., sia pure in maniera sintetica, ha ritenuto insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, previo vaglio della fattispecie concreta.

Si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione.

I profili di apoditticità e contraddittorietà della motivazione, censurati col motivo in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 (cfr. Cass. 5315/2015).

3. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con il secondo ed il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e art. 2697 c.c., in quanto la C.T.R. non avrebbe correttamente vagliato i compensi “corrisposti ad un lavoratore dipendente”, con mansioni di “apertura dello studio e riposta alle telefonate”, ritenendoli insufficienti ad integrare il requisito dell’autonoma organizzazione, ed avrebbe addossato all’Amministrazione finanziaria, pur vertendosi in tema di richiesta di rimborso da parte del contribuente, l’onere della prova in ordine al requisito dell’autonoma organizzazione.

4. Le censure, da trattare unitariamente, sono infondate.

Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) ha affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dellocganizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Secondo la Corte “lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit il minimo indispensabile per “esercizio dell’attività in assenza di organizzazione ” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “mediato o generico”, all’attività svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.

Nella specie, l’Agenzia incentra il secondo motivo, oltre che su una generica censura di non esiguità delle spese per l’acquisto di beni strumentali e consumi, proprio sulla mancata corretta valutazione da parte della C.T.R. dell’apporto dato al professionista dal dipendente con mansioni sostanzialmente di segretaria.

La decisione della C.T.R. è invece conforme al principio di diritto da ultimo affermato dalle Sezioni Unite.

Quanto poi all’asserita violazione delle regole del riparto dell’onere probatorio tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, non sussiste la violazione denunciata, avendo la C.T.R. soltanto affermato che l’Amministrazione stessa avrebbe potuto vagliare “agevolmente”, a fronte della richiesta di rimborso, se il lavoratore autonomo realizzasse o meno “gli elementi tipici dell’organizzazione aziendale”, nella specie ritenute insussistenti.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

In considerazione delle questioni di diritto trattate (sulle quali vi è stata recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte), ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2016

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