Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2104 del 24/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2019, (ud. 11/12/2018, dep. 24/01/2019), n.2104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8877-2018 proposto da:

I.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LARA PETRACCI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1520/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 18/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. SAMBITO

MARIA GIOVANNA C..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 18.10.2017, la Corte d’Appello di Ancona ha confermato la decisione con cui il Tribunale di Ancona aveva rigettato le domande di riconoscimento della protezione internazionale proposte da I.M. cittadino nigeriano (Yobe State). La Corte ha ritenuto che le circostanze che, secondo il richiedente, avevano determinato la sua fuga dal paese d’origine, erano contraddittorie e lacunose e, comunque, non inquadrabili in alcuna delle fattispecie di protezione internazionale, reputando trattarsi di migrazione economica. I.M. ha proposto ricorso per due motivi. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10,13 e 27. In particolare, il ricorrente deduce che, in riferimento all’ipotesi di cui alla lett. c) della disposizione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, la Corte non ha svolto alcuna indagine nè ha acquisito le informazioni in relazione alla situazione del Paese di origine, ed in ispecie riferite alla zona di sua provenienza (nord est della Nigeria, dove si svolgono le attività del gruppo terroristico Boko Haram) essendosi limitata a vagliare la credibilità soggettiva di esso richiedente.

2. Col secondo motivo, si deduce la nullità della motivazione, in quanto meramente apparente essendo stati i fatti ritenuti lacunosi e contraddittori senza motivare al riguardo, nonostante la questione fosse stata oggetto di specifica censura.

3. Il secondo motivo, che va esaminato con priorità, è inammissibile. Anche quando venga dedotto un error in procedendo, che comporta il potere-dovere di diretto esame degli atti processuali da parte di questa Corte di legittimità, occorre che il relativo motivo sia ammissibile, anche in riferimento ai requisiti prescritti dall’art. 366 c.p.c. Ed il mezzo non supera tale scrutinio, tenuto conto che la sentenza gravata cita in tema di credibilità soggettiva la valutazione negativa del Tribunale, che espressamente conferma ed il ricorrente non riporta il tenore della relativa censura, nè espone i pertinenti dati fattuali.

4. Il primo motivo è, invece, fondato.

5. Nell’ipotesi in cui venga dedotto il caso della “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’esistenza di siffatto conflitto, in base alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014, C542/13, par. 36), “potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 15, lett. c), della direttiva, a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, citata nel ricorso, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018).

6. Il relativo accertamento va, poi, condotto in base al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese e nella zona di provenienza, e tale accertamento, proprio come lamenta il ricorrente, non consta esser stato svolto, avendo la Corte territoriale escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria in modo del tutto disancorato dal contesto di informazioni di sorta.

7. La sentenza va, in conclusione, cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione che provvederà ai conseguenti adempimenti ed anche a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo motivo inammissibile il secondo, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2019

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