Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21039 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21039

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5029/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, e AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, C.F., (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e

difese dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale sono

domiciliate in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrenti –

contro

S.A., rappresentata e difesa, per procura speciale in

calce al controricorso, dall’avv. Daniela TRAVERSO ed elettivamente

domiciliata in Roma presso la Cancelleria della Corte di cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 394/08/2018 della Commissione Tributaria

Regionale della CAMPANIA, depositata il 17/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Dott. Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza in epigrafe indicata, in sede di riassunzione proposta da S.A., quale erede di P.F., a seguito di sentenza di questa Corte n. 1684 del 2016, annullava, per difetto di motivazione, la cartella di pagamento emessa dall’agente della riscossione sulla scorta di una sentenza precedentemente pronunciata dalla medesima CTR nel giudizio di impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria aveva recuperato a tassazione, ai fini Irpef, nei confronti del P., per l’anno d’imposta 1995, un maggior reddito di partecipazione di costui nella società COSBO s.a.s. e redditi di pensione non dichiarati;

– avverso tale statuizione le ricorrenti propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’intimata con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, sostenendo che aveva errato la CTR nel ritenere la cartella di pagamento priva di motivazione nonostante la stessa facesse espresso riferimento all’avviso di accertamento e alla sentenza della medesima CTR emessa proprio in relazione a quell’atto impositivo, essendo del seguente tenore testuale: “iscrizione a ruolo a seguito di accertamento n. (OMISSIS) notificato in data 03/05/2002. Gli importi sottoindicati sono dovuti a titolo definitivo a seguito di decisione della Commissione Tributaria Regionale”.

Il motivo è fondato e va accolto.

Questa Corte (cfr. Cass., Sez. 6-5, ord. n. 25343 del 11/10/2018, che ha richiamato Cass., Sez. 6-5, ord. 17 giugno 2016, n. 12261), pronunciando in analoga controversia, ha osservato che “per la validità del ruolo e della cartella di pagamento, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 25, non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notificazione dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti (Cass. 11466/2011), con l’ulteriore specificazione (Cass. 6672/2012) che, ai fini del contenuto minimo della cartella di pagamento, del D.M. n. 321 del 1999, artt. 1 e 6, richiedono l’indicazione “sintetica” degli elementi di iscrizione a ruolo, non occorrendo quindi, per la regolarità del documento esattoriale, una indicazione “analitica” di quegli elementi (Cass. 26441/2014)”.

Principio, questo appena enunciato, già affermato da Cass., Sez. 5, sent. n. 1111 del 18/01/2018, secondo cui “In tema di riscossione delle imposte sul reddito, per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25, non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. A tale interpretazione non è di ostacolo la previsione contenuta nel D.M. Finanze n. 321 del 1999, art. 1, comma 2, e art. 6, comma 1, (che nel caso di iscrizione a ruolo o di cartella che conseguano ad un atto precedentemente notificato, richiede l’indicazione degli “estremi di tale atto e la relativa data di notifica”), in quanto essa va letta in combinato disposto con le di poco successive norme primarie contenute, prima in via generale nello Statuto del contribuente (L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3), e poi, con specifico riferimento ai ruoli ed alle cartelle, nel D.Lgs. n. 32 del 2001, (art. 8, comma 1, lett. a), che ha modificato il D.P.R. n. 602 cit., artt. 1 e 12), che si limitano a richiedere che gli atti da ultimo indicati contengano soltanto “il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa””.

Tale orientamento giurisprudenziale si pone, peraltro, in continuità con il principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 11722 del 14/05/2010 (Rv. 613234 – 01) in cui si è affermato che “Il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorchè la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, ma abbia omesso di allegare e specificamente provare quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell’atto abbia determinato al suo diritto di difesa”. Principio più recentemente ribadito da Cass., Sez. 6-5, ord. n. 15580 del 22/06/2017.

Orbene, nella specie i giudici di appello non si sono attenuti ai suddetti principi giurisprudenziali omettendo di rilevare, da un lato, che nella motivazione della cartella si fa espresso riferimento al prodromico avviso di accertamento, di cui è indicato anche il relativo numero, nonchè alla sentenza emessa dalla CTR sull’appello proposto dal P. avverso la sfavorevole sentenza pronunciata dalla Commissione tributaria provinciale su ricorso da quello proposto avverso l’originario atto impositivo, e, dall’altro, che la ricorrente, nella sua qualità di erede del P., ha impugnato nel merito la cartella di pagamento deducendo la “errata (…) determinazione degli importi iscritti a ruolo sia relativamente alle imposte che alle sanzioni ed agli interessi” (così a pag. 7 del controricorso).

La pronuncia impugnata, nella statuizione sopra riportata, ha omesso quindi di considerare che le iscrizioni a ruolo di cui alla cartella impugnata, stante il richiamo all’avviso di accertamento previamente notificato e al relativo giudicato, che l’aveva parzialmente confermato, costituiva semplice atto di riscossione, sicchè la cartella doveva ritenersi sufficientemente motivata a mezzo del rispettivo accertamento come parzialmente annullato dal richiamato giudicato, di cui la contribuente era pienamente a conoscenza.

La sentenza impugnata va per l’effetto annullata in accoglimento del primo motivo di ricorso.

Al riguardo pare opportuno precisare che nel caso in esame neppure è ipotizzabile un annullamento parziale della cartella di pagamento impugnata con riferimento agli interessi applicati per l’omessa indicazione del criterio di calcolo degli stessi e per l’inclusione nell’atto di redditi di pensione non dichiarati, posto che, così come precisato dalla stessa controricorrente (pag. 12 del controricorso), “sul punto della quantificazione del dovuto (…) si è formato (…) il giudicato” non avendo la stessa proposto appello incidentale avverso sentenza di primo grado sul punto a lei sfavorevole.

Peraltro, la questione del quantum dovuto dalla contribuente aveva formato oggetto di specifiche censure proposte con il ricorso per cassazione deciso con la sentenza di rinvio e rigettate perchè inammissibili. La ricorrente, infatti, aveva dedotto col quarto motivo di cassazione la “nullità della cartella per violazione di legge (L. n. 241 del 1990, art. 3; L. n. 212 del 2000, art. 7), in quanto sprovvista dell’indicazione delle aliquote applicate e dell’indicazione degli imponibili fiscali considerati dall’Ufficio”, col quinto motivo la “nullità della cartella per errata interpretazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, (vigente ratione temporis) ed errata determinazione delle somme iscritte a ruolo” e col terzo motivo “la violazione dell’art. 2909 c.c., e dei principi generali in materia di giudicato sostanziale (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per non avere la CTR tenuto conto della sentenza definitiva emessa sull’avviso di accertamento, oggetto di impugnazione della compartecipe S.A. – quale socia della COSBO sas-“. Motivi, questi, che come sopra detto, sono stati dichiarati inammissibili da questa Corte con la sentenza di rinvio n. 1648/2016, con la conseguenza che le questioni inerenti il quantum richiesto con la cartella di pagamento impugnata non possono formare oggetto del giudizio di rinvio.

Da quanto detto discende la dichiarazione di inammissibilità del secondo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale deduce la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente e/o perplessa là dove i giudici di appello avevano ritenuto che nella cartella impugnata mancasse il riferimento alla sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente, nonchè del terzo motivo con cui la difesa erariale deduce la nullità della sentenza per ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, per avere la CTR annullato la cartella di pagamento impugnata anche per omessa applicazione di uno sgravio di somme non dovute conseguente al parziale accoglimento del ricorso da parte dei giudici di primo grado.

Come correttamente rilevato dalla controricorrente, la parte motivazionale della sentenza della CTR censurata con i suddetti motivi, non costituisce autonoma ratio decidendi avendo “funzione chiarificatrice della carenza motivazionale della cartella” (così a pag. 11 del controricorso), per come è chiaramente desumibile dall’affermazione dei giudici d’appello secondo cui la mancata applicazione dello sgravio, conseguente alla statuizione di primo grado, ed il richiamo ai redditi di pensione non dichiarati, “oggetto di successive integrazioni difensive” dell’Ufficio finanziario, “contribuiva a rendere illegibile l’iter motivazionale che andava a definire il quantum di cui all’iscrizione al ruolo, in violazione dello Statuto del Contribuente, art. 7” (sentenza impugnata, pag. 1).

All’accoglimento del primo motivo di ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla competente CTR per l’esame delle eventuali ulteriori questioni non esaminate dai giudici di appello, ovvero delle domande proposte in primo grado e riproposte in secondo grado dalla parte contribuente, che non siano state oggetto di dichiarazione di inammissibilità nella sentenza di rinvio di questa Corte, di cui si è detto sopra, al riguardo ricordandosi che la loro mancata riproposizione nel ricorso in riassunzione non ne preclude l’esame da parte del giudice di merito (cfr. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 4070 del 12/02/2019, Rv. 652593 – 01).

Il giudice di merito provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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