Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21036 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 13/10/2011, (ud. 19/09/2011, dep. 13/10/2011), n.21036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 50,

presso lo studio dell’avvocato COSSU BRUNO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TOFFOLI PAOLO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 44/2007 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 27/03/2007 r.g.n. 159/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2011 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato COSSU BRUNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.A., dipendente del Ministero della giustizia, assunta a seguito di concorso come “dattilografo” della 4^ qualifica funzionale, con contratto stipulato in data 21.5.1999 e con rapporto a tempo parziale per 18 ore settimanali, adiva il Tribunale di Udine rivendicando il suo diritto alla trasformazione del contratto a tempo pieno.

La domanda era rigettata con sentenza, che, appellata dalla lavoratrice, era riformata dalla Corte d’appello di Trieste.

Il giudice di appello escludeva che nella specie sussistesse il diritto alla trasformazione del rapporto in base all’ipotesi dell’art. 22, comma 4, del CCNL, poichè non ricorreva l’ipotesi ivi prevista della avventa trasformazione a tempo parziale di un rapporto di lavoro sorto come rapporto a tempo pieno. Infatti, il rapporto era sorto a tempo parziale – anche se a tal fine era stato seguito il metodo farraginoso della contemporanea sottoscrizione nello stesso giorno, prima dell’inizio del rapporto, di un contratto a tempo pieno e di un altro contratto contenente la precisazione relativa al tempo parziale -, a seguito delle previsioni normative, intervenute dopo l’emanazione del bando di concorso, di imposizione di una quota di rapporti a tempo parziale per le nuove assunzioni.

Riteneva fondata invece la domanda proposta in via subordinata con riferimento alla previsione dell’art. 22, comma 5, del CCNL, circa il diritto al passaggio, a domanda, dal tempo parziale al tempo pieno alla condizione della disponibilità del posto in organico o della frazione di orario corrispondente al completamento del tempo pieno, ai sensi del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 6, comma 1. Nella specie il rapporto di lavoro era sorto il 31.5.1999 e non vi era contrasto circa la disponibilità presso il Giudice di pace di Tarcento, presso cui la ricorrente prestava servizio con orario pari alla metà di quello ordinario, di una frazione di orario del 50%. Doveva quindi essere riconosciuto il diritto della R. alla conversione del rapporto a tempo parziale in lavoro a tempo pieno con decorrenza dal 31.5.2002.

Il Ministero della giustizia ricorre per cassazione con un unico motivo. La lavoratrice resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 57, 58, 58-bis e 58-ter, della L. n. 449 del 1997, art. 39, comma 18, degli artt. 21 e 22 CCNL comparto ministeri 16.2.1999 e 16.5.2001, relativo al periodo 1998-2001 (recte, dell’art. 21 del CCNL 16.2.1999 del comparto ministeri per gli anni 1998-2001 come modificato dall’art. 22, comma 5, del CCNL integrativo del 16.5.2001).

Premesso che la prima norma disciplinante la trasformazione da tempo parziale a tempo pieno del rapporto relativo ai dipendenti assunti a tempo parziale è costituita dall’art. 22, comma 2, lett. c), del CCNL 16.5.2001, che prevede la facoltà di richiedere la trasformazione a tempo pieno trascorsi tre anni dall’assunzione purchè via sia disponibilità del posto in organico o della frazione di orario corrispondente al completamento del tempo pieno ai sensi del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 6, comma 1, si sostiene che in base a tale norma, tenuto anche presente che in essa non ricorre alcun riferimento all'”ufficio”, l’accertamento delle vacanze – vuoi di posti o di frazione di orario – deve essere operato a livello nazionale, con riferimento al relativo organico. Pertanto nella specie alla trasformazione ostava la circostanza che, con riguardo alla figura professionale dell’operatore giudiziario B1, non esistevano posti vacanti nell’organico generale e anzi, a seguito di successivi provvedimenti di riduzione dell’organico relativo a tale qualifica, vi sono numerosi dipendenti in soprannumero (827, stante la presenza in servizio di 4278 dipendenti nella qualifica professionale citata, a fronte di una dotazione organica di 3439 unita ex D.P.C.M. 10 dicembre 2002).

Ritiene la Corte che il ricorso non sia fondato.

E’ opportuno premettere, in relazione all’eccezione di “non autosufficienza” del ricorso, che le disposizioni collettive invocate nel ricorso sono adeguatamente individuate nel loro estremi e che il loro contenuto dispositivo è adeguatamente riportato, cosicchè non sono configuratali ragioni di inammissibilità dell’impugnazione, tenuto anche presente che è denunciata la violazione di contratti collettivi nazionali del pubblico impiego (avendo il contratto “integrativo” del 16.5.2001 lo stesso rango del contratto nazionale che integra e modifica), i quali sono equiparati alle norme di diritto ai fini del ricorso per cassazione dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5.

L’art. 22, comma 2, lett. c, del CCNL “integrativo” 16.5.2001 dispone l’inserimento del seguente comma 5 nell’art. 22 del CCNL 16.2.1999 del comparto ministeri per gli anni 1998-2001: “I dipendenti assunti con rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto di ottenere la trasformazione del rapporto a tempo pieno decorso un triennio dalla data di assunzione purchè vi sia disponibilità del posto di organico o della frazione d’orario corrispondente al completamento del tempo pieno ai sensi del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 6, comma 1.” Il giudice di appello ha ritenuto integrato il presupposto costitutivo del diritto al passaggio a tempo pieno sulla base del rilievo che nella specie presso la sede di lavoro della controricorrente era vacante una posizione lavorativa a tempo parziale per il 50 per cento dell’orario ordinario, costituente quella frazione di orario idonea al completamento dell’orario a norma della richiamata disposizione.

Riguardo all’accertamento di fatto compiuto in proposito dal giudice a quo non è stata proposta alcuna censura.

Si discute se la disponibilità del posto in organico e della utile frazione di orario richiesta dalla norma contrattuale collettiva debba essere riferita alla medesima sede di lavoro oppure all’organico nel suo complesso.

Appare evidente che la norma faccia necessariamente riferimento alla sede di lavoro a cui è addetto il lavoratore a tempo parziale interessato alla espansione del suo orario, per il fatto che non sono in alcuna maniera esaminati e disciplinati i problemi organizzativi e di concreta attuabilità della trasformazione del rapporto che inevitabilmente si presenterebbero nel caso in cui dovessero rilevare vacanze di posizioni lavorative in sedi diverse da quella del lavoratore interessato. In genere si porrebbe il problema circa la continuazione del rapporto presso la stessa sede oppure la diversa sede, oppure le plurime sedi, dove vi sia disponibilità di organico.

La problematica si presenterebbe ancora più complicata e certamente non risolvibile sulla base di una integrazione del contratto ex art. 1374 c.c. nell’ipotesi, caratterizzante la specie, di disponibilità presso una sede diversa (o più sede diverse) di una mera frazione di orario utile al fine di pervenire al completamento dell’orario fino al tempo pieno.

L’obiezione del Ministero ricorrente circa la rilevanza ostativa di una situazione di eccedenza di organico a livello nazionale non trova riscontro nella disciplina contrattuale collettiva, la quale, peraltro, non risulta considerare un simile piano di valutazioni inderogabilmente rilevante, in quanto l’art. 22, comma 4, del CCNL 16.2.1999 consente la trasformazione a tempo pieno del rapporto “anche in soprannumero” dopo un biennio dalla trasformazione, a domanda, a tempo parziale di un rapporto originariamente costituito a tempo pieno, mentre prima della scadenza del biennio, la trasformazione è consentita solo “a condizione che vi sia la disponibilità del posto in organico”.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio sono regolate in base al criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese, determinate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro duemila/00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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