Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21032 del 13/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21032 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 29359-2006 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona
del Presidente pro tempore, domiciliata in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE

Data pubblicazione: 13/09/2013

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –

2013

contro

1258

FALLIMENTO AVIANORD 85 AEROSERVIZI S.R.L., in
persona

del

Curatore

rag.

MAURO

ROLLINO,

1

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO
CESARE 14, presso l’avvocato GROSSI DANTE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
POLLINI FRANCESCO, giusta procura a margine del
controricorso;

avverso la sentenza n.

controricorrente

726/2006 della CORTE

D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 16/07/2013 dal Consigliere
Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con contratto concluso a trattativa privata il 2/6/99 e
relativo disciplinare, la Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile – attribuiva in appalto alla
di spegnimento incendi boschivi nella Regione Basilicata
mediante impiego di 3 aerei “Dromader M I8/B” con relativi
servizi di supporto.
Veniva pattuito un compenso complessivo di £.
2.783.900.000 per l’intera durata del servizio e fino a 500 ore di
volo, prevedendosi un separato compenso orario per le eventuali
ore eccedenti la 500 e garantendosi un corrispettivo minimo di
£. 1.910.700.000 “qualora per cause diverse il servizio non
superasse le 300 ore di volo”.
del 3.8.2000,1a s.r. 1 . Avianord 85
citazione
Con
conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Torino
l’amministrazione statale contraente lamentando di avere
ricevuto unicamente il pagamento del compenso minimo di
£.1.910.700.000, mentre le ore di volo compiute erano
superiori alle 300 e pari a circa 320, con conseguente diritto ad
ottenere il più elevato corrispettivo previsto nel contratto;
chiedeva pertanto condannarsi parte convenuta al pagamento
della differenza ancora dovuta, indicata in £. 1.047.840.000.
Lamentava, inoltre, parte attrice che l’Amministrazione
convenuta, contravvenendo a principi di buona fede,aveva
volutamente omesso di chiederle adeguati interventi di
spegnimento e di prevenzione incendi (sottovalutando in
particolare l’utilità della attività preventiva, volta a neutralizzare

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s.r.1 . Avianord 85 Aeroservizi, a titolo sperimentale, interventi

i focolai al loro primo insorgere, cui il tipo di aeromobili
impiegati era particolarmente adatto); ciò aveva comportato un
artificioso contenimento delle ore di volo commissionate,con
conseguente finale formulazione di un giudizio negativo sul buon
derivata per l’epoca successiva inattività di essa esponente per
mancanza di commesse.
In relazione a quanto sopra, parte attrice chiedeva
condannarsi altresì lo Stato al risarcimento dci danni, da
quantificare in separato giudizio, indicati sia nel pregiudizio per
perdita di immagine, sia in costi sostenuti in previsione di un più
intenso impiego dei velivoli, rimasti privi di contropartite.
Si costituiva in giudizio la Amministrazione convenuta
contestando la spettanza del maggior corrispettivo preteso, posto
che, come da comunicazioni della stessa Avianord a suo tempo
inoltrate, il totale delle ore di volo risultava inferiore alle 300. In
ordine alla pretesa al risarcimento di danni parte convenuta
negava una propria condotta contrattuale di mala fede,
lamentando anzi essere dipeso il ridotto impiego degli aerei
antincendio da carenze tecniche del servizio.
Il tribunale, con sentenza del 13.11.02 , riteneva che il totale
di 500 ore previste nel contratto fosse puramente indicativo e che
non sussistesse un obbligo del Ministero di ordinare tale
quantitativo di voli, salvo l’impegno (ove il totale non avesse
superato le 300 ore) a corrispondere comunque il minimo
garantito, pacificamente versato. Rilevava in ogni caso il giudice
di primo grado che, prescindendosi dai tempi tecnici di
rifornimento (del liquido antincendio), le ore di volo risultavano,
alla stregua della stessa documentazione prodotta dalla
Avionord, complessivamente inferiori alle 300.

esito dell’impiego sperimentale oggetto del contratto, dal che era

In ordine alla lamentata malafede nell’esecuzione del
contratto e alla conseguente pretesa risarcitoria, il Tribunale
osservava che il mancato utilizzo del servizio nell’agosto settembre 1999 risultava giustificato per la presenza di
precipitazioni atmosferiche ed il conseguente non rischio di
causalmente ricollegabile al limitato utilizzo del servizio in
controversia.
Avverso tale decisione la società attrice proponeva
impugnazione mediante atto di appello notificato il 24/12/03
insistendo per l’accoglimento delle domande formulate in primo
grado ed adducendo che ,contrariamente a quanto ritenuto dal
Tribunale, doveva ravvisarsi ‘violazione ai doveri di buona fede
contrattuale da parte della Amministrazione committente. H
servizio offerto era ,infatti, principalmente rivolto ad attività di
pattugliamento aereo ed immediato intervento al primo sorgere
degli incendi e non ad attività di spegnimento di grandi incendi
ormai diffusi.
Lamentava poi che erroneamente era stato ritenuto che le
complessive ore di volo fossero inferiori a 300 essendosi a ciò
espungendo i tempi tecnici necessari al rifornimento e al
rollaggio degli aerei, in fase di decollo e di atterraggio.
Non era condivisibile, infine, l’affermazione del Tribunale
secondo cui il totale di 500 ore enunciato nel contratto aveva una
valore solo indicativo, senza che esistesse un obbligo del
Ministero di richiedere effettivamente il servizio per un
ammontare superiore al minimo garantito di 300 ore.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione appellata
chiedendo il rigetto dell’impugnazione e ribadendo, in conformità
alla pronuncia di primo grado, l’inesistenza di un diritto della

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incendi; in ogni caso escludeva la ravvisabilità di un danno

Avianord a vedersi commissionati voli per almeno 500 ore.
Contestava poi in fatto che la complessiva durata dei voli avesse
superato il limite delle 300 ore. Escludeva altresì che il proprio
comportamento contrattuale fosse stato improntato a mala fede, e
negava comunque l’esistenza di danni patiti dalla Avianord in
Nel corso del giudizio di appello la Avianord 85 Aeroservizi
veniva dichiarata fallita e, dopo una prima prosecuzione del
procedimento da parte della medesima, si costituiva il Curatore
fallimentare.
La Corte d’appello di Torino, con sentenza depositata 1’8.5.06,
in parziale riforma della sentenza di primo grado, in parziale
riforma della appellata sentenza : condannava la Presidenza dei
Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile a
pagare al Fallimento s.r. 1. Avianord 85 Aeroservizi la somma di €
450.970,16, oltre IVA, con interessi legali dal 5/7/2000 al saldo
;respingeva le maggiori domande del fallimento ;rigettava
l’appello in punto condanna generica al risarcimento dei danni;
dichiarava carente di legittimazione processuale attuale la s.r. 1.
Avianord 85 Aeroservizi; provvedeva sulle sperse di giudizio.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione la Presidenza
del Consiglio dei Ministri sulla base di tre motivi cui resiste con
controricorso il fallimento della Avianord 85

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, la Presidenza del Consiglio dei
Ministri lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,
1363, 1366 e 1371 c.c.. nonché dell’art. 97 della Costituzione, in

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dipendenza causale del minore utilizzo del servizio da essa offerto.

ordine all’interpretazione delle clausole contrattuali in materia di
corresponsione del compenso, contenute nell’art. 6 del contratto e
negli artt. 5 e 21 del relativo disciplinare, e propone una diversa
interpretazione di tali articoli contrattuali.
Il motivo è inammissibile.
l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata
costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile
in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di
ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la
stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non
consentire il controllo del procedimento logico, seguito per giungere
alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni
ermeneutici, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle
regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione
dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle
considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato,
nonchè, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del
ricorso, con la trascrizione del testo integrale della
regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in
contestazione, ancorchè la sentenza abbia fatto ad essa riferimento,
riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta
una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il
ricorrente pretenda di attribuire. La denuncia del vizio di
motivazione dev’essere ,invece, effettuata mediante la precisa
indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità
consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un
significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei
punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da

Questa Suprema Corte ha costantemente affermato che

un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che
questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal
giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per
sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data
dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in
interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto
l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità
del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra. (Cass 4178/07- Cass
19044/10).
Nel caso di specie , premesso che il motivo in questione è proposto
solo sotto il profilo della violazione di legge, la Presidenza del
Consiglio non si è attenuta agli indicati criteri.
Le clausole contrattuali che riguardano i compensi poste a base
della decisione sono contenute negli articoli 6 del contratto e 5 e 21
del relativo disciplinare.
Di tale clausole l’Amministrazione ricorrente si limita a riportare
l’art 21 del capitolato omettendo ogni riferimento testuale agli altri
articoli.
Già siffatta circostanza sarebbe sufficiente a far dichiarare
inammissibile il motivo.
Inoltre, lo stesso, a dispetto della rubrica ove viene indicata la
violazione degli art 1362,1363,1366 e 1371 c.c, non si sofferma in
alcun modo ad argomentare perché mai la sentenza impugnata
avrebbe violato i predetti canoni interpretativi.
Sul punto questa Corte ha già affermato che, il ricorrente per
cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali
di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme
asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto,
6

astratto, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più

altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il
giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come
violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni
illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del
merito in sede di legittimità.( Cass 17168/12).
prospettare una diversa interpretazione delle clausole contrattuali
in tal modo investendo in ammissibilmente il merito della
decisione.
Aggiungasi, come ulteriore causa di inammissibilità che, a seguito
della riforma ad opera del d.lgs. n. 40 del 2006, la nuova previsione
dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ., oltre a richiedere
la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento
del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il
documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale
puntuale indicazione, quando riguardi un documento prodotto in
giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi
di merito, e, in ragione dell’art. 369, secondo comma, n. 4 cod.
proc. civ., anche che esso sia prodotto in sede di legittimità, con la
conseguenza che, in caso di omissione di tale adempimento, il
ricorso deve essere dichiarato (Cass 20535/09; Cass sez un
7161/10).
Nel caso di specie, le censure dell’Amministrazione ricorrente si
fondano ,come detto, sul contratto e sui relativi disciplinari ma
nulla viene detto dove i detti documenti siano rinvenibili tra gli atti
della fase di merito né gli stessi risultano prodotti in sede di
ricorso per cassazione ai sensi dell’art 369,comma 2 n. 4 cpc.
Con il secondo motivo di cassazione, la Presidenza del Consiglio
dei Ministri denuncia violazione, sotto altro profilo, degli artt.

In realtà, con il detto motivo l’Amministrazione ricorrente tende a

1362. 1363. 1366 e 1371 c.c., nonché degli artt. 1175 e 1375 c.c.,
stante il disposto dell’art. 15 del disciplinare tecnico-operativo, il
quale prescriveva alla società, oltre di annotare sui registri l’attività
svolta, di comunicare su apposite schede l’attività svolta con la
specificazione anche delle ore di volo effettuate.
evidente che le parti abbiano inteso affidare la ricognizione scritta
delle ore di volo effettuato solo (o soprattutto) alle schede, da
consegnarsi giornalmente al Dipartimento “.
Il motivo in questione è inammissibile per le stesse argomentazioni
esposte in ordine al primo motivo.
L’Amministrazione ricorrente si è infatti, limitata a riportare un
estratto dell’art 15 del disciplinare tecnico operativo e non il testo
integrale.
Inoltre il motivo anche in questo caso , a dispetto della rubrica ove
viene indicata la violazione degli art 1362,1363,1366 e 1371 c.c.,
non si sofferma in alcun modo ad argomentare perché mai la
sentenza impugnata avrebbe violato i predetti canoni interpretativi
limitandosi in sostanza a proporre una diversa interpretazione delle
clausole contrattuali in tal modo investendo ancora una volta
inammissibilmente il merito della decisione.
Sussiste inoltre anche in questo caso la causa di inammissibilità di
cui agli art 366 n. 6 e 392comma 2 n. 4 cpc.
Con il terzo motivo la Presidenza del Consiglio dei Ministri
lamenta violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli
artt. 1175 e 1375 c.c., nonché violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
e 775 cod. nav..
A dire della ricorrente, la Corte torinese non avrebbe operato alcuna
valutazione di elementi probatori discordanti, ma avrebbe dato

8

A dire del ricorrente, dal contenuto del predetto art. 15 “appare

valore probatorio assoluto solo ad uno di essi, il quaderno tecnico
di bordo mentre, a suo dire, “per combattere i registri, sarebbe
stato molto più logico, oltre che giuridicamente corretto, affermare
come la prova contraria ad essi fosse stata data proprio dalla
stessa Avianord con le schede che sono state, al contrario,
direttamente collegabili al momento di effettiva effettuazione del
volo e consegnate giornalmente al committente, non si sarebbero
potute prestare a correzioni successive, come pure sarebbe
possibile ipotizzare per i registri “. Inoltre, sottolinea la ricorrente,
l’invio delle schede era espressamente previsto contrattualmente.
Anche tale motivo risulta inammissibile.
La Corte d’appello ha ritenuto di basare l’accertamento delle ore di
volo effettuate sulla base dei quaderni tecnici di bordo acquisiti in
atti e la cui utilizzazione probatoria è consentita dall’art 775
cod.nav,tenendo anche conto dei criteri stabiliti dall’Ente nazionale
per l’aviazione civile secondo i quali il tempo di volo si intende
quello impiegato da scalo a scalo comprendente quindi le
operazioni antecedenti al decollo e quelle conseguenti
all’atterraggio.
Trattasi di un criterio del tutto coerente conforme alle disposizioni
normative ed ai criteri stabiliti dall’Ente preposto all’aviazione
civile.
La tesi della ricorrente Amministrazione secondo cui in realtà il
computo delle ore si sarebbe dovuto effettuare sulle schede
riepilogative trasmesse quotidianamente alla P.A. si basa su una
diversa valutazione interpretativa delle risultanze processuali che
tende ,come tale, ad investire il merito della decisione.
Il ricorso va in conclusione respinto.

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disattese, in ragione del fatto che siffatte schede, per essere

L’Amministrazione ricorrente va di conseguenza condannata al
pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
di giudizio liquidate in euro 15.000,00 oltre euro 200,00 per

esborsi ed oltre accessori di legge.

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