Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21029 del 16/10/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21029 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA
sul ricorso 7524-2013 proposto da:
MESSANA FILIPPO, MONTALBANO ROSA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA BOEZIO 92, presso lo studio
dell’avvocato ARTURO PAPPAGALLO, rappresentati e difesi
dall’avvocato SALVATORE DAIDONE, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrenti contro
SAGONA CIRO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
LUCULLO 3, presso lo studio dell’avvocato NICOLA ADRAGNA,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNA
FIORELLA COLBERTALDO, giusta mandato in calce al
controricorso;

SAN

Data pubblicazione: 16/10/2015

- con troricorrente avverso la sentenza n. 1839/2012 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata il 17/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/07/2015 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI;

SALVATORE DAIDONE, che si riporta.

CONSIDERATO IN FATTO
Nel giudizio di primo grado, svolto dinanzi al Tribunale di Trapani – sezione
distaccata di Alcamo – conseguente alla proposizione, da parte di Filippo
Messana e Rosa Montalbano nei confronti di Ciro Sagona, di domanda di
ripetizione di indebito in virtù della sopravvenuta nullità del preliminare di
vendita stipulato tra le parti, nella resistenza del convenuto, l’autorità
giudiziaria adita, con sentenza n. 156 del 2008, rigettava la domanda attorea
sul presupposto dell’esistenza di una valida causa di pagamento in forza
dell’intervenuto preliminare redatto in forma scritta, incompatibile con una
sua presunta nullità.
Avverso la menzionata sentenza proponevano appello i soccombenti dinanzi
alla Corte d’appello di Palermo che, con sentenza n. 1839/2012, ritenuta
l’infondatezza del gravame per essere intervenuto il giudicato sulla medesima

udito l’Avvocato VALERIA PECORONE, per delega dell’Avvocato

questione, rigettava la domanda confermando la decisione di primo grado.
Con ricorso notificato il 12 marzo 2013, Messana e Montalbano hanno
impugnato per cassazione la richiamata sentenza della Corte di appello di
Palermo prospettando due motivi.
Con il primo motivo hanno dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art.
112 c.p.c. e degli art. 2033 e 2041 c.c..

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I

Con il secondo motivo hanno censurato l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la controversia.
L’intimato ha resistito con controricorso in sede di legittimità.
Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la

RITENUTO IN DIRITTO
Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla
relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta: “Occorre preliminarmente
rilevare, quanto alla questione circa la validità della procura ad litem e la conseguente
ammissibilità del ricorso, dedotta dalla parte controricorrente, per essere uno dei ricorrenti
deceduto ( V. certzficato di morte allegato al controricorso) diversi mesi prima della data di
rilascio della procura Jpeciale, che non può che essere rimessa al dibattito camerale giacché la
medesima procura risulta rilasciata validamente anche dall’altro ricorrente, rispetto al quale
il ricorso non è suscettibile di incorrere in eventuali cause di invalidità.
Venendo all’esame del ricorso, con il primo motivo la parte lamenta la violazione dell’art.
112 cp.c., oltre che degli art. 2033 e 2041 c.c. per avere la Corte territoriale escluso la
fondatezza della domanda di ripetizione di indebito e di arricchimento sine causa in
violazione delle suddette norme. Viene dedotta la sopravvenuta nullità del preliminare di
vendita intercorso tra le parti e la conseguente assenza di alcuna causa giustficatrice del
pagamento effettuato nei confronti dell’intimato per intervenuta distruzione della scrittura
privata, stipulata tra le parti, con il conseguente venir meno di uno dei requisiti di validità
della stessa, quale la forma scritta, richiesta ab substantiam dall’ordinamento. Tale
circostanza, prosegue il ricorrente, legittimerebbe l’azione di npetizione di indebito ed in
subordine l’azione di ingiustificato arricchimento.
La censura non merita accoglimento.
Preliminarmente occorre ritenere la inammissibilità del profilo inerente la violazione dell’art.
112 c.p.c. per inosservanza del principio di specificità e autostfficienza del ricorso; invero
non è dato rinvenire, nell’argomentazione del ricorrente, quale passaggio della sentenza abbia
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relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso.

integrato la suddetta violazione, mancando ogni indicazione in tal senso. Del resto è pacifico,
nella giurisprudenza di questa Corte, che il motivo di ricorso deve essere corredato da tutti i
fatti e le circostanze idonee ad evidenziare le critiche formulate, anche laddove venga
denunciato un “error in procedendo”, in modo da consentire una prima verifica
sull’ammissibilità delle censure senza dover compiere generali verifiche sugli alti (Cass. 10

Per ciò che attiene agli ulteriori profili di censura, è opportuno rilevare come il giudice di
merito non potesse pronunciarsi rispetto alla domanda di ripetizione di indebito avendo
accertato l’esistenza, per espressa allegazione del ricorrente, di precedente pronuncia della
Corte di appello di Palermo rispetto ad altro giudizio intercorso tra le stesse parti ed avente
ad oggetto lo stesso rapporto, che ha statuito l’impossibilità di accogliere la domanda ex art.
2033 c. c. per insussistenza dei prestoposti, stante la esistenza del preliminare di vendita
posta a base del concordato trade- nMento. Detta sentenza ha infatti riconosciuto l’esistenza
tra le patii di contratto preliminare quale valida causa di adempimento della prestazione,
accertamento che per il principio del “ne bis in idem” impedisce un riesame della questione.
Difatti, questa Corte ha più volte affermato, in tema di giudicato, che qualora Ira le stesse
parli siano stati instaurati diversi giudizi aventi ad oggetto il medesimo rapporto giuridico ed
uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento in essa
compiuto in ordine alla soluzione di questioni di diritto e di fatto relative ad un punto
fondamentale della controversia, comune ad ambo le parti, costituendo la premessa logica
indispensabile del dispositivo contenuto nella sentenza avente autorità di cosa giudicata,
preclude ogni ulteriore esame relativo al medesimo punto accertato e risolto (Cass. 5 marzo
2013 n. 5478).
L’ulteriore profilo di censura sollevato dal ricorrente riguarda la violazione dell’art. 2041
c. c. per non avere la Corte di merito verificato la sussistenza dei presupposti legittimanti
l’azione generale di arricchimento, dichiarata inammissibile la relativa questione ex art.
342 cp.c., per violazione del requisito di .specificità dei motivi
Anche detta doglianza appare

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novembre 2011 n. 23420; Cass. 4 marzo 2005 n. 4741).

Avendo il giudizio di appello natura di “revisio prioris instantiae”, la cognizione de/giudice,
non configurandosi un “iudicium novutn”, resta circoscritta alle questioni dedotte
dall’appellante attraverso l’enunciazione di specifici motivi, non essendo sufficiente che la
sentenza di primo grado sia impugnata nella sua interezza, risultando necessaria, invece,
l’impugnazione specifica dei singoli capi censurati della decisione, accompagnata

Ne consegue che, in conformità alla natura di gravame ad detto devolutivo dell’appello, le
domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, non espressamente
riproposte in appello, si intendono rinunciate con conseguente formazione del giudicato
interno su di esse (Cass. 1 luglio 2003 n. 10330).
Inoltre la giuripidenza di questa Corte ha più volte ajfermato il princzpio per Cui Patto di
appello per essere ritualmente proposto, in ossequio al principio della specificità dei motivi di
impugnazione, deve contenere non solo la deduzione di censure, ma detta manifestazione
volitiva deve trovare un sioporto argomentativo idoneo a contrastare e confutare le ragioni
addotte dal primo giudice, incrinandone il fondamento logico — giuridico (Cass. 27 ottobre
2014 n. 22781). In altri termini l’atto di appello, pur non necessitando di formule
sacramentali, non parò tuttavia fondarsi sul mero rinvio alle argomentazioni svolte nel
precedente grado di giudizio, lasciando così insoddisfatto il requisito di .specificità che preclude
l’esame delle stesse.
Orbene, nella .95ecie, il giudice del gravame ha fatto corretta applicazione dei principi sopra
enunciati statuendo la genericità della doglianza per essere stata fatta menzione della
fattispecie ex art. 2041 c. c. solo nelle conclusioni dell’atto introduttivo dell’impugnazione e
con rinvio alla domanda proposta in primo grado, senza alcuna altra confutazione,
argomentazione che peraltro non risulta specificamente criticata dal ricorrente.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia il vizio di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia quale la formazione
del giudicato in relazione alla posizione di estraneità ai fatti dell’odierno intimato come
attestata dal giudice di prime cure nel precedente giudizio intercorso Ira le parti.
H motivo è totalmente inammissibile.
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dall’esposizione delle ragioni su cui tale censura si fonda (Cass. 25 luglio 2005 n. 15558).

La sentenza impugnata è stata depositata il 17 dicembre 2012 e quindi, nella fattispecie,
trova applicazione il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ., come modificato dal
D.L.. n. 83 / 2012 convertito in L 13412012, il quale introduce nell’ordinamento un
vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, mentre scompare ogni
rifirimento letterale alla motivazione della sentenza impugnata e, accanto al vizio di

l’anomalia motivazionale denurzciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in
violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della
motivazione in sé e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata (Cass. 22
settembre 2014 n. 19881). La doglianza dedotta dal ricorrente non soltanto risulta
formulata in difformità ai principi sopra esposti, ma anche le argomentazioni addotte non
evidenziano l’assoluta carenza di motivazione nei termini di cui sopra, avendo la Corte di
merito dato contezza del proprio convincimento riconoscendo l’esistenza del giudicato in
ordine al medesimo rapporto, conclusione però con condivisa dal ricorrente.”.
Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra, e alla quale
non sono state rivolte critiche di sorta, sono condivisi dal Collegio, ragione
per la quale il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002 la Corte dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di
Cassazione in favore di parte resistente che liquida in complessivi €. 4.200,00,

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omissione, non sono più menzionati i vizi di insufficienza e contraddittorietà per cui

di cui €. 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie ed agli accessori come
per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte deli, ricorrente
dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per

Così deciso in. Roma, nella camera di consiglio della VI — 2^ Sezione

il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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