Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21029 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/10/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 12/10/2011), n.21029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12268-2010 proposto da:

S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE CASTRENSE 7, presso lo studio dell’avvocato

TAGLIALATELA GIOVANNI, che la rappresenta e difende, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INTERPORTO SUD EUROPA SPA (OMISSIS) (di seguito ISE) in persona

degli amministratori delegati, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CARLO MIRABELLO 2 6, presso lo studio dell’avvocato IANNUCCILLI

PASQUALE, che la rappresenta e difende, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI MADDALONI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2900/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

23.9.09, depositata il 12/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito per la ricorrente l’Avvocato Monica Taglialatela (per delega

avv. Giovanni Taglialatela) che si riporta agli scritti, insistendo

per l’accoglimento del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

I. E’ stata depositata in cancelleria il 17 gennaio 2011 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

1. S.G. ha chiesto alla Corte di appello di Napoli la determinazione dell’indennità dovutale dalla s.p.a. Interporto sud-europa per l’occupazione temporanea con Decreto 3 agosto 2000, di un terreno di sua proprietà ubicato nel comune di Maddaloni (in catasto al fg. 36, part. 236,238 e 239). La richiesta è stata respinta perchè tra le parti si era perfezionato con atto del 7 febbraio 2002 un contratto di cessione volontaria dell’immobile nel quale era stata concordata anche la misura dell’indennità suddetta:perciò a nulla rilevando il successivo decreto di espropriazione adottato dal Comune il 10 agosto 2005 che aveva natura meramente riproduttiva.

2. La S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a 4 motivi, con i primi due dei quali deducendo violazione degli art. 1350, 2643 e 2645 cod. civ., delle norme sulla cessione volontaria stabilite dalla L. n. 2359 del 1865, L. n. 865 del 1971 e D.P.R. n. 327 del 2001, nonchè dell’art. 112 cod. proc. civ., ha contestato che nella specie sia intercorso tra le parti un contratto di cessione volontaria:peraltro non prospettato da nessuna di esse e non ravvisabile nell’accettazione dell’indennità offerta da parte di essa espropriatale nella successiva nuova accettazione della società espropriante, posto che non era seguita la stipulazione del successivo negozio traslativo.

3. Il ricorso,ammissibile perchè autosufficiente ed avente per oggetto le violazioni delle disposizioni di legge indicate per il riconoscimento della chiesta indennità,può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 c.p.c., ed essere respinto con riguardo ai motivi in esame,pur con correzione della motivazione ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., se sono condivise le considerazioni che seguono.

E’ ben vero che nè l’atto 11 luglio 2001 con cui la ricorrente ha dichiarato all’Interporto di accettare l’indennità di occupazione offertale nella misura di L. 123.634.800, nè il successivo atto del 7 febbraio 2002,impropriamente denominato “accettazione” con cui l’espropriante ha ribadito la validità e l’operatività della somma in precedenza offerta e già accettata dalla controparte,sono idonei a costituire il contratto di cessione volontaria individuato dalla L. n. 865 del 1971, art. 12, comma 1 e nella specie erroneamente ritenuto sussistente dalla sentenza impugnata. Ciò in quanto secondo la giurisprudenza di legittimità resa anche a sezioni unite (Cass. sez. un. 26739/2007) “in assenza di formale stipulazione del contratto, non è ravvisabile una cessione volontaria del bene (Cass. 15.1.2007, n. 621), e ad integrare la stipulazione del suddetto negozio non può bastare l’accettazione di una proposta di vendita o di acquisto del bene fatta dall’uno o dall’altro contraente, essendo indispensabile la presenza di un documento scritto stipulato, dal rappresentante legale dell’amministrazione e dall’espropriato, e contenente l’enunciazione degli elementi essenziali del contratto stesso, nonchè l’accordo su di essi dei contraenti (Cass. 20.9.2001, n. 11864).

Laddove detto documento nel caso non è stato mai redatto ed il negozio definitivo di vendita non è stato stipulato tant’è che la soc. Interporto ha successivamente chiesto ed ottenuto il decreto 10 agosto 2005 di espropriazione dell’immobile (pag. 5 sent.).

4.Sennonchè la fattispecie di cui al primo comma dell’art.12 della menzionata L. n. 865 del 1971 non è la sola a precludere la determinazione giudiziale dell’indennità di espropriazione e/o di occupazione temporanea di cui ai successivi artt. 19 e 20 della Legge, poichè alla medesima disciplina (comma 3 e segg.) è equiparata dall’art. 12, comma 2 l’ipotesi di mera accettazione dell’indennità da parte dell’espropriando. Ed in ordine ad essa la giurisprudenza della Suprema Corte è assolutamente consolidata sui seguenti principi: 1) L’accordo sull’indennità di espropriazione, per effetto di accettazione da parte dell’espropriando dell’ammontare offerto dall’espropriante, non ha alcun effetto traslativo della proprietà del bene, ma si inserisce nel procedimento ablativo – avendo pertanto natura negoziale pubblica – nel senso che le pattuizioni in esso contenute si connotano come atti integrativi del procedimento stesso, ma sono tuttavia condizionate alla sua conclusione, cioè alla stipulazione di una cessione volontaria o all’emanazione del decreto di esproprio, i quali realizzano il trasferimento della proprietà dall’espropriato all’espropriante. 2) Ne consegue che, qualora tali condizioni manchino la procedura espropriativa non si perfeziona e si ha la caducazione degli accordi e degli atti compiuti nella sua pendenza. E l’intervenuto accordo sulla determinazione dell’indennizzo non toglie all’accettante la possibilità di far valere eventuali illegittimità della procedura espropriativa e/o di richiedere la determinazione giudiziale dell’indennità di occupazione (Cass. 6867/2009; 6009/2003;

11864/2001); 3) Per converso,consolidatosi l’accordo amichevole in forza del contratto di cessione o dell’adozione del decreto di espropriazione, una volta che l’indennità provvisoria sia stata accettata o concordata attraverso il negozio suddetto, la misura dell’indennità diviene definitiva e non più contestabile (Cass. 13415/2008; 19671/2006; 10789/2003; 6303/2003); e resta così precluso il ricorso al rimedio della sua determinazione giudiziale attraverso la proposizione dell’opposizione alla stima di cui agli artt. 19 e 20 della Legge (salva la possibilità di intentare un ordinario giudizio di cognizione dinanzi al giudice di primo grado diretto a contestare la validità dell’accordo circa la misura dell’indennità per farne accertare l’eventuale nullità, annullabilità o rescindibibilità).

5. Nel caso, 1’accettazione dell’indennizzo con il menzionato atto dell’11 luglio 2001 della S., che ha conseguito quale effetto premiale per la stessa la triplicazione dell’importo dovuto e la determinazione nella complessiva misura di L. 123.634.800, ha comportato, come necessari corollari, per un verso che la sua attribuzione nella misura concordata è rimasta subordinata alla regolare conclusione della procedura ablativa attraverso la cessione volontaria o l’emanazione del decreto di esproprio. E per altro verso,che verificatasi quest’ultima ipotesi in conseguenza dell’adozione del decreto di esproprio in data 10 agosto 2005, consolidatosi l’accordo sull’entità dell’indennità di occupazione,quest’ultima è divenuta definitiva e non più contestabile dalla ricorrente, cui è rimasta preclusa la facoltà di chiederne la determinazione giudiziale della L. n. 865 del 1971, ex art. 20.

6. Restano, pertanto assorbiti il terzo motivo relativo alla individuazione del soggetto obbligato a corrisponderlo, ed il quarto inerente ai criteri per la sua determinazione giudiziale.

2^. Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3^. – Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione,il controricorso e le memorie, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione che vi è stata proposta.

4^. – Il ricorso va pertanto respinto e la sentenza impugnata confermata, pur modificandone interamente la motivazione ex art. 384 cod. proc. civ., nei termini indicati dalla relazione.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte,respinge il ricorso,e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore della s.p.a.

Interporto in Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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