Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21029 del 06/08/2019

Cassazione civile sez. VI, 06/08/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 06/08/2019), n.21029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 34230-2018 proposto da:

S.A.W., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARTA CRISTINA ROMANO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3857/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA

PAOLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Milano ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso proposto dal cittadino maliano S.A.W. contro il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria o umanitaria, ritenendo che il narrato non integrasse alcun tipo di atto persecutorio personale (trattandosi di mere minacce dei familiari delle vittime di un incidente stradale in cui egli era stato coinvolto in modo accidentale), che nella regione meridionale di provenienza del richiedente (Sikasso) la situazione fosse oramai più stabile (tanto che lì vivevano ancora i genitori e i numerosi fratelli del ragazzo) e che la sua giovane età (20 anni all’ingresso in Italia) fosse garanzia di una maggiore flessibilità e capacità di ri-adeguamento socio-ambientale nel Paese di origine, tanto più che egli non aveva dimostrato di essersi concretamente integrato nel tessuto socioeconomico del paese ospitante.

2. Avverso detta decisione il ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato non ha svolto difese.

3. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 1 Conv. Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,7,8 e 14nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, con riguardo al riconoscimento dello status di rifugiato, per avere la Corte d’Appello completamente omesso di considerare – peraltro nonostante lo specifico motivo d’appello riguardante la mancata audizione del richiedente da parte del tribunale nonostante l’esplicita richiesta – che era stato prospettato uno specifico rischio di persecuzione etnica, dal momento che il ricorrente è di etnia dogon e le persone che lo avevano minacciato (così come i loto familiari rimasti uccisi nell’incidente) erano di etnia peul.

5. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 7,8,14 e 17 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere il giudice a qua utilizzato delle “C.O.I.” non aggiornate (risalenti al marzo 2016), omettendo di considerare quelle redatte dalla Commissione nazionale nel gennaio 2018, attestanti che la situazione nel Mali, ed in particolare nella regione di provenienza del ricorrente (Sikasso, al confine con il Burkina Faso), è peggiorata.

6. Il terzo motivo prospetta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,comma 6, e art. 19 con riguardo alla mancata considerazione del rischio di rimpatrio e all’omesso bilanciamento con il livello di integrazione raggiunto in Italia.

7. All’esito della camera di Consiglio il Collegio ritiene che non sussistano le condizioni per una decisione camerale ex art. 380-bis c.p.c., stante la necessità di risolvere la questione, veicolata dal secondo motivo, circa i limiti di sindacabilità dell’attività di cooperazione istruttoria del giudice sotto il profilo dell’aggiornamento delle cd. C.O.I.

8. La causa va quindi rimessa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, art. 1-bis.

P.Q.M.

Rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2019

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