Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21028 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2021, (ud. 13/05/2021, dep. 22/07/2021), n.21028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9628/2015 R.G. proposto da:

V.S., elettivamente domiciliata in Roma, via Tirso n. 26,

presso lo studio dell’Avv. Pietro Boria, dal quale è rappresentata

e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di

nuovo difensore;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 6153/37/14 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il 16 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 maggio

2021 dal Consigliere Raffaele Rossi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con avviso di accertamento notificato nel dicembre 2009, l’Agenzia delle Entrate procedeva, con metodo sintetico ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, alla rettifica del reddito complessivo di V.S. per l’anno d’imposta 2004.

2. L’impugnativa del contribuente, accolta in prime cure sul rilievo della nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, veniva disattesa, a seguito di appello interposto dall’Agenzia delle Entrate, con la sentenza in epigrafe indicata.

3. Ricorre per cassazione V.S., affidandosi a tre motivi;

resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Entrate.

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa e di costituzione di nuovo difensore.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Assume il ricorrente la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento siccome eseguita con consegna dell’atto a mani del portiere dello stabile ma senza indicazione, nella relata di notifica, dell’inutile tentativo di ricerca, in assenza del destinatario, degli altri soggetti abilitati alla ricezione dell’atto contemplati dall’art. 139 c.p.c. nell’ordine tassativamente ivi indicato.

5. Con il secondo mezzo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si asserisce l’inesistenza di uno scostamento del reddito dichiarato da quello accertabile mediante i coefficienti attribuiti ai singoli beni come indici di capacità contributiva per “due o più periodi d’imposta”, presupposto per l’impiego del c.d. redditometro per la determinazione sintetica del reddito imponibile.

6. Con il terzo mezzo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 163 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si sostiene, in sintesi, l’inosservanza del divieto di doppia imposizione per avere l’Amministrazione finanziaria considerato, tra i beni indice di capacità contributiva, l’acquisto di un immobile sia per il valore indicato nell’atto preliminare sia per il diverso importo indicato (ma ai soli fini dell’imposta di registro) nell’atto di compravendita.

7. In corso di causa, la ricorrente ha depositato (segnatamente, in data 25 marzo 2021) copia della sentenza della C.T.R. del Lazio n. 112/2016 resa in data 15 gennaio 2016, la quale, in accoglimento dell’impugnazione ex art. 395 c.p.c. spiegata da V.S. per ragioni pianamente sovrapponibili al sopra sintetizzato terzo motivo di ricorso, ha pronunciato la revocazione della sentenza qui impugnata e rettificato il controverso avviso di accertamento.

8. Discende da ciò l’inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione, per essere venuta meno la sentenza che ne costituiva l’oggetto.

Al riguardo, va fatta applicazione del principio di diritto, più volte ed in maniera uniforme affermato dal giudice della nomofilachia, secondo cui “La revoca della sentenza d’appello impugnata con ricorso per cassazione determina la cessazione della materia del contendere, che dà luogo all’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione, perché è in relazione a quest’ultimo – e alla domanda originariamente formulata – che l’interesse va valutato, a nulla rilevando che la sentenza di revocazione possa essere a sua volta impugnata per cassazione, giacché la suddetta revocazione costituisce una mera possibilità mentre la carenza di interesse del ricorrente a coltivare il ricorso è attuale, per essere venuta meno la pronuncia che ne costituiva l’oggetto” (ex plurimis, Cass. 02/04/2021, n. 9201; Cass., Sez. U., 28/04/2017, n. 10553; Cass. 13/02/2015, n. 2934; Cass. 25/09/2013, n. 21951; Cass., Sez. U., 29/11/2006, n. 25278; Cass. 26/01/1999, n. 673).

9. In senso contrario, non può essere invocata – come opina l’impugnante nel richiedere l’esame del proprio ricorso – la pronuncia di questa Corte del 12 maggio 2020, n. 8773, secondo cui, qualora la domanda di revocazione concerna una parte autonoma della sentenza d’appello, il relativo accoglimento determina, in aderenza alle regole dell’impugnazione parziale e dell’effetto espansivo interno, la rescissione di quella parte soltanto, nonché delle parti che dipendano dalla parte rescissa, mentre conservano la loro efficacia le parti autonome ed indipendenti; sicché, nel giudizio di cassazione pendente su queste ultime, la pronuncia di revocazione non fa cessare la materia del contendere.

Senza necessità di valutare la configurabilità dell’istituto della c.d. revocazione parziale (discussa anche nella giurisprudenza di legittimità: in senso negativo, cfr. Cass. 19/02/2019, n. 4862), è dirimente osservare come il principio affermato dalla citata Cass. n. 8773 del 2020 non si attagli alla vicenda in discorso.

Nel caso de quo, infatti, la statuizione resa in sede di revocazione dalla C.T.R. del Lazio, dopo aver riscontrato l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c. (fase rescindente), ha posto nel nulla il pregresso dictum della medesima A.G., dettando, in sede rescissoria, una nuova disciplina del rapporto controverso, con la rettifica (così in parte motiva) dell’avviso di accertamento, la cui legittimità era stata invece acclarata con la sentenza posta al vaglio di questa Corte.

E tanto il giudice di prossimità ha deciso in ossequio sia alla natura di “impugnazione-merito” (cioè a dire di giudizio sul rapporto sostanziale tra amministrazione finanziaria e contribuente, diretto ad una decisione sostitutiva dell’accertamento) connotante il contenzioso tributario (Cass. 09/02/2021, n. 3080; Cass. 10/09/2020, n. 18777; Cass. 06/04/2020, n. 7695) sia al peculiare precetto del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 67, comma 1, che, nel regolare la revocazione in ambito tributario, delinea il binomio “rescindente-rescissorio” in termini di immediata conseguenzialità logico-temporale (Cass. 18/09/2020, n. 19450) e devolve alla commissione tributaria che accolga l’istanza di revocazione il potere-dovere di decidere il merito della causa e dettare ogni altro provvedimento conseguente.

10. In conclusione, non può essere oggetto di scrutinio ad opera della Corte la giuridica correttezza di una pronuncia lite pendente sostituita, quale regolamentazione dell’assetto degli interessi tra le parti, da altra decisione di merito.

11. In ragione dell’esito del giudizio (e della sopravvenienza della pronuncia di revocazione rispetto alla proposizione del ricorso), le spese del giudizio di cassazione vanno integralmente compensate.

12. In quanto giustificata dalla sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso, la dichiarazione d’inammissibilità non comporta infine l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, riferibile esclusivamente alle sole ipotesi di rigetto, inammissibilità originaria o improcedibilità del gravame di legittimità e pertanto non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante, Cass. 29/01/2021, n. 2070; Cass., Sez. U., 14/12/2020, n. 28383; Cass. 11/09/2018, n. 22098; Cass. 03/02/2017, n. 3542).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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