Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21028 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/10/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 12/10/2011), n.21028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12253-2010 proposto da:

A.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TERENZIO 7, presso lo STUDIO TITOMANLIO, rappresentata e

difesa dagli avvocati DE BONIS CRISTALLI RAFFAELE, ABBAMONTE ORAZIO,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI POTENZA (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati PATERA CONCETTA, PIGNATARI

BRIGIDA (dell’Ufficio Legale dell’Ente), giusta mandato a margine del

controricorso;

– controrlcorrente –

avverso la sentenza n. 348/2009 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del

21.7.09, depositata il 10/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata in cancelleria il 17 gennaio 2011 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

1. A.C. ha convenuto davanti al Tribunale di Potenza il comune di Potenza e ne ha chiesto la condanna al risarcimento del danno per l’occupazione illegittima ed irreversibile di un terreno di sua proprietà onde realizzare una strada, che aveva intercluso le superfici residue. Il Tribunale ha accolto la domanda prendendo atto che gli atti dell’espropriazione erano stati annullati dal TAR Basilicata con sentenza 306/1985 e che dunque l’occupazione e la trasformazione degli immobili era avvenuta in mancanza di qualsiasi titolo (cd. usurpativa). Ma la decisione è stata riformata dalla Corte di appello di Potenza che con sentenza del 10 novembre 2009 ha ritenuto: a) che la proprietaria aveva prospettato un’espropriazione illegittima dei propri terreni nonchè l’interclusione di quelli residui senza alcun accenno alla mancanza di dichiarazione di p.u.:

perciò dichiarata di ufficio dai primi giudici in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; b) che il risarcimento del danno per l’occupazione acquisitiva del fondo e l’interclusione dei relitti era comunque prescritto.

2.L’ A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a 4 motivi.

3. Può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 c.p.c., per esservi accolto il primo avente carattere pregiudiziale, con il quale la ricorrente,deducendo violazione degli art. 99 e 112 cod. proc. civ. addebita alla sentenza impugnata di essere a sua volta incorsa in ultrapetizione per avere annullato la sentenza dei primi giudici proprio per questo vizio (mutamento della causa petendi rispetto a quella prospettata dalla proprietaria) che il comune non aveva denunciato.

4. La stessa Corte di appello,infatti, ha riferito che l’ente aveva fondato 1′ impugnazione del capo che qui interessa sul preteso vizio di extrapetizione della sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di risarcimento del danno per l’asserita occupazione cd.

usurpativa (perciò mancante anche della dichiarazione di p.u.) senza avvedersi, da un lato,che l’ A. non aveva chiesto la disapplicazione di alcun atto della procedura espropriativa; e dall’altro che la successiva Delib. comunale 18 febbraio 1988 aveva riapprovato il progetto dell’opera,perciò integrando la precedente dichiarazione di p.u. caducata dal giudice amministrativo. E rendendo legittimo il procedimento con esclusione del carattere usurpativo dell’occupazione. Ha tuttavia ritenuto che entrambi i profili fossero infondati: il primo perchè a seguito del suddetto annullamento giurisdizionale non vi erano più provvedimenti amministrativi da disapplicare e perchè l’ A. aveva chiesto soltanto il risarcimento del danno sofferto per l’illecita occupazione di fatto del fondo. Il secondo per l’evidente nullità della delibera del 1988 (e degli atti successivi) perchè sopravvenuta alla realizzazione dell’opera pubblica;che dunque rendeva inconfigurabile la sussistenza di un’espropriazione illegittima ed. acquisitiva, confermando la radicale illiceità dell’occupazione del fondo non assistita da alcun atto di natura ablativa, come accertata dal Tribunale.

5. In tal modo interpretato e respinto il motivo di impugnazione del comune, non vi era più spazio per rivedere la corrispondenza o meno tra la domanda risarcitoria accolta dalla decisione di primo grado e quella originariamente formulata dalla proprietaria in relazione alla natura espropriativa o semplicemente fattuale ed abusiva dell’occupazione dedotta a sostegno della richiesta risarcitoria, perchè il comune non le aveva addebitato sotto tale profilo, alcun vizio di extrapetizione; e perchè i restanti motivi di impugnazione erano rivolti a contestare presunti errori di altri capi della decisione relativi alla mancata applicazione della prescrizione del credito nonchè ai criteri utilizzati per la quantificazione del danno arrecato all’ A.. E d’altra parte la stessa Corte di appello ha escluso qualsiasi connessione tra il motivo di impugnazione esaminato e respinto di cui si è detto e la mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato addebitata ai primi giudici: rilevata di ufficio (pag. 4) esclusivamente per il fatto che dalla narrativa dell’atto di appello risultava che l’ A. avesse chiesto la condanna della controparte al risarcimento del danno per l’irreversibile trasformazione del suo fondo occupato e per l’interclusione dei terreni residui.

6. La sentenza impugnata è conclusivamente incorsa nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “Il vizio di extrapetizione in cui sia incorso il giudice determina una nullità relativa della decisione non rilevabile d’ufficio, e perciò per poter essere corretto dal giudice del gravame deve formare oggetto di specifico motivo di impugnazione, altrimenti questo giudice incorre anch’esso nell’errore di uLtrapetizione” (Cass. sez. un. 14083/2004 nonchè 15629/2005;

11559/2000). Ed è pertanto “affetta da vizio di ultrapetizione la sentenza con la quale il giudice di appello – in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ..

– abbia esteso il suo esame a parti della decisione di primo grado non censurate dall’appellante; e comunque a questioni che non possano ritenersi tacitamente proposte, non essendo in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate e non costituendone neppure l’antecedente logico-giuridico” (Cass. 24028/2004;

13014/2004; 3002/2001; sez. un. 666/1992).

7. Restano assorbiti i restanti motivi del ricorso subordinati tutti alla condizione che la Suprema Corte non ravvisi il vizio di ultrapetizione denunciato con il primo.

2^. Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3^. – Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione, il controricorso e le difese ulteriori, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione che vi è stata proposta.

4^. – Il Collegio deve pertanto accogliere i primi due motivi del ricorso e dichiarare assorbiti gli altri con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla stessa Corte di appello di Potenza che si atterrà ai principi esposti e provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Potenza in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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