Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21024 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. II, 12/10/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 12/10/2011), n.21024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1806-2006 proposto da:

B.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio de l’avvocato PRASTARO

ERMANNO, che lo rappresenta e di fende;

– ricorrente –

contro

COMUNE LA SPEZIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio

dell’avvocato BARBANTINI MARIA TERESA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNINI GIORGIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 116/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 09/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato PRASTARO Ermanno, difensore della ricorrente che ha

chiesto accoglimento;

udito l’Avvocato BARBANTINI Maria Teresa, difensore del resistente

che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per ñ1 rigetto con condanna

alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 21/10/1998 B.M. conveniva in giudizio il Comune di La Spezia per sentire dichiarare l’avvenuta usucapione di un terreno che il Comune aveva acquistato con un altro del 24/5/1986 da altri soggetti i quali ne risultavano legittimi proprietari; la ricorrente assumeva di avere posseduto il terreno in modo pacifico ed ininterrotto per oltre 20 anni, provvedendo alla sua manutenzione, seminandolo, piantandovi fiori e olivi e utilizzandolo per allevamento di animali.

Il Comune si costituiva contestando la domanda. Il Tribunale di La Spezia con sentenza del 21/2/2002 rigettava la domanda rilevando che dalla documentazione prodotta risultava che il terreno era in stato di abbandono e incolto e che le dichiarazioni dei testi, relative alla coltivazione del fondo da parte dell’attrice e, prima di lei, da parte di suo padre, erano inattendibili. B.M. proponeva appello deducendo:

che il giudice di primo grado aveva posto a fondamento della decisione documenti che non potevano essere esaminati in quanto tardivamente prodotti, che le prove erano state erroneamente valutate in quanto era stata data prevalenza alla predetta documentazione, proveniente dallo stesso Comune convenuto, rispetto alle dichiarazioni testimoniali. L’appellante aggiungeva che era stato erroneamente applicato l’art. 2697 c.c. in quanto le prove fornite da essa attrice dovevano ritenersi sufficienti per dimostrare il possesso ultraventennale.

L’appellato si costituiva e chiedeva il rigetto dell’appello.

Con sentenza del 9/2/2005 la Corte di Appello di Genova rigettava l’appello rilevando che il Comune appellato aveva provveduto, in sede di costituzione in appello, alla rituale produzione di tutti i documenti già prodotti in primo grado e che tale produzione, nel grado di appello, era tempestiva; rilevava, inoltre:

– che la documentazione prodotta dal Comune, costituita da relazioni di tecnici comunali, non poteva considerarsi atto di parte in quanto la relazione 14/12/1998 (redatta quando il Comune era già parte nel giudizio ricalcava quella del 15/4/1997, di oltre un anno precedente all’inizio del giudizio;

– che lo stato di abbandono risultava oltre che dalle relazioni sopra richiamate, anche dall’esposto in data 17/5/1996 di alcuni cittadini i quali lamentavano lo stato di abbandono dell’area e facevano richiamo ad una richiesta risalente al 1992 per la pulizia dell’area;

ulteriore elemento di prova in contrasto con l’assunto attoreo era rappresentato, secondo la Corte territoriale, da una lettera del 9/2/1988 di Bu.Al. (marito dell’attrice), nella quale egli dichiarava di trovarsi costretto a tagliare le sterpaglie che crescevano sul terreno;

– che tutte le suddette prove documentali dimostravano l’inattendibilità delle testimonianze che dichiaravano che il terreno era coltivato, mentre sicuramente doveva ritenersi incolto quanto meno a partire dal 1988;

– che lo stato di abbandono del terreno perdurava anche successivamente, tanto che nel 1998 il Comune fu costretto a sostenere il costo di un intervento di pulizia (per L. 17.257.200);

– che neppure poteva ritenersi provata, alla luce della testimonianza di N.G. (che riferisce di un possesso della B. nel ventennio al 1963 al 1983, non contrastato da contraria documentazione), una usucapione verificatasi nel periodo precedente;

– che, infatti, altri elementi probatori, secondo la Corte di Appello, deponevano per una utilizzazione del terreno per l’allevamento di animali da cortile da parte di altro soggetto (il Bu., coniuge dell’attrice e titolare della servitù di passaggio) e, di conseguenza non poteva affermarsi che fosse proprio La B. ad utilizzare il terreno piuttosto che il di lei coniuge, proprietario del terreno confinante. B.M. ricorre per Cassazione sulla base di tre motivi; resiste con controricorso il Comune. La B. ha depositato memoria con la quale, tra l’altro, eccepisce la nullità della procura rilasciata dal Sindaco del Comune di La Spezia in quanto il Sindaco si sarebbe costituito in giudizio, senza la deliberazione della Giunta Comunale, prescritta dall’art. 46, comma 4 dello Statuto del Comune.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L’eccezione preliminare relativa alla pretesa mancanza di legittimazione del Sindaco perchè la Giunta Comunale non avrebbe deliberato di resistere al ricorso per Cassazione è infondata in quanto la Giunta Comunale con Delib. 17 febbraio 2006, depositata dal difensore in data 30/3/2006, aveva ritualmente deliberato di resistere al ricorso proposto dalla B.; si osserva, inoltre, che la deduzione di vizio della procura per carenza di potere di rappresentanza del Sindaco è infondata perchè è li Sindaco il soggetto in via generale competente (salvo espressa previsione statutaria che affidi la rappresentanza ai dirigenti nell’ambito dei rispettivi settori di competenza) a conferire al difensore del comune la procura alla lite, secondo il vigente testo unico sugli enti locali (v. Cass. S.U. 12868/2005). Va, poi, ricordato il generale principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte dal quale non si ha motivo per discostarsi, che l’autorizzazione a stare in giudizio, necessaria perchè un ente pubblico possa agire e resistere in causa, emessa dall’organo collegiale competente, di cui l’organo rappresentante l’ente pubblico deve essere munito, attiene all’efficacia e non alla validità della costituzione stessa, sicchè essa può intervenire ed essere prodotta in causa fino a che il giudice non abbia già rilevato il difetto di legittimazione processuale e l’invalidità della costituzione del rappresentante dell’ente pubblico, (v., ex multis, Cass. nn. 6166/1998, 12414/1999, 15948/2000, 17584/2003, 14813/2004, 5353/2007).

2. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 184 e 115 c.p.c. in relazione agli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c. e il vizio di motivazione perchè il Giudice di Appello avrebbe deciso sulla base di documentazione che non era stata ritualmente prodotta in primo grado e si sarebbe limitato ad osservare che il primo giudice aveva ritenuto tempestiva la produzione.

3. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse perchè non attinge la ratio decidendi della sentenza di secondo grado relativamente all’utilizzabalità della documentazione prodotta;

infatti il giudice di appello non si è limitato ad affermare che il giudice di primo grado aveva ritenuto tempestiva la produzione, ma ha altresì rilevato che il Comune appellato aveva provveduto alla rituale produzione di tutti i documenti già prodotti in primo grado e che la produzione era tempestiva per l’appello (pag. 4 della sentenza impugnata); tale statuizione non ha formato oggetto di impugnazione e pertanto, ancorchè fosse irrituale o tardiva la produzione in primo grado,resta comunque priva di censura la decisione per la quale i documenti erano stati tempestivamente e ritualmente prodotti in grado di appello. La motivazione della sentenza appellata non attiene al divieto di nuove produzioni documentali in appello (tali non potendosi considerare i documenti già prodotti in primo grado), sul quale già si e pronunciata questa Corte (v.Cass. S.U. 20/4/2005 n. 8203), e non nega l’irritualità della produzione in primo grado, ma è coerente con il principio più volte affermato da questa Corte per il quale il documento irritualmente prodotto in primo grado può essere nuovamente prodotto in secondo grado nel rispetto delle modalità di produzione previsto dall’art. 87 disp. att. cod. proc. civ.; v. Cass. 19/6/2009 n. 14338).

3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e vizio di motivazione perchè la Corte di Appello non ha ritenuto assolto l’onere probatorio di dimostrare il possesso ventennale dando prevalenza, sotto il profilo dell’idoneità probatoria, a documenti rispetto a testimonianze che sarebbero state svalutate con 1’apodittico (a dire della ricorrente) argomento per il quale i testi avrebbero potuto essere fuorviati da una non chiara percezione dei comportamenti della B. e del Bu..

4. La censura è inammissibile in quanto prospetta una diversa valutazione di risultanze probatorie adeguatamente valutate dai giudici del merito i quali, a fronte di testi che dichiaravano che il terreno era coltivato e di evidenze documentali che escludevano tale circostanza, hanno ritenuto inattendibili le testimonianze; per la testimonianza del teste N.G. (relativa al ventennio dal 1963 al 1983) la Corte di Appello rileva motivatamente e non apoditticamente che il teste può non avere percepito quale fosse il soggetto che provvedeva, sul fondo all’allevamento di animali, posto che da documentazione in atti risultava essere il Bu. e non la B.; pertanto la motivazione sussiste e non è carente.

5. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 e s.s. e vizio di motivazione; si assume che i testi P. e R. avevano riferito di attività di coltivazione da parte della B. rispettivamente dal 1980 e dal 1976; il teste R. avrebbe riferito di un possesso dal 1963 al 1983; avendo la Corte territoriale accertato un non uso del terreno dal 1988, il giudice di appello avrebbe violato gli artt. 1158 e ss.

c.c. per i quali, maturata l’usucapione per effetto di un possesso ininterrotto per venti anni, la circostanza che il terreno sia stato lasciato incolto dopo il maturarsi dell’usucapione non avrebbe alcun rilievo.

6. Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo: è privo di autosufficienza in quanto richiama, a proprio fondamento, la deposizione di due testi senza riportarne 1 contenuti e perchè la censura non coglie la ratio decidendi della decisione per la quale, per il periodo precedente al 1988 il possesso da parte della B. non era provato, non costituendo prova adeguata le incerte e inattendibili testimonianze.

7. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna della ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna B.M. a pagare al Comune di La Spezia le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori. di legge.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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