Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21021 del 06/08/2019

Cassazione civile sez. II, 06/08/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 06/08/2019), n.21021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19439-2015 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO

TORLONIA 9, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO BARBERINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE BRUNO;

– ricorrente –

contro

D.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MERULANA 76, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ORECCHIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE MAUCERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 234/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/04/2019 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.F. propone ricorso per cassazione contro D.P., che resiste con controricorso eccependo l’inammissibilità del ricorso, avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 10.2.2015, che, in parziale riforma di quella del Tribunale di Siracusa, lo ha condannato a pagare a controparte Euro 27.764 oltre accessori.

In primo grado il Tribunale aveva rigettato la domanda di D. volta alla condanna del convenuto S. alla restituzione di Euro 28.350 versati al genero in quanto adempimento di un dovere morale di solidarietà e di aiuto alla famiglia della figlia mentre la Corte di appello, premesso che non era contestata la dazione della somma portata da tre assegni, ha ritenuto provato il mutuo senza interessi sulla scorta di testimonianze di parenti ed affini, dei quali non si poteva solo per questo dubitare dell’attendibilità come aveva fatto il Tribunale e l’appellante aveva ammesso la restituzione solo di Euro 586 a titolo di iniziale rimborso del mutuo.

Il ricorso si articola in tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denunzia: 1) violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c. per la errata valutazione delle testimonianze; 2) omesso esame di fatto decisivo perchè la Corte ha preso in considerazione l’assegno di Euro 586 emesso da S. in favore di D. nonostante tale titolo non fosse mai stato acquisito agli atti; 3) violazione dell’art. 96 c.p.c..

Il controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso e nel merito l’infondatezza e, quanto al terzo motivo, rileva che non vi è una condanna per lite temeraria.

Ciò premesso si osserva:

Le generiche censure, pur astrattamente ammissibili, non meritano accoglimento.

In ordine alle prime due, che sostanzialmente denunziano vizi di motivazione, va premesso che, a seguito della riformulazione della norma di cui all’art. 360 c.c., n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è denunciabile in cassazione solo l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257, Rv. 632914).

Il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 pertanto, presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico.

Sotto altro profilo, come precisato dalle Sezioni Unite, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione (S.U. n. 8053/2014).

Può essere pertanto denunciata in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Nel caso di specie non si ravvisano nè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nè un’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.

La Corte d’appello, infatti, ha deciso la controversia sulla base delle risultanze di causa.

In particolare il primo motivo è meramente assertivo ed il secondo difetta di interesse in quanto la sentenza si è limitata ad affermare che il D. in seno all’atto di appello, aveva riconosciuto il pagamento con assegno di Euro 586, riducendo la somma ancora dovuta ad Euro 27.764.

La terza censura è infondata in quanto la sentenza non ha liquidato spese per lite temeraria ed il riferimento all’art. 96 c.p.c. nel dispositivo è un refuso che attiene alla errata indicazione della norma sulla distrazione delle spese al procuratore.

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4500 di cui 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nel 15% ed accessori, dando atto dell’inesistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato stante l’ammissione al gratuito patrocinio.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2019

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