Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2102 del 30/01/2020
Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 30/01/2020), n.2102
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31506/2018 proposto da:
H.A., elettivamente domiciliato in Roma L.go Somalia 53
(tel. (OMISSIS)) presso lo studio dell’avvocato Pinto Guglielmo che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Tarchini Maria
Cristina;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno (OMISSIS), Procuratore Generale Repubblica;
– intimato –
avverso la sentenza n. 437/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 20/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/09/2019 da DI STEFANO PIERLUIGI.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
H.A., cittadino pakistano, ricorre con tre motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia dei 20 marzo 2018 che rigettava l’appello contro l’ordinanza del Tribunale di Brescia che confermava il provvedimento di diniego delle richieste di protezione internazionale ed umanitaria.
A fondamento della sua richiesta, aveva narrato che il 4 dicembre 2013 venne ucciso a colpi di pistola davanti ai suoi occhi il titolare del ristorante dove lavorava. Lui conosceva gli assassini, noti nemici del titolare. Il giorno successivo il fratello della vittima gli chiese di testimoniare, offrendogli una grossa somma di danaro e minacciandolo qualora si fosse rifiutato. Lui accettò l’offerta ma quello stesso giorno ricevette una telefonata minatoria da uno sconosciuto che disse di essere uno degli assassini e gli offrì una somma di danaro per non testimoniare minacciandolo in caso contrario. Non denunciò il fatto alla polizia ritenendola inaffidabile, fuggendo quindi dal paese di origine.
La Corte di Appello ha confermato la valutazione di inverosimiglianza dell’episodio narrato, descritto solo in occasione dell’impugnazione e non con la richiesta iniziale. In ogni caso, si tratta di reati comuni e non risulta accertato un disinteresse della polizia del luogo al perseguimento dei reati. Le condizioni del paese di origine, pur sussistendo condizioni di instabilità, non integrano livelli di insicurezza tali da far scattare le condizioni per la protezione umanitaria nè ricorrono condizioni individuali di vulnerabilità del ricorrente, che mantiene regolari rapporti con la famiglia di origine.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
Con il primo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto gli elementi di fatto forniti ed i documenti prodotti non sono stati sufficientemente esaminati dalla Corte che ha deciso con argomentazioni generiche.
Con il secondo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 (art. 360 c.p.c., n. 3). La Corte di Appello non ha valutato adeguatamente le condizioni del paese di origine, essendovi un conflitto armato nonchè un sistema di vendette private, indebitamente tollerato dalle forze di polizia, di cui il ricorrente potrebbe essere vittima.
Entrambi i motivi sono infondati poichè, a fronte di una sentenza argomentata in punto di inverosimiglianza del narrato e di totale carenza di elementi a favore della tesi del ricorrente nonchè in assenza di condizioni di pericolosità del paese di origine, sia in termini generali che per la particolare posizione del richiedente, si limita ad una generica doglianza sulle valutazioni della Corte di Appello ed ad invocare una rivisitazione del giudizio nel merito, non consentita in questa sede. Con il terzo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 (art. 360 c.p.c., n. 3).
Ritiene che non siano state verificate adeguatamente le condizioni per il permesso per protezione umanitaria e non si è tenuto conto del radicamento del ricorrente sul territorio italiano.
Il motivo è infondato poichè la Corte di Appello dà atto che il ricorrente non aveva indicato alcun elemento significativo e, per quanto di rilievo, il tema del “radicamento” non è valutabile in quanto proposto per la prima volta in questa sede.
Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte.
Il richiedente non è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato e, pertanto, è tenuto al versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020