Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21016 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. II, 12/10/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 12/10/2011), n.21016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 32003/05) proposto da:

MOBILI BARRAJA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a

margine del ricorso, dall’Avv.to Fioccavento Mario del foro di

Siracusa ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to

Antonio D’Alessio in Roma, viale Bruno Buozzi n. 99;

– ricorrente –

contro

POLTRONA FRAU s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, nel suo domicilio eletto presso l’Avv.to Gamma Carlo del

foro di Torino, presso il suo studio in Torino via Lamarmora n. 39;

– intimata non costituita –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1726

depositata il 27 ottobre 2004.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14

giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SCARDACCIONE Vittorio Eduardo che – nell’assenza della

parte costituita – ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 21 febbraio 1994 la MOBILI BARRAJA S.p.A. evocava, dinanzi al Tribunale di Torino, la POLTRONA FRAU s.r.l. esponendo che da diversi anni distribuiva prodotti commercializzati con il marchio FRAU, rapporto che si era sempre più intensificato, fino ad integrare, nell’anno 1979, un vero e proprio contratto di vendita in esclusiva dei suoi prodotti; inaspettatamente la società convenuta, nel secondo semestre 1993, senza preavviso, aveva posto in essere comportamenti pregiudizievoli in violazione del patto di esclusiva, non fornendole le necessarie nuove campionature e gli indispensabili supporti commerciali di vendita, oltre ad escluderla dalle iniziative pubblicitarie ed affidando la commercializzazione dei suoi prodotti a ditte concorrenti, quali la Mobiluxor di (OMISSIS). Tanto premesso, chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento dei danni economici e di immagine causati all’attrice e quantificati in L. 552.000.000.

Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della società convenuta, la quale assumeva l’inesistenza del patto di esclusiva e la non ascrivibilità alla POLTRONA FRAU s.r.l. dell’iniziativa di risoluzione del rapporto commerciale in contestazione, il Tribunale adito, espletata istruttoria, respingeva la domanda attorea, compensando interamente tra le parti le spese di lite.

In virtù di rituale appello interposto dalla MOBILI BARRAJA S.p.A., con il quale lamentava che erroneamente il giudice di prime cure aveva ritenuto trattarsi di patto di esclusiva a tempo indeterminato, la Corte di appello di Torino, nella resistenza dell’appellata, respingeva l’appello.

A sostegno dell’adottata sentenza, la Corte territoriale evidenziava che nessuna dimostrazione risultava essere stata fornita dalla società appellante, su cui incombeva il relativo onere probatorio, circa l’esistenza del dedotto patto di esclusiva, non deponendo in tal senso nè le prove testimoniali assunte, dichiarate inattendibili dal giudice di primo grado (giudizio non impugnato, al pari di quello relativo alla inammissibilità di ulteriore capitolo articolato in primo grado), nè la documentazione prodotta.

Aggiungeva che la conclusione del rapporto commerciale era da riferire a recesso esercitato dalla società appellante, di cui alle lettere del 27.8 e 30.9.1993, e non già dalla appellata, non soddisfatta dell’assetto che la Poltrona Frau intendeva dare alla loro collaborazione.

Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione la MOBILI BARRAJA, che risulta articolato su tre motivi.

La POLTRONA FRAU, sebbene ritualmente citata, non si è costituita.

La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per avere riesaminato autonomamente la questione inerente la sussistenza fra le parti del patto di esclusiva non avendo nessuna delle stesse interposto specifica impugnazione al riguardo. Sotto altro profilo censura la decisione per motivazione contraddittoria ed illegittima nel ritenere appellata la pronuncia sulla esistenza del patto di esclusiva e non appellata sulla rilevanza probatoria delle prove testimoniali, oggetto di espresso motivo di gravame. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ancora la nullità della sentenza (in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4) in relazione all’art. 115 c.p.c., nonchè l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5 per avere il giudice de gravame ritenuto non ammissibile il capitolo di prova espressamente formulato e dedotto sul punto con specifica istanza contenuta nell’atto di appello, che peraltro il giudice di primo grado aveva ritenuto superfluo e sovrabbondante e non già inammissibile. Inoltre, prosegue la ricorrente, la mancata ammissione del dedotto mezzo istruttorio si è tradotto in un vizio della sentenza sotto il profilo dell’omesso esame e della contraddittorietà essendo i fatti articolati relativi ad un punto decisivo della controversia.

Le due censure vengono esaminate congiuntamente stante la loro interdipendenza, denunciando con le stesse la ricorrente error in procedendo in cui sarebbe incorsa la corte territoriale che avrebbe dovuto limitare la sua cognizione ai soli capi impugnati e non già procedere, come ha fatto, al riesame dell’intera fattispecie sottoposta al vaglio del primo giudice. Le doglianze vanno disattese.

Osserva il Collegio che, come è giurisprudenza costante, se risponde al vero che l’art. 342 c.p.c. prevede la devoluzione al giudice dell’appello delle sole questioni che siano state fatte oggetto di specifici motivi di gravame, è, altresì, indubbio che l’appello si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, ma necessariamente connessi ai punti censurati, per cui è possibile riesaminare l’intero rapporto controverso e tutte le questioni dibattute nella precedente fase qualora i motivi di appello facciano puntuale riferimento all’impianto logico -letterale complessivo della decisione impugnata, sottoponendola ad una critica radicale e completa, non essendo, al contrario, sufficiente la richiesta generica di riforma integrale della stessa decisione (v.

Cass. 22 luglio 2002 n. 10681).

Ne consegue che non viola il principio del tantum devolutum quantum appellatur il giudice che fondi la sua decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte, ma che appaiono, nell’ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi, costituendone un necessario antecedente logico e giuridico (v. Cass. 16 gennaio 2002 n. 397; da ultimo Cass. 11 gennaio 2011 n. 443).

Ciò detto in linea di diritto, va posto in rilievo, come si legge nella parte motiva della impugnata sentenza, che la Mobili Barraja chiese la riforma della sentenza del Tribunale perchè ” pur riconoscendo, nonostante alcune ingiustificate perplessità, la sussistenza del patto di esclusiva in favore di essa appellante, aveva erroneamente ritenuto che detto patto fosse a tempo indeterminato per cui legittimamente era stato esercitato il recesso ad nutum dal contratto”, mentre si trattava di rapporto contrattuale annuale; la Mobili Barraja, inoltre, censurò la sentenza di primo grado perchè “la parte convenuta, cui incombeva il relativo onere probatorio, non aveva fornito la prova che il contratto fosse a tempo indeterminato” (pag. 5 sentenza impugnata). Appare, dunque, evidente che il giudice dell’appello non solo non ha violato l’art. 112 c.p.c. ma nemmeno l’art. 342 c.p.c.. Infatti, dopo aver precisato quanto sopra, essendo comunque necessario verificare se la statuizione sia intrinsecamente corretta (p. 7 sentenza impugnata), il giudice a quo ha proceduto al riesame completo della vertenza, onde verificare se la motivazione del giudice di prime cure fosse sufficientemente e coerentemente motivata sotto il profilo dell’affermata insussistenza della responsabilità della società convenuta al dedotto patto di esclusiva. Seguendo la impostazione data alla vertenza dalla Mobili Barraja, alla luce della produzione documentale dalla stessa depositata, ha poi concluso che l’attrice – appellante non aveva in alcun modo provato che il rapporto contrattuale che la legava alla Poltrona Frau s.r.l. fosse caratterizzato dal patto di esclusiva, per cui alla luce della pronuncia n. 13533/2001 delle SS.UU. della Suprema Corte, spettava alla stessa fornire la prova dei fatti posti a fondamento della domanda e per l’effetto nessuna responsabilità era addossarle alla società appellata. Non solo, ma il giudice dell’appello ha pure ritenuto che, in mancanza di qualsivoglia elemento probatorio al riguardo, dalla documentazione prodotta ovvero dalle prove testimoniali assunte, erano da condividere le perplessità manifestate dal Tribunale laddove aveva ritenuto di non potere ricavare dalle dichiarazioni elementi sufficienti per dare una risposta adeguata alla problematica discussa circa la caratterizzazione dall’esclusiva del rapporto in questione, tanto era che neanche dall’esame della documentazione, cui la Mobili Barraja si era richiamata, risultava una diversa prospettazione dei termini dell’accordo (v. missiva Mobili Barraja del 27.2.1990 a fronte della lettera Frau del 22.2.1990).

Pertanto, poichè i rapporti contrattuali non risultavano caratterizzati dal patto di esclusiva, che “a tutto voler concedere, attribuirebbe a Mobili Barraja l’esclusiva per i soli anni 1990 e 1991 e non per il 1993, anno cui si riferisce la presunta violazione del patto” (v. pag. 9 sentenza impugnata), i comportamenti denunciati dalla ricorrente non costituivano fonte di responsabilità per danni a carico della medesima attrice.

In conseguenza del rigetto del primo motivo, è assorbito l’esame del secondo motivo del ricorso nella parte in cui la Mobili Barraja si duole della violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per la mancata ammissione del capitolo di prova articolato (ritenuto superfluo dal giudice di primo grado); nel restante profilo di denuncia per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, la censura manca di autosufficienza.

Infatti non rispetta il principio di autosufficienza il ricorso per cassazione che, denunciando l’omessa pronuncia da parte del giudice di secondo grado, sulle doglianze mosse in appello alle ragioni esposte davanti al Tribunale, non espone quelle specifiche circostanze di merito che avrebbero portato all’accoglimento del gravame, e così impedisce al giudice di legittimità una completa cognizione dell’oggetto; nè al principio di autosufficienza può ottemperarsi “per relationem”, mediante il richiamo ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio (v.

Cass. 13 dicembre 2006 n. 26693).

In altri termini, il motivo contrasta con la regola della necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, impone alla parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio ovvero sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie e processuali, l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v. ad es. per tutte Cass. 2 novembre 1998 n. 10913; Cass. 24 maggio 2006 n. 12362).

Nel caso di specie, inoltre, il ricorso non offre alcuna dimostrazione del contenuto dei mezzi istruttori non ammessi, delle allegazioni reperibili nell’atto di appello avverso le decisioni di primo grado (v. Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915; v. anche sentenza del 12 maggio 2010 n. 11477; sentenza del 22 febbraio 2010 n. 4201;

sentenza del 17 novembre 2009 n. 24221; sentenza del 13 giugno 2007 n. 13845).

Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente denuncia il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione per violazione delle corrette regole ermeneutiche nell’apprezzamento del significato logico e negoziale della corrispondenza intercorsa fra le parti. La doglianza è destituita di fondamento.

Il fatto che il giudice abbia ritenuto indimostrata la caratteristica della esclusiva del rapporto contrattuale intercorso fra le parti, che al più avrebbe inciso solo sulle annualità 1990 e 1991, più che denunciare il vizio indicato sembra richiedere solo una diversa valutazione del materiale probatorio e dell’intera vicenda processuale, opponendo all’argomentare del giudice di appello una diversa prospettazione difensiva, ritenuta inattendibile e comunque sfornita di prova. Del resto, il giudice di appello, contrariamente a quanto deduce la ricorrente nel terzo motivo, ha argomentato in modo appagante sotto il profilo logico e giuridico. La corte territoriale ha posto in rilievo, con una corretta deduzione, che le missive reciprocamente inviate dalle parti, valutate nel loro complesso, non erano obbiettivamente e concretamente idonee a determinare la conclusione di un accordo avente il carattere dell’esclusiva.

Ed è questo l’argomento dirimente a parere del Collegio: il convincimento del giudice dell’appello è nel senso che, una volta esclusa la esclusiva per l’anno 1993, cui si riferiscono le pretese della ricorrente, per le ragioni di cui sopra, nessun elemento di prova è stato fornito nel senso che il rapporto si sia concluso per responsabilità della intimata, secondo la linea di difesa fornita dalla società concessionaria, pacifico che l’affidamento dell’incarico di vendita fu revocato dalla Mobili Barraja, non soddisfatta dell’evoluzione avuta dai rapporti pluriennali intercorsi fra le parti (pag. 14 sentenza impugnata).

Conclusivamente il ricorso va respinto e nulla va disposto sulle spese, non avendo l’intimata svolto alcuna difesa in sede di giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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