Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21015 del 18/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 18/10/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 18/10/2016), n.21015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11209/2012 proposto da:

COMUNE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CARDUCCI 4, presso lo studio dell’avvocato

MARIO QUAGLIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PAOLO GAGGERO;

– ricorrente –

contro

B.I., BU.CA., BU.LE., elettivamente

domiciliato in ROMA, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’Avvocato BRUNO SANTINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 889/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 13/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato PAOLETTI Emanuela, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato GAGGERO Paolo, difensore del ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento 1^ e 2^ motivo,

assorbito il 3^ comunque infondato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.I. e Br.Le. e Ca. convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Savona il comune di (OMISSIS) per l’accertamento negativo di una servitù di uso pubblico su fondi di loro proprietà (f. (OMISSIS), mapp. (OMISSIS)), negando, in particolare, che questi ultimi rientrassero nel tracciato della strada (OMISSIS).

Il comune di (OMISSIS) resisteva in giudizio e domandava in via riconvenzionale l’accertamento dell’acquisto della servitù per usucapione.

Il Tribunale accoglieva la domanda degli attori. L’appello proposto dal comune di (OMISSIS) era respinto dalla Corte distrettuale di Genova con sentenza n. 889/11. Riteneva la Corte territoriale, condividendo l’accertamento operato al riguardo dal Tribunale, che l’ormai desueto tracciato della strada (OMISSIS), gravata da servitù pubblica di passo, non coincideva con quello della strada degli attori; che l’esistenza di due diverse strade era oggettiva ed incontestabile; e che la circostanza che entrambe collegassero tra loro le medesime località non comportava l’automatica acquisizione del diritto di uso pubblico sulla nuova via. Rilevava, ancora, la Corte territoriale che nonostante alcuni testi avessero riferito del passaggio generalizzato di persone sulla strada, da altre e numerose testimonianze era emerso che i proprietari non erano rimasti inerti. Essi avevano collocato cartelli segnalanti la proprietà privata; apposto inizialmente una sbarra di chiusura (non era chiaro, tuttavia, se all’inizio della strada o lungo il tratto di loro proprietà); reagito, mediante impugnativa, agli interventi comunali di rimozione della stessa e di riapertura della strada; sicchè non poteva affermarsi che tale passaggio fosse avvenuto con continuità per vent’anni contro la volontà dei proprietari, risultando al contrario che questi ultimi avevano reagito ripetutamente facendo venir meno la continuità dell’uso. Inoltre ed infine, vari testi avevano riferito che la strada era stata realizzata intorno agli anni ‘70 ed inizialmente chiusa con una sbarra, e che negli anni ‘80 era stata richiesta ai proprietari l’autorizzazione del passaggio da parte di privati; ed essendo stata notificata la citazione nel 1999, era chiaro che non si era in presenza di un uso pubblico protratto per vent’anni, poichè almeno inizialmente tra il 1979 e il 1999 il passaggio era avvenuto per tolleranza dei proprietari.

Per la cassazione di tale sentenza il comune di (OMISSIS) propone ricorso affidato a tre motivi.

Resistono con controricorso B.I. e Br.Le. e Ca..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L – Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 1158 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La sentenza impugnata, afferma parte ricorrente, ha ritenuto necessaria ai fini dell’usucapione della servitù d’uso pubblico l’assenza di un comportamento oppositivo da parte dei proprietari della strada Ma ciò rileva ai soli fini del possesso di buona o di mala fede, mentre il possesso valevole per l’usucapione deve essere pacifico, cioè non violento. La servitù d’uso pubblico richiede che il passaggio risponda ad un’utilità pubblica e che l’uso protratto avvenga non solo uti cives ma anche misconoscendo ogni contrario diritto del proprietario.

2. – Il secondo motivo espone la violazione dell’art. 1165 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. La sentenza impugnata, si sostiene, ha attribuito efficacia interruttiva del possesso ad atti, quali le ripetute reazioni contrarie dei proprietari al passaggio pubblico, inidonei all’effetto. L’interruzione, infatti, può derivare soltanto da atti che implichino la perdita del potere materiale sulla cosa ovvero da atti giudiziali diretti a privare, ope iudieis, il possessore della possessio ad usucapionem.

3. – Col terzo motivo è dedotta la violazione dell’art. 1144 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver dato rilievo, in senso impeditivo del possesso della servitù pubblica, ad atti di tolleranza non transitori, non saltuari e non dettati da parentela, amicizia o buon vicinato.

4. – I primi due motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.

4.1. – Per escludere la sussistenza del possesso utile all’usucapione non è sufficiente il riconoscimento o la consapevolezza del possessore circa l’altrui proprietà del bene, occorrendo, invece, che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza è rivelata o per i fatti in cui essa è implicita, esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare, atteso che l’animus possidendi non consiste nella convinzione di essere titolare del diritto reale, bensì nell’intenzione di comportarsi come tale, esercitando le corrispondenti facoltà (Cass. n. 26641/13).

Correlativamente, la giurisprudenza di questa Corte afferma anche che in tema di possesso ad usucapionem, che il codice vigente assoggetta alle stesse condizioni contemplate dal codice del 1865 (con la formula “possesso legittimo”), inclusa quella della pacificità del possesso medesimo, tale requisito non può essere escluso per la sola circostanza che il preteso titolare del diritto manifesti una volontà contraria all’altrui possesso, trattandosi di elemento rilevante al diverso fine di evidenziare la mala fede del possessore (con la conseguente applicabilità del termine ventennale) (Cass. S.U. n. 2088/90). Pertanto, anche ai fini della continuità del possesso, necessaria per l’acquisto a titolo di usucapione, quel che rileva è il comportamento del possessore, non già la volontà contraria del proprietario (Cass. n. 15092/03).

Anzi, proprio il dissenso palesato dal titolare del diritto, escludendo la tolleranza, la quale a sua volta costituisce un fattore impeditivo dell’acquisto del possesso (art. 1144 ex.), concorre a qualificare in senso possessorio (e non detentivo) l’antitetica condotta materiale dei terzi.

4.2. – In tema di possesso ad usucapionem, con il rinvio fatto dall’art. 1165, all’art. 2943 c.c., la legge elenca tassativamente gli atti interruttivi, cosicchè non è consentito attribuire tale efficacia ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacchè la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti (Cass. n. 14659/12, la quale da tale premessa ha tratto la conclusione per cui non può costituire atto interruttivo dell’usucapione l’opposizione alla domanda di usucapione abbreviata, nè l’atto di intervento nel procedimento, non implicando tali atti una domanda diretta al concreto recupero del godimento del bene, in tesi posseduto e goduto in via esclusiva dai comproprietari che chiedono la declaratoria di usucapione contro gli altri comproprietari esclusi dal possesso).

4.3. – La sentenza impugnata mostra di aver equivocato su tali concetti. Essa ha accordato rilievo decisivo proprio e solo alla volontà contraria dei proprietari della strada e alle loro varie reazioni contro il passaggio pubblico, ora per escludere un possesso idoneo all’usucapione ora per ritenerne l’avvenuta interruzione; senza tuttavia individuare con esattezza, in quest’ultimo caso, alcuno dei modi previsti dall’art. 2943 c.c., richiamato dall’art. 1165 c.c..

Nè la Corte genovese ha accertato le condizioni per applicare l’art. 1167 c.c., del resto neppure citato nella sentenza impugnata. Da quest’ultima risulta che i proprietari della strada vi abbiano apposto (in epoca non precisata) una sbarra per impedire l’accesso di terzi, ma non si comprende se tale privazione del passaggio pubblico si sia protratta per oltre un anno e in assenza di una vittoriosa azione recuperatoria. Anzi, la Corte genovese ha attribuito importanza non alla durata (il che sarebbe stato rilevante) dell’impedimento, ma alla pronta reazione dei proprietari (di per sè sola irrilevante) nell’impugnare i provvedimenti amministrativi che avevano imposto loro di riaprire la strada al pubblico transito.

5. – L’accoglimento dei suddetti motivi assorbe l’esame del terzo, incentrato su di un profilo, quella della tolleranza, il cui rilievo è escluso dalle considerazioni appena svolte.

6. – La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, che nel provvedere ad un rinnovato esame del merito si atterrà ai principi di diritto enunciati al paragrafo 4.1. che precede.

7. – Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3, al giudice di rinvio è rimesso anche il regolamento delle spese di cassazione.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2016

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