Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21014 del 06/08/2019

Cassazione civile sez. II, 06/08/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 06/08/2019), n.21014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28423-2015 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA

15, presso lo studio dell’avvocato ALBERIGO PANINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIANCARLO POGGIALI;

– ricorrente –

contro

ME.MI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ISONZO 42/A,

presso lo studio dell’avvocato ACHILLE REALI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALBERTO MORGIONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3827/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/04/2019 dal Presidente SERGIO GORJAN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Me.Mi. ebbe ad evocare in giudizio, nanti il Tribunale di Milano, M.R. e R.L. deducendo d’aver dato a muto al M. la somma di Lire 150 milioni, che questi non gli aveva mai restituito, ed anzi con la moglie R. aveva conferito i propri cespiti immobiliari nel costituito fondo patrimoniale.

Il Me. chiedeva pertanto al condanna del M. a restituirgli la somma mutuata – Lire 150 milioni ossia Euro 77.468,53 – e la declaratoria di nullità del costituito fondo patrimoniale poichè simulato.

I convenuti resistettero,contestando la fondatezza delle pretese attoree poichè la somma di denaro reclamata ricevuta a titolo di donazione e non frutto di simulazione l’atto costituivo del fondo patrimoniale.

Il Tribunale di Milano ebbe a rigettare tutte le domande mosse dal Me. poichè infondate.

Il Me. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Milano ed il Collegio ambrosiano,sempre resistendo i consorti R.- M., ebbe a rigettare la domanda afferente il fondo patrimoniale, ma ad accogliere la pretesa attorea fondata sul mutuo,condannando il M. a restituire la somma di Euro 77.468,53 con interessi legali dalla domanda giudiziale.

Osservava il Collegio lombardo – per quanto ancora interessa – come l’insieme degli elementi fattuali e presuntivi versati in atti lumeggiavano la stipula tra il Me. ed il M. di un contratto di mutuo con obbligo di restituzione della somma ricevuta.

Avverso detta sentenza proponeva impugnazione per cassazione il solo M.R. articolando tre motivi di censura, che pure illustrava con nota difensiva. Resisteva con controricorso il Me., che depositava memoria difensiva in prossimità di questa adunanza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da M.R. s’appalesa siccome infondato.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione delle regole di diritto portate dagli artt. 2697 e 2729 c.c. ed art. 115 c.p.c. poichè la Corte ambrosiana ha ritenuto la sussistenza del dedotto contratto di mutuo pur in assenza di prova al riguardo.

Osserva il ricorrente come i Giudici d’appello ebbero a, malamente, valutare i dati fattuali versati in atti, nonchè la cornice familiare entro cui era da collocare la vicenda, ed infine ad apprezzare erroneamente i dati indiziari utilizzati allo scopo di giungere alla soluzione adottata.

Inoltre il M. lumeggia violazione della regola processuale circa il notorio in relazione all’opinione del Collegio lombardo che la rilevanza della somma consegnata lumeggiasse prestito anzichè atto liberale.

L’articolata censura si compendia in effetti nella mera contrapposizione di tesi difensiva fondata sulla valutazione alternativa delle emergenze probatorie rispetto a quella elaborata dalla Corte ambrosiana ad esito della valutazione dei dati fattuali e logici acquisiti in causa.

Non concorre lesione della regola ex art. 2697 c.c. posto che la Corte territoriale, non già, ha ritenuto che onerato della prova della sua affermazione – donazione – fosse il ricorrente, bensì ha valutato i dati probatori in atti per ritenere fondata la prospettazione del Me. che venne concluso contratto di mutuo.

Non concorre violazione della regola in tema di presunzioni ovvero di valorizzazione del notorio, poichè la Corte ambrosiana, non già, ha ritenuto notorio che la dazione di sensibile somma di denaro configuri mutuo e non donazione, bensì ha apprezzato unitamente tutti gli elementi logici – specie l’originaria richiesta di prestito all’Istituto bancario presso cui lavorava il Me. – ed ha ritenuto, nella specie, che l’ammontare elevato dell’importo versato e la circostanza che un tanto avveniva in momento di situazione economica difficile per il percipiente, lumeggiassero la fondatezza della tesi che venne stipulato un contratto di mutuo senza interessi,stante la cornice familiare.

Dunque la Corte ambrosiana ha, come suo precipuo compito, valutato il materiale probatorio sia fattuale che logico in atti e tratto motivata conclusione, che l’impugnante si limita a contestare poichè contraria alla propria tesi.

Con la seconda ragione di doglianza il M. denunzia omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 individuati nel legame parentale, alla base della dazione, e nella modestia della somma versata in relazione al patrimonio del Me..

Il dedotto vizio non sussiste posto che la Corte ambrosiana ha puntualmente valutato i due elementi fattuali indicati dall’impugnante.

Difatti ha collocato la vicenda all’interno della cornice familiare,in cui si svolse, e valutato che la somma data appariva comunque rilevante, sicchè non concorre alcuna omissione di valutazione bensì apprezzamento sgradito al ricorrente poichè contrario alla sua tesi difensiva.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione del disposto ex art. 92 c.p.c. poichè, in realtà, tutte le domande del Me. andavano rigettate, sicchè non vi poteva esser condanna alcuna d’esso ricorrente alle spese di lite per i gradi di merito.

Come dianzi visto, il ricorso del M. va rigettato eppertanto concorrendo la sua soccombenza, almeno parziale, alcun vizio può configurarsi circa la regolamentazione delle spese di lite adottata dalla Corte milanese, che appunto, tenendo conto della solo parziale soccombenza del M., l’ha condannato alla rifusione verso il Me. solamente di metà della spese in relazione ai procedimenti per i gradi di merito.

Al rigetto dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del M. alla rifusione delle spese di questa lite di legittimità in favore del Me., tassate in Euro 5.200,00, oltre accessori di legge e rimborso forfetario siccome precisato in dispositivo.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione in favore del resistente delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2019

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