Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21013 del 06/10/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21013 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: BERNABAI RENATO

ORDINANZA
sul ricorso 24405-2011 proposto da:
VECCHI LUIGI VCCLGU32T14H501M) elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA. DELLA FARNESINA 5, presso lo studio
dell’avvocato FABIO D’AMATO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GASOLI GIORGIO giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
ROMA CAPITALE 02438750586, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente dorniciliata in ROMA, VIA TEMPIO DI
GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA GRAGLIA,
che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
controricorso;
controricorrente-

Data pubblicazione: 06/10/2014

4

avverso la sentenza n. 934/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA dell’8/11/2010, depositata il 07/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
de11108/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO
BERNABAI;

agli scritti.

Ric. 2011 n. 24405 sez. M1 – ud. 08-07-2014
-2-

udito l’Avvocato Fabio D’Amato difensore del ricorrente che si riporta

RITENUTO IN FATTO
– che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione
dell’art. 380-bis cod. proc. civile:
Con atto di citazione del 24109 / 2001, il Sig. Luigi Vecchi conveniva in giudizio il Comune di Roma

del Trullo, di cui l’attore era stato proprietario sino all’esproptiazione da parte del Comune di Roma
avvenuta con decreto del 28/10/1975 n. 1302, ed in riferimento al quale deduceva di aver continuato
ad esercitare i l possesso ali dominus ultraventennale, per non aver mai il comune attuato il decreto di
esproprio.
In via subordinata alla domanda di usucapione, il Vecchi chiedeva di ordinarsi la retrocessione del
terreno, previafissazione del prezzo da corrispondere al Comune.
Con sentenza del 2/03/2005, il Tribunale di Roma rigettava la domanda di usucapione e disponeva,
in favore del Vecchi, la retrocessione del solo edificio insistente sul terreno e non anche del terreno stesso,
determinando il prezzo dovuto al Comune in Euro 273.337,67 maggiorato degli interessi legali.
Il successivo gravame era rigettato dalla Corte d’appello di Roma che, con sentenza del 7103 / 2011
confermava integralmente la decisione di primo grado.
Con rifirimento alla domanda principale, la corte rilevava il difetto del requisito soggettivo dell’animus
rem sibi habendi per la configurazione di un valido possesso ad usucapionem in favore dell’appellante;
quanto al rigetto della domanda subordinata di retrocessione del terreno, a base della decisione era posta
la circostanza, affemiata dal Comune e non contestata dall’appellante, secondo la quale la particella,
destinata a “verde pubblico”, aveva conservato la sua funzione di bene a servizio della collettività e
pertanto non oggetto di retrocessione.
Avverso la sentenza d’appello, non notificata, ricorreva per cassazione il Vecchi, con ricorso affidato a
quattro motivi, notificato il 12 1101 2011.
Resisteva con controricorso il Comune di Roma.

per sentir dichiarare l’avvenuta usucapione di un terreno, con sovrastante fabbricato, sito in Roma in via

***
Così riassunti i fatti di causa, il ricorso sembra, prima facie, infondato.
Il primo motivo deduce la violazione degli arti’. 1158, 1164, 1166 e 1167 cod. civ. nella parte in cui il
giudice di secondo grado ha ritenuto che l’acquisto del possesso da parte del Comune non richiedesse un
rapporto materiale con la cosa.

questa Corte, che sono stati correttamente richiamati dal giudice di secondo grado.
Se, infatti, il decreto di espropriazione costituisce titolo idoneo a far acquisire all’amministrazione
espropriante la piena lilolarità del diritto di proprietà sul bene, comportando che la notificazione del
decreto all’espropriato determini, già di per sé, in capo ad esso la perdita dell’animus possidenti, deve
rilevarsi, a fortiori, che la sentenza d’appello ha accertato con motivazione idonea e logica che
l’amministrazione ha provveduto a prendere regolarmente possesso di tutta l’area espropriata, secondo
quanto risulta dal verbale di consegna e immissione nel possesso del 20/06/1977, – non contestata dal
Vecchi – dando così esecuzione al decreto di esproprio.
Il rigetto della domanda di usucapione per difetto di un valido possesso ad usucapionem, è stato quindi
correttamente fondato su presunzioni giuridiche concernerai il trasferimento de/possesso dall’oropriato
all’e.spropriante amministrazione, ricavabili dal verbale di consegna e immissione nel possesso del terreno
pag. 8 della sentenza); la decisione de/giudice di merito si è così conformata agli orientamenti di questa

(

Corte secondo cui per l’acquisto o la cessazione del possesso non rileva necessariamente un rapporto
materiale del soggetto con la cosa, essendo sufficiente anche un atto sostanzialmente simbolico come il
verbale di immissione nel possesso di un bene immobile, idoneo a determinare il mutamento dell’ani/7ms
rent sibi habendi de/proprietario espropriato, trasformandolo in anima detinendi. (Cass. n. 790 del
19 / 011 2010, Cass. SS.UU. n. 1160 del 9 /11 / 2000, Cass. n. 2001 del 18 / 06 /1968).
Il secondo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe ritenuto mancante
l’elemento de/possesso ad usucapionern in ragione di una lettera inviata all’amministrazione con la quale
il ricorrente proponeva istanza di retrocessione del terreno, e per l’omessa valutazione dei documenti che
deponevano a favore della sussistenza de/suo animus rem sibi habendi.
Il motivo appare infondato.

Il motivo è infondato in quanto contrasta con i princìpi enucleati in materia dalla giurisprudenza di

La sentenza espone in modo chiaro che il difetto dell’elemento soggettivo del possesso va rinvenuto nel
verbale del 20/06/1977 che, a far decorso già da quella data, per le presunzioni giuridiche da esso
ricavabili, ha determinato l’immissione nel possesso del terreno da parte dell’amministrazione,
estinguendo l’animus possidendi in capo al ricorrente espropriato. Ai fini del rigetto della domanda di
usucapione non ha rivestito alcun carattere scriminante, dunque, l’istanza di retrocessione presentata dal
ricorrente con missiva del 210711999, ritenuta irrilevante dalla corte.

nuovo apprezzamento delle risultanze istruttorie, preclusa in questa sede.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 46 del D.P.R. 327 / 2001, ‘Testo Unico in materia
di espropriazione per pubblica utilità” e dell’art. 2697 cod. civ., nel rigetto della domanda di
retrocessione del terreno.
La censura sembra inammissibile poiché non autosufficiente. Il ricorrente non indica in ricorso gli
elementi dai quali possa ritenersi compiuta la contestazione della mancata realizzazione delle opere
pubbliche per cui era stato emesso il decreto di esproprio, restando preclusa la verifica in questa sede della
corretta applicazione delle disposizioni censurate.
Si osserva, inoltre, che non può essere oggetto di nuovo apprezzamento da parte di questa corte il
contenuto delle deposizioni testimoniali indicate dal ricorrente a pagina 20, come argomento integrativo a
sostegno del motivo di ricorso, trattandosi di censure formulate nel merito.
Con il quarto e ultimo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. lamentando,
come si rinviene in Oigrafe, ((l’omessa valutazione della domanda del Vecchi diretta ad ottenere
l’usucapione del terreno”, nonché il vizio di motivazione in punto di 77 g- etto della domanda di usucapione
dello stesso.
Il motivo appare, oltre che infondato, poco chiaro; invero il ricorrente si limita a riprodurre nel corpo
della censura il petitum _principale e subordinato formulato nell’atto di citazione introduttivo, con le
relative conclusioni, ma non adduce argomentazioni critiche a sostegno della fondatezza di una asserita
omessa pronuncia sulla domanda di usucapione, che la corte ha invece o erto con motivazione corretta e
logica, come si è rilevato poc’anzi.

– che la relazione è stata notificata ai difensori delle parti che non hanno
depositato memorie;

Anche il secondo profilo del motivo di ricorso deve ritenersi infondato, risolvendosi nella richiesta di

e

CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la soluzione
prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano;
– che il principio enunciato nella citata sentenza n. 25594 del 14/11/2013,

decreto di espropriazione non comporta, di per sé, la perdita dell’animus
possidendi sul bene da parte del precedente proprietario, il quale, pertanto,
potrà legittimamente invocare il compimento in suo favore dell’usucapione,
qualora l’espropriante non abbia poi proceduto all’immissione in possesso, né
attuato il previsto inten/ento urbanistico”, non è applicabile al caso di specie,
risultando provata, al contrario, l’avvenuta emanazione del verbale di
consegna ed immissione nel possesso del terreno, in data 20/06/1977, a
favore dell’ente espropriante.
– che il ricorso dev’essere dunque rigettato, con la conseguente condanna
alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base
del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.
– Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese
processuali, liquidate in complessivi € 4.100,00, di cui € 4.000,00 per
compenso, oltre spese forfettarie (15%) ed accessori di legge.

Roma, 8 Luglio 2014

Sez. li, di questa Corte, in tema di animus rem sibi habendi, secondo cui “il

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