Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21013 del 06/08/2019

Cassazione civile sez. II, 06/08/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 06/08/2019), n.21013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18822-2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

LIEGI 58, presso lo studio dell’avvocato ROMANO CERQUETTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO BALDASSARRI;

– ricorrente –

contro

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI

35, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO, rappresentato e

difeso dall’avvocato RICCARDO ROSSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 331/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/04/2019 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.M. propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria, contro S.S., che resiste con controricorso eccependo l’inammissibilità del ricorso, avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia del 5.6.2014, che, in parziale riforma di quella del Tribunale di Perugia, ha respinto la sua domanda con condanna alle spese.

In primo grado il Tribunale aveva accolto la domanda condannando S. alla restituzione della somma di Euro 164.801,40 che l’attore assumeva mutuata al convenuto, dichiarando l’estinzione del processo nei confronti di altre parti, terze chiamate nei cui confronti il convenuto aveva svolto domande, mentre la Corte di appello, pur ammettendo il versamento sul conto corrente dell’appellante, ha ritenuto non esistere la prova del mutuo gravante sull’attore.

Il ricorso si articola in due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denunzia: 1) violazione degli artt. 351 e 101 c.p.c., art. 24 Cost., violazione di norma processuale del diritto di difesa e del contraddittorio perchè S. ha proposto appello richiedendo la sospensione della efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, è stata fissata udienza di comparizione per il 7.11.2013, anticipata rispetto a quella indicata nell’atto di appello ed in quella sede è stata sospesa l’esecutività e fissata l’udienza di discussione mentre la possibilità di ritenere la causa matura per la decisione è espressamente concessa per l’udienza di cui all’art. 351 c.p.c., comma 1; 2) violazione degli artt. 132 e 352 c.p.c., omesso esame, valutazione e motivazione, circa fatti controversi e decisivi oggetto di causa.

Il controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per tardività essendo stato proposto il 15.7.2015 rispetto ad una sentenza del 5.6.2014, applicandosi il termine semestrale.

Ciò premesso si osserva:

Va esaminata prioritariamente l’eccezione di tardività del ricorso, che è infondata.

Il termine semestrale per la proposizione del ricorso in mancanza di notificazione è stato introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17 a decorrere dal 4 luglio 2009.

Ai sensi dell’art. 58 predetta legge la disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

Nella specie la causa è stata introdotta con citazione notificata l’8.9.2001, donde la vigenza del termine annuale con relativa sospensione feriale e la tempestività del ricorso.

Le censure sono ammissibili.

La prima non dimostra, tuttavia, alcuna violazione del diritto di difesa e non indica il pregiudizio concretamente subito.

La seconda non merita accoglimento.

A seguito della riformulazione della norma di cui all’art. 360 c.c., n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è denunciabile in cassazione solo l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257, Rv. 632914).

Il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 pertanto, presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico.

Sotto altro profilo, come precisato dalle Sezioni Unite, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione (S.U. n. 8053/2014).

Può essere pertanto denunciata in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Nel caso di specie la sentenza, pur ammettendo che il convenuto ha ricevuto una somma di denaro, negando però l’esistenza del mutuo, ha correttamente invocato giurisprudenza di legittimità sull’onere della prova.

Questa Corte rileva che anche la giurisprudenza successiva è nel senso che l’attore che chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda e, pertanto, non solo l’avvenuta consegna della somma ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione (Cass. 29.11.2018 n. 30944, Cass. 16.10.2017 n. 24328); la sentenza ha riferito che lo S., nel costituirsi in giudizio, aveva affermato che il versamento sul suo conto corrente era stato eseguito per coprire una distrazione di fondi operata a sua insaputa da P.C. che aveva delega ad operare sul suo conto corrente.

Ne consegue che il mutuo era stato contestato ed il convenuto non era tenuto a dare prova della veridicità delle sue affermazioni. Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 6000 di cui 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nel 15% ed accessori, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato. Roma 11 aprile 2019.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2019

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