Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21005 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. II, 12/10/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 12/10/2011), n.21005

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

SOCIETA’ CEREDA E COGLIATI s.r.l., IN LIQUIDAZIONE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Bussani Mauro,

elettivamente domiciliata in Roma, via A, Bertoloni n. 55, presso lo

studio dell’Avvocato Francesco Cefaly;

– ricorrente –

contro

F.G. (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, via Bertoloni n. 41, presso lo studio

dell’Avvocato Giuseppe Guancioli, dal quale è rappresentato e

difeso, unitamente all’Avvocato Belloli Andrea, per procura speciale

a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2

92 6 del 2006, depositata in data 11 dicembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24 giugno 2011 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M. , in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SGROI Carmelo il quale nulla ha osservato sulla relazione ex art.

380-

bis cod. proc. civ..

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che F.G. ha chiesto al Tribunale di Lecco di pronunciare sentenza ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. sostenendo che la Cereda e Gogliati s.r.l. non aveva adempiuto al preliminare con il quale si era obbligata a vendere un appartamento con cantina e doppio box in (OMISSIS);

che il F. ha chiesto altresì che il Tribunale accertasse i danni subiti a causa dell’inadempimento della controparte e che operasse la compensazione con il residuo prezzo convenuto;

che l’adito Tribunale, nella contumacia della convenuta, disponeva il trasferimento dell’immobile e, effettuata la compensazione tra residuo prezzo dovuto dall’attore e risarcimento dei danni al medesimo spettante, ha condannato la convenuta al pagamento della somma di Euro 11.635,91;

che avverso questa sentenza ha proposto appello la società Cereda e Cogliati eccependo l’improponibilità della domanda, stante la sussistenza di una clausola arbitrale irrituale nel preliminare e contestando la fondatezza della domanda di danni, stante la mancata previsione nel preliminare di un termine essenziale; in subordine, ha chiesto il rigetto della domanda risarcitoria e la determinazione del prezzo ancora dovuto per il trasferimento ex art. 2932 cod. civ.;

che, ricostituitosi il contraddittorio, la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2926, depositata in data 11 dicembre 2006, ha rigettato l’appello;

che, per la cassazione di questa sentenza, Cereda e Cogliati s.r.l.

ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui ha resistito, con controricorso, il F.;

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia nullità della sentenza per mancata individuazione dell’immobile, in conseguenza della nullità del contratto preliminare, sostenendo che il preliminare non conteneva una specifica indicazione dell’unità immobiliare oggetto della domanda, giacchè si trattava, di un immobile genericamente indicato con riferimento sia. ai dati catastali, sia alla prevista possibilità di modifiche del progetto o di varianti in corso d’opera;

che, con il secondo motivo, la società Cereda e Cogliati deduce nullità della sentenza per violazione della L. n. 45 del 1987, artt. 17 e 40 non contenendo il contratto preliminare alcun riferimento alla concessione edilizia e non essendo in corso di causa stato acquisito alcun documento;

che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso con il rito camerale, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al pubblico ministero.

Considerato che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione: “(…) Il ricorso è inammissibile.

Entrambi i motivi, invero, sottopongono all’esame della Corte di cassazione questioni che non hanno formato oggetto di esame nei precedenti gradi del giudizio di merito. E’ noto che nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello (Cass., n. 12571 del 2003; Cass. , n. 5620 del 2006; Cass., n, . 1274 del 2007). Ovviamente, il principio vale anche con riferimento alla questione concernente la dedotta nullità della sentenza per violazione della L. n. 47 del 1985, atteso che la valutazione sulla eccepita nullità comporta la necessità di.

svolgere accertamenti di fatto che non risulta siano stati effettuati nel giudizio di merito e che sono preclusi in sede di legittimità.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, perchè lo stesso è inammissibile”;

che il Collegio condivide tale proposta;

che non possono, invero, essere condivise le osservazioni svolte dalla ricorrente nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 3, atteso che proprio la verifica della sussistenza della eccepita nullità, che si assume sarebbe desumibile dalla mera lettura del contratto, avrebbe dovuto essere sottoposta alla valutazione del giudice di merito; il che non si è verificato nella specie;

che, peraltro, la questione posta con il primo motivo – concernente la asserita nullità del contratto per impossibilità di individuazione dell’oggetto dello stesso – si risolve nella richiesta di una diversa valutazione di circostanze di fatto, già adeguatamente apprezzate dal giudice di primo grado, con decisione confermata da quello di appello, il quale ha ritenuto l’immobile individuabile e ne ha disposto il trasferimento ex art. 2932 cod. civ.;

che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte: dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.200, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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