Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21002 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 22/07/2021), n.21002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCITO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 27773 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LE Automobili s.r.l. in liquidazione, in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria n. 124/06/11, depositata in data 17 ottobre

2011, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15 aprile 2021 al Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza 124/06/11, depositata in data 17 ottobre 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Liguria rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di Automobili s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 134/03/08 della Commissione tributaria provinciale di La Spezia che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale l’Ufficio, per il 2004, aveva recuperato a tassazione costi indebitamente dedotti, ai fini Ires e Irap, e detratti, ai fini l’Iva, in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti di acquisto di autoveicoli da fornitori intracomunitari tramite la ditta fittiziamente fatturante A.M. asseritamente “cartiera”;

– in punto di diritto, la CTR ha osservato che:1) il recupero non era suffragato da “prove certe” che dimostrassero la sussistenza di accordi fraudolenti tra la società contribuente e la ditta A.; inoltre, la circostanza che i presunti accordi fossero limitati all’acquisto di due sole autovetture faceva apparire poco verosimile l’esistenza degli stessi; 2) quale che fosse l’attività dell’ A., non risultava provata la mala fede della società contribuente e cioè l’esistenza di un piano preordinato di quest’ultima finalizzato ad approvvigionarsi di autovetture ad un prezzo sensibilmente inferiore a quello di mercato reso possibile da procedure poste in essere in frode all’Iva;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi; rimane intimata la società contribuente;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21, e degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., per avere la CTR ritenuto che, a fronte della contestazione da parte dell’Ufficio di operazioni soggettivamente inesistenti di acquisto di autovetture, il recupero a tassazione fosse illegittimo, in mancanza di “prove certe che dimostrassero la sussistenza di accordi fraudolenti” sottesi agli acquisti di autovetture, ancorché, per giurisprudenza di legittimità, a fronte della contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti, ricadesse a carico del contribuente la prova della mancata conoscenza o conoscibilità, in base alla ordinaria diligenza, del carattere fraudolento delle operazioni medesime;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa motivazione della sentenza impugnata circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per avere la CTR limitato la propria indagine alla mancanza di prova della collusione della contribuente con la cartiera senza argomentare in ordine alla conoscibilità da parte della società (su cui incombeva il relativo onere probatorio) del carattere fraudolento delle operazioni medesime;

– il primo motivo è fondato nei termini di seguito indicati;

– come si evince dalla sentenza impugnata, la contestazione dell’Ufficio si fondava sulla asserita indebita deduzione di costi, ai fini delle imposte dirette, e detrazione ai fini Iva, da parte della società contribuente in relazione a fatture emesse dalla ditta asseritamente interposta A.M. (c.d. cartiera) per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti di acquisto di due autovetture da fornitori intracomunitari (tedeschi);

– sulla scia della giurisprudenza unionale, questa Corte ha chiarito che “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (Sez. 5, Cass. n. 9851 del 2018; n. 27566 del 30/10/2018; Sez. 6 – 5, n. 5873 del 28/02/2019);

– nella specie, con riferimento alla detraibilità dell’Iva, il giudice a quo non si è attenuto ai suddetti principi, in quanto, a fronte della contestazione dell’Ufficio della inesistenza soggettiva delle operazioni di acquisto di due autovetture da fornitori intracomunitari tramite la ditta intermediaria A.M. (c.d. cartiera), lungi dal valutare l’assolvimento da parte dell’Amministrazione dell’onere probatorio, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, in ordine oltre che all’oggettiva fittizietà del fornitore, anche alla conoscibilità da parte della contribuente, secondo l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, ha ritenuto illegittimo l’avviso in quanto non suffragato da “prove certe che dimostr(assero) la sussistenza di accordi fraudolenti” tra la società e la ditta A.; peraltro, la CTR ha escluso la prova della consapevolezza da parte della contribuente dell’assunto carattere fraudolento delle operazioni in base all’unica circostanza che si fosse trattato della vendita di sole due autovetture, il che avrebbe fatto apparire poco verosimili i sospetti dell’Ufficio circa l’esistenza degli accordi fraudolenti, con ciò senza valutare la sussistenza, nella specie, di altri eventuali elementi di rilevanza sintomatica in ordine alla conoscibilità del meccanismo fraudatorio quali l’acquisto dei beni ad un prezzo inferiore di mercato, la qualità del concreto intermediario con il quale erano state intrattenute le operazioni commerciali, l’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti nella frode (in tal senso, Cass. n. 9851 del 2018);

– l’accoglimento del primo motivo, rende inutile la trattazione del secondo, con assorbimento dello stesso;

– in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso accolto; assorbito il secondo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Liguria, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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