Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21001 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4600-2019 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato ERIKA GIOVANNE

rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIANO MILZA;

– ricorrente –

contro

SARA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato ROSARIO LIVIO ALESSI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAETANO ALESSI;

– controricorrente –

contro

M.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2174/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 22/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Secondo quanto si ricava dalla sentenza di secondo grado, C.L. convenne in giudizio M.R. e la compagnia assicurativa Sara Assicurazioni S.p.a., per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti in seguito a un sinistro stradale avvenuto il 2.10.2001.

Il Tribunale di Pescara riconobbe l’esclusiva responsabilità dei convenuti, condannandoli in solido al pagamento di Euro 191.311,57, comprensivo del danno non patrimoniale.

2. La Corte di Appello di l’Aquila, con sentenza n. 2174/2018, pubblicata il 22/11/2018, ha ritenuto l’appello proposto da C.L. parzialmente fondato. In particolare, i giudici di merito hanno accolto le doglianze relative alla omessa quantificazione del danno da invalidità temporanea permanente e relativa e l’omessa statuizione sulla richiesta di risarcimento del danno in relazione alle spese legali della fase stragiudiziale. In parziale riforma della sentenza di primo grado la Corte d’appello condannava gli appellati in solido al pagamento, a titolo di danno non patrimoniale per invalidità temporanea assoluta e invalidità temporanea parziale, in favore dell’appellante dell’ulteriore importo di Euro 21.400,00. Condannava inoltre i convenuti al pagamento di Euro 2.500,00 a titolo di rimborso di spese legali relative alla attività stragiudiziale e liquidava le spese del giudizio con compensazione parziale tra le parti, pari a 1/3 a carico dell’appellante e 2/3 a carico degli appellati, diversamente dal giudice di prima cure che aveva optato per una compensazione integrale delle spese.

3. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per Cassazione C.L., sulla base di due motivi, illustrati da memoria. Sara Assicurazioni resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’erronea quantificazione dei danni non patrimoniali, in quanto il CIT avrebbe utilizzato un demoltiplicatore per ridurre la quantificazione di una patologia accertata, la DPTS.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la erronea compensazione delle spese di giudizio.

5. Innanzitutto il ricorso è inammissibile per violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

Il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti, lungi dal rispondere ad una esigenza di mero formalismo, rileva quale specifico requisito di contenuto-forma del ricorso per garantire alla Corte di cassazione la comprensione della vicenda sostanziale che ha originato la controversia (Cass. Sez. U. 28/11/2018, n. 30754). Nel caso di specie l’esposizione del fatto in esso contenuta è del tutto inidonea allo scopo.

difatti del tutto assente l’esposizione dei fatti necessari ai fini della comprensione della vicenda: in particolare, risolvendosi l’illustrazione dell’intero giudizio di primo grado, con le posizioni e tesi di attore e convenuta, ridotta (nella seconda facciata) a poche righe di sommaria indicazione della limitazione della controversia al quantum, ma senza neppure indicare quali fossero i punti rimasti in contestazione tra le parti. E tanto non può essere recuperato dalla disamina dei successivi motivi della decisione di primo grado o delle ragioni di appello o dal contenuto stesso dei singoli motivi di ricorso per cassazione (come pure consentirebbe Cass. 28/06/2018, n. 17036), perchè, nella specie, occorrerebbe comunque una autentica attività di estrapolazione e ricostruzione, che non può mai essere richiesta a questa Corte Suprema.

6. Peraltro, gli stessi motivi di ricorso, ove per avventura potesse essere superato il dirimente rilievo appena formulato e fermo che invece non sono scrutinabili per carente esposizione del fatto processuale, comunque presenterebbero profili ulteriori di inammissibilità.

6.1. Infatti, essi sono volti ad ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti processuali, limitandosi il ricorrente ad illustrare tesi alternative rispetto a quelle seguite dal Giudice di merito. Questa Corte, in quanto giudice di legittimità, non ha il potere di compiere una rivalutazione dei fatti e degli atti processuali nè un riesame delle prove. Attività, quella richiesta da parte ricorrente, che imporrebbe il controllo della motivazione della sentenza oggetto di impugnazione e che, pertanto, sarebbe contraria ai principi statuiti da questa Corte a Sezioni Unite con le sentenze gemelle n. 8053 e n. 8054 del 2014. Si rileva, inoltre, che il Giudice del merito ha il potere di compiere una valutazione discrezionale delle prove acquisite.

La Corte territoriale, contrariamente a quanto afferma la difesa dei ricorrenti, ha motivato la propria sentenza con un puntuale riferimento alle prove che sono state poste a fondamento della decisione, riproponendo con chiarezza espositiva l’iter logico e giuridico seguito nella formazione del proprio convincimento. Nella motivazione redatta dalla Corte di Appello non si rinvengono vizi logico giuridici idonei ad inficiare la validità della sentenza e tali da richiedere un sindacato in sede di legittimità sul giudizio dalla stessa emesso. Si ricorda, infine, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nel caso in cui il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal giudice anche se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. n. 8053/2014).

6.2. Inoltre, i motivi sono privi di specificità. In tema di ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (sostanziali o processuali), il principio di specificità dei motivi, di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere letto in correlazione al disposto dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, essendo dunque inammissibile, per difetto di specificità, il motivo di ricorso che, nel denunciare la violazione di norme di diritto, ometta di raffrontare la ratio decidendi della sentenza impugnata con la giurisprudenza della S.C. e, ove la prima risulti conforme alla seconda, ometta di fornire argomenti per mutare orientamento (Cass. n. 5001/2018; Cass. n. 24298/2016).

6.3. Ancora, ferma l’insuperabilità delle eventuali carenze del ricorso con alcun atto successivo, il primo motivo neppure argomenta in modo adeguato sulla violazione dei limiti previsti dalla normativa richiamata, mentre il secondo ed il terzo impingono in valutazioni in fatto, pure dovendosi escludere una mera apparenza della motivazione sui punti restati controversi, anche in punto della correttezza o meno dell’applicazione di un demoltiplicatore specifico.

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

8. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 3.000,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

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