Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21000 del 08/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/09/2017, (ud. 22/06/2017, dep.08/09/2017),  n. 21000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21888-2014 proposto da:

D.V. & C. ASSICURAZIONI SAS DI D.V.G., in

persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, V.LE TRASTEVERE 244, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

FASSARI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, in persona dell’Amministratore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI MONTE VERDE 162, presso lo

studio degli avvocati, BARBARA CECCAELLI, GIORGIO MARCELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIORGIO MARCELLI;

– controricorrente –

e contro

V.D., M.M.L., D.V.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3613/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/06/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La s.a.s. D.V. & c. Assicurazioni di Giancarlo d.V. ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. Vittoria Assicurazioni, V.D., M.M.L. e D.V.G., avverso la sentenza del 24 giugno 2013, con cui la Corte d’Appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Roma.

2. Il ricorso è affidato a due motivi. Vi ha resistito soltanto la Vittoria Assicurazioni.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità ed è stata fissata con decreto adunanza della Corte. Il decreto e la proposta sono stati notificati agli avvocati delle parti costituite.

4. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il Collegio condivide le valutazioni della proposta del relatore e ritiene anzi che tutti i motivi si caratterizzino, come si dirà per un’ulteriore ragione di inammissibilità, come si dirà ad essi comune.

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile innanzitutto per violazione dell’onere di indicazione specifica di indicazione delle risultanze probatorie di cui discute, riguardo alle quali non fornisce l’indicazione specifica, nei termini di cui alla consolidata giurisprudenza della Corte, di cui a Cass. n. 22303 del 2008 e Cass. sez. un. n. 28547 del 2008 e, poi, n. 7161 del 2010.

In secondo luogo il motivo risulta inammissibile, in quanto, deducendo “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione”, evoca il paradigma del n. 5 non più vigente e, tra l’altro, se anche si volesse apprezzare alla stregua di quello vigente (secondo un criterio di valutazione che potrebbe trovare giustificazione in Cass., Sez. Un., n. 17931 del 2013), si collocherebbe comunque del tutto al di fuori dei limiti indicati da Cass., Sez. Un. nn. 8053 e 8054 del 2014.

Anche il secondo ed il quarto motivo sono inammissibili, nella parte in cui denunciano vizi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 secondo il paradigma non più vigente.

Il secondo motivo, quanto alla violazione dell’art. 115 c.p.c. è inammissibile, perchè non la denuncia nei termini in cui è possibile farlo, cioè nel modo indicato da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016.

Il terzo motivo, quanto alla violazione dell’art. 2697 c.c. parimenti non rispetta le modalità di deduzione di cui a Cass. sez. un. n. 16598 del 2016.

Sempre nel terzo motivo non si coglie una denuncia in iure quanto alla enunciata violazione nell’intestazione dell’art. 1746 c.c., atteso che l’illustrazione svolge rilievi sulla ricostruzione e valutazione della quaestio facti.

2. Nella memoria si sostiene:

a) quanto al primo motivo che i documenti e gli atti su cui si fonda la sua prospettazione sarebbero stati indicati, così come la loro localizzazione: senonchè l’assunto non viene spiegato, come avrebbe dovuto, parametrando l’esposizione del motivo, a ciò che si dice nell’esposizione del fatto, che si estende fino a pagina 11.

Sicchè, il Collegio rileva che l’assunto risulta del tutto assertorio;

b) quanto al secondo, in modo del tutto generico e tra l’altro evocando la nozione di fatto controverso, quando nell’illustrazione del motivo non lo si è fatto, si addebita alla sentenza di appello di avere ritenuto una circostanza “accertata come non veritiera nella sentenza di prime cure, non gravata sul punto dall’avente interesse che, anzi, non contesta il fatto”: deduzione questa che pone semmai un problema di violazione da parte della Corte territoriale dei limiti della devoluzione avvenuta in appello e non certo di violazione dell’art. 115 c.p.c. e nemmeno di esso quanto ad una verificata non contestazione.

Quanto alla valutazione di deduzione con il secondo e quarto motivo del paradigma non vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5 la memoria si astiene dal confrontasi con le citate sentenze delle SS.UU. del 2014 per dimostrare come e perchè la loro illustrazione risponderebbe al paradigma nuovo siccome ricostruito da esse.

Riguardo al quinto motivo la memoria sostiene che si sarebbe denunciata la violazione della norma di diritto ripercorrendo “in modo critico la lettura dei fatti da cui sono sussunti gli elementi costitutivi della violazione dei doveri dell’agente” e tanto suona come dimostrazione che non è denunciato un vizio in iure nemmeno sotto il profilo del c.d. vizio di sussunzione, bensì prima un vizio di ricostruzione delle emergenze fattuali, all’esito del quale si prospetta una diversa ricostruzione della vicenda e solo gradatamente ad essa si riferisce la violazione in iure. Sicchè la sostanza del motivo è una critica della valutazione probatoria.

3. Il Collegio rileva, poi, che tutti i motivi sarebbero comunque inammissibili perchè omettono di individuare in modo preciso e puntuale la motivazione della sentenza impugnata nei passaggi cui ognuno di essi si riferirebbe. Dovendosi il motivo di ricorso, come ogni motivo di impugnazione, necessariamente risolvesi in una critica della sentenza impugnata, un motivo che non individua l’oggetto della critica è inidoneo allo scopo e dunque nullo ed inammissibile (Cass. Sez. Un., n. 7074 del 2017).

Questa ragione, anzi, ad avviso del Collegi di per sè sola basterebbe ad evidenziare l’inammissibilità di tutti i motivi.

4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro settemila, oltre duecento per esborsi, le spese generali al 15% e gli accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2017

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