Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2100 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 30/01/2020), n.2100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31468/2018 proposto da:

J.A., elettivamente domiciliato in (OMISSIS) (tel.

(OMISSIS)) presso lo studio dell’avvocato Pinto Guglielmo che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Tarchini Maria

Cristina;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS), Pubblico Ministero Procuratore

Generale Repubblica;

– resistente –

avverso la sentenza n. 902/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 28/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 da DI STEFANO PIERLUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

J.A., cittadino nigeriano, ricorre con tre motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 19 marzo 2018 che rigettava l’appello avverso l’ordinanza dei Tribunale che confermava il provvedimento della competente Commissione territoriale di diniego delle richieste di protezione internazionale ed umanitaria.

A sostegno della richiesta deduce di essere cristiano di etnia edo; di lavorare in una segheria in cui un operaio era restato ucciso per un incidente; che il fratello del deceduto, facente parte di una setta segreta, gli attribuiva la responsabilità dell’accaduto lo aveva minacciato di morte e per questo il ricorrente era scappato; che non si era rivolto alla polizia perchè un parente della vittima dell’incidente ne era capo.

La Corte, a sostegno della conferma del diniego, rilevava che l’area di provenienza, Benin City, è fuori delle zone di possibile rischio per attività di terrorismo religioso, nè in tale area ricorrono le condizioni di emergenza umanitaria generalizzata che possano giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con il primo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (art. 360 c.p.c., n. 3). assume che non vi sia stata adeguata valutazione sulla effettività del rischio dovuto al comportamento delle “sette” operanti nel suo paese, anche al di fuori dell’ambito universitario. Il motivo è infondato in quanto contesta, peraltro solo per una parte, le valutazioni della Corte di Appello, non deducendo, quindi, una violazione di legge ma evocando l’esercizio di poteri di valutazione in merito non previsti in sede di legittimità.

Con il secondo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, (art. 360 c.p.c., n. 3). Quanto alla protezione sussidiaria, non è stato considerato il rischio di arresto in caso di rientro in Nigeria, con conseguente possibilità di danni gravi per trattamenti inumani o degradanti, nonchè per il rischio di essere ucciso dai familiari del collega morto.

Il motivo è infondato in quanto basato su presupposti di fatto non riconosciuti dalla Corte di Appello che ha escluso la “persecuzione” e correttamente riportato le vicende narrate nel contesto privato, quanto ai fatti relativi all’accadimento sul luogo di lavoro, rispetto a cui vi è la ordinaria tutela legale dello Stato di provenienza.

Con il terzo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 (art. 360 c.p.c., n. 3). la Corte di Appello non ha adeguatamente vagliato la sussistenza di un obbligo di protezione nei confronti di persone che fuggono dal suo paese, caratterizzato da sconvolgimenti sociali che impediscono una vita senza pericoli per la propria incolumità.

Il motivo è infondato perchè anche in questo caso si traggono generiche conclusioni da presupposti di fatto diversi da quelli riconosciuti dalla corte di appello.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte.

Il richiedente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e pertanto non è tenuto al versamento del contributo unificato, stante la prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 11 e 131 e, di conseguenza, neppure dell’ulteriore importo di cui all’art. 13, comma 1- quater, del decreto citato (cfr. Cass. 7368/2017; n. 32319 del 2018), se ed in quanto l’ammissione non risulti revocata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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