Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2100 del 28/01/2011

Cassazione civile sez. I, 28/01/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 28/01/2011), n.2100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.L. in F. (C.F. (OMISSIS)), C.

C. (C.F. (OMISSIS)) e C.G. (C.F.

(OMISSIS)), nella qualita’ di eredi di M.E.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 59, presso

l’avvocato SANDULLI EMILIO PAOLO, che li rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI GROTTOLELLA;

– Intimato –

avverso la sentenza n. 61/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/01/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato SANDULLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento dei motivi primo e

secondo con l’assorbimento del terzo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 13 gennaio 2004 ha determinato l’indennita’ dovuta dal comune di Grottodella a M. E. nella misura di Euro 25.979,65, ed a C. e C. G. nella misura di Euro 4.875,40 per l’occupazione temporanea con decreto sindacale 21 ottobre 1990 di alcuni terreni di loro proprieta’ ubicati in localita’ (OMISSIS) di quel comune (in catasto al fg. 6, part. 61, 88, 222, 282 e 283 M. e 495 C.),in quanto avevano destinazione edificatoria per essere compresi all’interno di un P.I.P.; e la stima doveva essere compiuta in base al criterio degli interessi legali annui sul criterio riduttivo introdotto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 1.

Per la cassazione della sentenza i M. – C. hanno proposto ricorso per 3 motivi. Il comune non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti,deducendo violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, della L. n. 2359 del 1865, artt. 39 e 40 censurano la sentenza impugnata per aver applicato il criterio di stima riduttivo introdotto dall’art. 5 bis, comma 1 con la ulteriore riduzione del 40% senza considerare la giurisprudenza di questa Corte che l’aveva esclusa; e che tale parametro penalizzante non era a maggior ragione invocatale per le aree edificate per le quali deve comunque trovare applicazione il criterio legale degli interessi legali annui sul valore venale dell’edificio. Il motivo e’ fondato per le ragioni che seguono. Per la stima dell’indennizzo del terreno avente destinazione edificatoria, perche’ incluso in un P.I.P.,la Corte di appello per il calcolo dell’indennita’ virtuale di espropriazione,da cui poi desumere quella di occupazione, ha fatto applicazione del criterio riduttivo introdotto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis venuto meno per effetto della sentenza 348 del 2007 della Corte Costituzionale. Pertanto questa Corte ha rilevato che dal giorno successivo alla pubblicazione della declaratoria di incostituzionalita’ (art. 136 Cost. e L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 3), non e’ piu’ possibile applicare il meccanismo riduttivo suddetto; ma e’ necessario ricorrere nuovamente al criterio generale dell’indennizzo pari al valore venale del bene, fissato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 che peraltro appare corrispondente alla riparazione integrale in rapporto ragionevole con il valore venale del bene garantita dall’art. 1 del Protocollo allegato alla Convenzione europea,nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU. E d’altra parte alla fattispecie non e’ invocabile neppure lo ius superveniens costituito dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90 in base ai quali “Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilita’ ratione temporis alla fattispecie,dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattivita’ della nuova disciplina di determinazione dell’indennita’ di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonche’ 11480/2008); sia per il fatto che l’occupazione in oggetto non rientra invece in siffatta categoria di espropriazioni, bensi’ nella prima generale ipotesi per la quale anch’essa dispone “che l’indennita’ di espropriazione di un’area edificabile e’ determinata nella misura pari al valore venale del bene”. Pertanto quella relativa all’occupazione temporanea delle aree edificabili deve essere ricalcolata applicando per la stima di quella virtuale di espropriazione il criterio posto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39.

A maggior ragione detto criterio doveva trovare applicazione per le porzioni di terreno gia’ edificate, escluse dalla previsione dell’art. 5 bis (semprecche’ siano dotate di autonomia funzionale rispetto al fondo sul quale insistono); per le quali questa Corte ha ripetutamente affermato che l’indennita’ di esproprio va determinata in modo unitario sulla base del valore venale dell’edificio a norma del menzionato art. 39 della legge del 1865 senza possibilita’ di distinguere tra valore dell’edificio e valore dell’area di sedime su cui lo stesso sorge. E che su tale base va effettuato il calcolo di quella di occupazione.

Infondato e’ invece il secondo motivo del ricorso con il quale i M. – C., deducendo violazione della L. n. 2359 del 1865, artt. 71 e 72 si dolgono che detto calcolo sia stato fondato sulla base di un saggio degli interessi annui pari al 5% costante per tutto il quinquennio in cui si e’ protratta l’occupazione, piuttosto che sulla base degli interessi legali annui, come enunciato dalla nota sentenza 493/1998 delle Sezioni Unite. Cio’ in quanto sia la decisione suddetta quanto quelle successive che hanno affrontato la questione, hanno ripetutamente avvertito che detta indennita’ deve essere liquidata in misura corrispondente ad una percentuale di quella dovuta per l’espropriazione, che ben puo’ corrispondere al saggio corrente degli interessi legali; e che tuttavia cio’ non implica che essa debba necessariamente adeguarsi alle fluttuazioni di tale saggio nel periodo considerato, essendo quello degli interessi legali soltanto un generico criterio di valutazione lasciato al prudente apprezzamento del giudice di merito: tenuto a dare congrua motivazione della scelta adottata (Cass. 8197/2005; nonche’ sez. un. 4211/2004).

A tale regola si e’ adeguata la Corte di appello, assolvendo fu all’obbligo della motivazione, dapprima attraverso l’accertamento della natura e del valore del fondo occupatele poi con il riferimento sia alla redditivita’ del suolo compreso in un P.I.P.; sia al potere di acquisto della moneta nel quinquennio 1990 – 1995, sia infine al rendimento netto dei titoli di Stato. Per cui spettava ai proprietari dimostrare a loro volta l’insufficienza e l’illogicita’ di detto apprezzamento documentando che l’utilizzazione delle aree ove rimasta in loro possesso avrebbe consentito la realizzazione di un reddito piu’ elevato: invece neppure prospettato da alcuno di essi.

Inammissibile, infine e’ il terzo motivo del ricorso con cui si dolgono che la misura dell’indennita’ accertata dalla sentenza sia inferiore a quella offerta dallo stesso comune, posto che nel ricorso manca qualsiasi riferimento a tale vicenda, percio’ risultando non autosufficiente al riguardo;e che il solo accenno a tale offerta, peraltro non formale perche’ non prevista dalla L. n. 865 del 1971, art. 20 la smentiscono assumendo i ricorrenti che il comune, dopo avere depositato la relativa somma (in luogo imprecisato) nel corso di un precedente giudizio relativo all’occupazione espropriativa delle medesime aree provvide poi a ritirarla senza porla nella loro disponibilita’. Cassata pertanto la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, siccome non occorrono accertamenti,la Corte deve decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. determinando la giusta indennita’ di occupazione dovuta a M. L. nella misura di Euro 86.583,40 e quella spettante a G. e C.C. nella misura di Euro 16.248,84, ferme restando le statuizioni della sentenza impugnata sugli interessi legali.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il secondo motivo di ricorso,dichiara inammissibile l’ultimo;

provvedendo sul primo, cassa la sentenza impugnata e,pronunciando nel merito,determina l’indennita’ di occupazione dovuta a M. L. nella misura di Euro 86.583,40 e quella spettante a C. G. e C.C. nella misura di Euro 16.248,84,oltre interessi legali dalle singole scadenze annuali sulle somme di anno in anno maturate. Condanna il comune di Grottolella al pagamento delle spese del giudizio di merito che liquida nella stessa somma stabilita nella sentenza impugnata,ed alle spese del giudizio di cassazione,che liquida nella somma complessiva di Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese generali ed agli accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2011

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