Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20999 del 13/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20999 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 25414-2007 proposto da:
LUXORO GIANFRANCO C.F.LXRGFR44TO1B789P, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avv.
GIUSEPPE CURRELI;
– ricorrente –

2013
1758

contro
e.Q/U+Art A(9I 5-9/

MAZZELLA GIORGIO,Vélettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato ORRU’ ANTONIO;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 13/09/2013

avverso la sentenza n. 311/2006 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 23/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/06/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;

in udienza dell’Avv. Orru’ Antonio difensore del
controricorrente che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udito l’Avvocato Manca Marcello con delega depositata

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12-2-1979 Luxoro
Gianfranco conveniva dinanzi al Tribunale di Cagliari Mazzella
Giorgio, assumendo di essere proprietario di un immobile sito in

lamentando che il convenuto, proprietario di un terreno confinante,
nel ricostruire e ristrutturare un fabbricato aveva commesso delle
violazioni delle norme sulle distanze. L’attore chiedeva, pertanto, la
condanna del convenuto alla demolizione delle parti di edificio
costruite illegalmente ed al risarcimento dei danni.
Nel costituirsi, il Mazzella negava la sussistenza delle dedotte
violazioni e chiedeva il rigetto della domanda.
Con sentenza in data 26-8-1992 il Tribunale adito condannava
il convenuto alla demolizione di parti del fabbricato, rigettando
invece la domanda di risarcimento danni.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il convenuto.
Con sentenza in data 23-9-2006 la Corte di Appello di
Cagliari, in accoglimento del gravame, rigettava la domanda di
demolizione. La Corte territoriale escludeva la sussistenza delle
dedotte violazioni delle norme del regolamento edilizio di
Carloforte, rilevando: a) che il muro a lato nord convenzionale era
stato ricostruito con dimensioni ridotte, sia per altezza che per
lunghezza, rispetto a quello preesistente; b) che il muro a lato est

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Carloforte, censito in catasto al f. 25 con i mappali 220 e 221, e

convenzionale era stato legittimamente realizzato sul confine, anche
per la parte (di cm. 70) eccedente la lunghezza originaria, in base al
principio della prevenzione, data l’inesistenza, in tale tratto, di
costruzioni fronteggianti; c) che la struttura realizzata sul lato est

considerata alla stregua di una terrazza o di un balcone, soggetti alla
distanza regolamentare di metri 4 dal confine, in quanto era sita al
livello di campagna, rispetto al quale non sporgeva in altezza, ed era
priva di parapetti elevati in altezza.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Luxoro
Gianfranco, sulla base di tre motivi.
Mazzella Giorgio ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla
determinazione dell’estensione del muro a lato nord convenzionale,
posto sul confine della proprietà Luxoro. Deduce che la Corte di
Appello, nel ritenere che il muro preesistente aveva un’estensione
superiore a quella attuale, ha immotivatamente privilegiato le
deposizioni dei testi di parte convenuta, trascurando gli accertamenti
eseguiti dal C.T.U. geom. Meloni, il progetto del geom. Granara di
sistemazione del vecchio fabbricato, approvato in data 1-2-1997 e

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convenzionale a distanza di un metro dal confine non poteva essere

allegato alla perizia del geom. Cabras (fig. 3), e le deposizioni dei
testi di parte attrice, da cui emergeva che l’estensione del predetto
muro non superava i 5,40 metri. Sostiene, pertanto, che per la parte
eccedente tale originaria consistenza il nuovo muro doveva rispettare

Il motivo è infondato.
La Corte di Appello ha fornito adeguata giustificazione delle
ragioni per le quali ha ritenuto certo che il muro a lato nord
convenzionale del fabbricato del co9nvenuto presenta attualmente
dimensioni minori rispetto a quelle originali.
Essa ha ritenute decisive, ai fini del suo convincimento, le
deposizioni rese dai testi Vacca Antonio e Vacca Gesuino, spiegando
che i medesimi, particolarmente attendibili in quanto hanno eseguito
i lavori di demolizione, ricostruzione e ristrutturazione del
fabbricato del convenuto e non appaiono legati da vincoli di
parentela o amicizia con nessuna delle parti in causa, hanno riferito
che il muro preesistente aveva una estensione, sia in altezza che in
lunghezza, maggiore rispetto a quella attuale. Ha fatto presente che
tali deposizioni trovano conferma in alcune fotografie, dalle quali si
evince chiaramente come il muro originario avesse un’altezza ed una
lunghezza superiore a quella attuale; ed ha aggiunto che il secondo
consulente tecnico d’ufficio nominato nel corso del giudizio di
appello ha riscontyrato sul luogo la presenza di tracce di un muro

la distanza di metri 4 dal confine.

fondato direttamente sulla roccia di un crinale naturale, sito sul
prolungamento del muro, la cui lunghezza si estende per circa m.
1,30 oltre il limite attuale.
La Corte territoriale, al contrario, ha ritenuto meno attendibili

medesimi, oltre a manifestare una minore precisione nel riferire le
circostanze, soprattutto all’epoca dei fatti, hanno reso dichiarazioni
in palese contrasto con le risultanze della prova di parte convenuta,
sicuramente attendibile in quanto proveniente dagli operai che
avevano eseguito i lavori di ridimensionamento del vecchio muro,
nonché con i dati oggettivi risultanti dalla documentazione
fotografica e dalle indagini del consulente tecnico d’ufficio.
Gli apprezzamenti espressi al riguardo dalla Corte di Appello
risultano sorretti da una motivazione esaustiva e congrua, che vale a
dar conto delle ragioni del preminente valore attribuito ad alcune
emergenze processuali a scapito di altre.
Ciò posto, si osserva che le censure mosse dal ricorrente con il
motivo in esame, oltre ad essere prive di autosufficienza, non
trascrivendo le dichiarazioni dei testi che si assume mal valutate
dalla Corte di Appello, si risolvono, in buona sostanza, nella
richiesta di una lettura delle emergenze processuali diversa rispetto a
quella compiuta dal .giudice del gravame, che, in quanto immune da
vizi logici, si sottrae al sindacato di questa Corte.

le dichiarazioni rese dai testi di parte attrice, rilevando che i

Come è noto, infatti, la valutazione delle risultanze delle prove
e il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie
risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la
motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di

quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una
esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti,
anche se allegati dalle parti (Cass. 7-1-2009 n. 42; Cass. 17-7-2001
n. 9662; Cass. 3-3-2000 n. 2404). I vizi di motivazione denunciabili
in cassazione ai sensi dell’art. 360 n, 5 c.p.c., pertanto, non possono
consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove
dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte,
perché spetta solo a quel giudice individuare le fonti del proprio
convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la
attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (Cass. 14-10-2010 n.
21224; Cass. 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006, n. 9368; Cass, 204-2006, n. 9234; Cass, 16-2-2006, n. 3436; Cass., 20-10- 2005 n.
20322).
2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e
falsa applicazione dell’art. 873 c.c. Sostiene che la Corte di
Appello, nel ritenere che la porzione del fabbricato del convenuto

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merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da

sito lungo il confine est convenzionale, per la parte (cm. 70)
eccedente la lunghezza (m. 9) del fabbricato originario, rispetta la
distanza di 8 metri tra le costruzioni prescritta dal regolamento
comunale di Carloforte, non ha considerato che tale regolamento

confine. Il motivo si conclude con la formulazione di un quesito di
diritto, ex rt. 366 bis c.p.c., con cui si chiede se in tema di distanze
legali le norme dei regolamenti comunali integrano la disciplina
dettata dal codice civile anche per quanto concerne le distanze di un
fabbricato rispetto al confine e non soltanto quelle tra costruzioni.
Il motivo è fondato.
La Corte di Appello, pur avendo accertato che l’originario
fabbricato del convenuto, nella parte eretta in aderenza al confine est
convenzionale, aveva una lunghezza di m. 9 e che, in occasione della
ricostruzione, tale misura è stata portata a m. 9,70, ha ritenuto che il
convenuto ben potesse edificare lungo il confine anche oltre il limite
del muro originario, in considerazione dell’inesistenza di qualsiasi
costruzione sulla perpendicolare del nuovo tratto di muro. Secondo il
giudice del gravame, il Luxoro era a tanto abilitato in base al
principio della prevenzione, avendo edificato per primo la nuova
costruzione lungo il confine, in una zona in cui non esistevano
costruzioni sul fondo vicino; con l’ulteriore rilievo che risultava
rispettata la distanza minima di metri 8 tra costruzioni, prescritta dal

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prevedeva anche un distacco minimo di 4 metri delle costruzioni dal

regolamento edilizio, dal momento che, nel punto più vicino, gli
edifici distavano tra loro m. 9.95.
Deve, peraltro, osservarsi che a pag. 9 della sentenza
impugnata si dà atto che la disciplina regolamentare in vigore nel
“I distacchi,

compresi eventuali sporti chiusi o a balcone, delle costruzioni dai
confini del lotto non devono essere inferiori a metri 4”.
La normativa edilizia locale, pertanto, non prevedeva soltanto
una distanza minima tra costruzioni, ma anche un distacco assoluto
degli edifici dal confine.
Ciò posto, si rammenta che, secondo il consolidato
orientamento di questa Corte, qualora, come nel caso in esame, gli
strumenti urbanistici stabiliscano determinate distanze delle
costruzioni dal confine e nulla aggiungano sulla possibilità di
costruire “in aderenza” od “in appoggio”, la preclusione di dette
facoltà non consente l’operatività della regola della prevenzione (tra
le tante v. Cass. 9-4-2010 n. 8465; Cass. Cass. 30-10-2007 n. 22896;
Cass. 7-8-2002 n. 11899; Cass. 13-6-1997 n. 5339). In tal caso,
pertanto, la distanza dal confine è assoluta e deve essere rispettata
anche da chi costruisce per primo (Cass. 5-4-2002 n. 4895; Cass. 146-1997 n. 5364; Cass. 19-5-1997 n. 4438; Cass. 2-8-1990 n. 7747).
Costituisce altresì principio pacifico in giurisprudenza quello
secondo cui le norme edilizie locali le quali prescrivono maggiori

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Comune di Carloforte prevedeva testualmente che

distanze nelle costruzioni fissandole in relazione al confine, anziché
direttamente tra le costruzioni medesime, hanno anch’esse carattere
integrativo della disciplina codicistica, con la conseguenza che la
loro violazione dà diritto a pretendere la riduzione in pristino, oltre

98 n. 12103; Cass. 18-6-98 n. 6088; Cass. 2-5-97 n. 3820; Cass. 8-71996 n. 6209; Cass. 24-6-96 n. 5831).
Nella specie, pertanto, la Corte di Appello, nel ritenere che la
porzione di fabbricato a lato est convenzionale eccedente la
dimensione dell’originario edificio era stata legittimamente eretta in
base alla regola della prevenzione, non ha fatto buon governo degli
enunciati principi, non avendo tenuto conto del distacco minimo
delle costruzioni dal confine, prescritto dalla normativa
regolamentare locale.
3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che dagli
accertamenti peritali è emerso che il Mazzella ha costruito a circa un
metro dal confine con la proprietà Luxoro un balcone di circa 4 metri
di superficie, sopraelevato di circa un metro rispetto al piano di
campagna. Sostiene che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto
che tale struttura non costituisse un vero sporto, soggetto alle
distanze dal confine, ma un semplice solaio di calpestio.

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al risarcimento dei danni (v. Cass. 3-11-2000 n. 14351; Cass. 28-il-

Il motivo è meritevole di accoglimento, apparendo carente il
percorso arogmentativo seguito dalla Corte territoriale per escludere,
in relazione all’opera eretta dal convenuto sul lato est convenzionale
dell’edificio, la dedotta violazione delle norme sulle distanze dal

confine..
Deve premettersi che, in tema di distanze legali fra edifici,
mentre non sono a tal fine computabili le sporgenze estreme del
fabbricato che abbiano funzione meramente ornamentale, di rifinitura
od accessoria di limitata entità, come la mensole, le lesene, i
cornicioni, le grondaie e simili, rientrano nel concetto civilistico di
“costruzione” le parti dell’edificio (quali scale, terrazze e corpi
avanzati) che, seppure non corrispondono a volumi abitativi coperti,
sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato
(Cass. 26-1-2005 n. 1556; Cass. 25-3-2004 n. 5963; Cass. 2-10-2000
n. 13001; Cass. 29-3-1999 n. 2986).
Nella specie, dalla lettura della sentenza impugnata si evince
che il convenuto ha realizzato, sul lato est convenzionale
dell’edificio, a distanza di un metro dal confine, un prolungamento
del solaio di copertura dello scantinato sottostante la camera da
pranzo, al quale si accede attraverso tre gradini con una ossatura in
cemento armato. Tale descrizione sembra evidenziare l’avvenuta
realizzazione, in aggiunta al preesistente fabbricato, di un vero e
proprio corpo di fabbrica, costituito dal prolungamento del solaio e

/

dalla relativa scala di accesso, che, determinando un apprezzabile
ampliamento in superficie e volumetria dell’edificio preesistente,
difficilmente può sottrarsi al regime delle distanze prescritto dal
codice civile e dalle norme regolamentari integrative.

manufatto abbia le caratteristiche per essere considerato alla stregua
di una terrazza o di un balcone, non ha valutato se l’opera in
questione, a prescindere dalla sua natura di terrazza o balcone,
costituisca comunque una costruzione, soggetta, in base alla
richiamata norma edilizia locale, alla distanza minima di quattro
metri dal confine.
4) Per le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve essere
cassata in relazione al secondo e al terzo motivo di ricorso, con
rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di
Cagliari, la quale, con riguardo al secondo motivo, dovrà attenersi ai
principi di diritto innanzi indicati, e con riguardo al terzo motivo
dovrà colmare le evidenziate carenze motivazionali.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente
grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso,
rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi

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Orbene, la Corte di Appello, nell’escludere che il predetto

accolti e rinvia anche per le spese ad altra Sezione della Corte di
Appello di Cagliari.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26-6-2013
Il Presidffte

Il Consigliere estensore

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