Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20997 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 02/10/2020), n.20997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 32623 del ruolo generale dell’anno 2018,

proposto da:

V.A. (C.F.: (OMISSIS));

VI.Ma. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi

dall’avvocato Michele Troisi (C.F.: (OMISSIS));

– ricorrenti –

nei confronti di:

PROVINCIA DI SALERNO (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Presidente,

legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso

dall’avvocato Francesco Tedesco (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Salerno n.

482/2018, pubblicata in data 16 aprile 2018;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 2 luglio 2020 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.A. e Vi.Ma. hanno agito in giudizio nei confronti della Provincia di Salerno per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’invasione di un loro fondo agricolo da parte di cinghiali selvatici.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Salerno La Corte di Appello di Salerno ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono il V. e la Vi., sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la Provincia di Salerno.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Error in procedendo et iudicando (art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione dell’art. 112 c.p.c. – Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia. (art. 360 c.p.c. n. 4). Violazione dell’art. 132 c.p.c.. Nullità della sentenza per motivazione apparente”.

Con il secondo motivo si denunzia “Error in iudicando et in procedendo (art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione e falsa applicazione della L. Reg. Campania n. 8 del 1996, art. 8 e della L. n. 157 del 1992, art. 26 (art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione dell’art. 2043 c.c. applicato ad una fattispecie concreta da esso non regolata. (art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione dell’art. 112 c.p.c., vizio di ultra o extra petizione. (art. 360 c.p.c., n. 4). Violazione dell’art. 132 c.p.c.. Nullità della sentenza per motivazione apparente su un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti”.

Con il terzo motivo si denunzia “Error in iudicando (art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione e falsa applicazione della L. Reg. Campania n. 8 del 1996, art. 8 e della L. n. 157 del 1992, art. 26. (art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione dell’art. 112 c.p.c., vizio di ultra o extra petizione”.

I tre motivi del ricorso sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono manifestamente infondati.

I ricorrenti censurano la decisione impugnata in relazione alla individuazione della Regione come unico ente passivamente legittimato, sul piano sostanziale, a rispondere dei danni provocati da animali selvatici protetti (cinghiali) ad un loro fondo agricolo ed alla conseguente esclusione della legittimazione sostanziale passiva della Provincia

Sostengono, in particolare, di avere agito in giudizio per ottenere l’indennizzo di cui alla L. della Regione Campania 10 aprile 1996, n. 8, art. 26 e non il risarcimento dei danni per la responsabilità extracontrattuale dell’ente deputato al controllo sulla fauna selvatica protetta (o quanto meno non solo quest’ultimo), diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito. Affermano che l’ente tenuto al pagamento dell’indennizzo in questione è la Provincia, che infatti aveva loro riconosciuto un determinato importo a tale titolo, importo da essi ritenuto però non satisfattivo.

Ai fini della decisione del ricorso viene innanzi tutto in rilievo la discussa questione della individuazione del soggetto, pubblico o privato, tenuto a rispondere dei danni causati dagli animali selvatici protetti.

Orbene, sul punto va premesso che, nell’individuare la Regione quale legittimata passiva sul piano sostanziale per l’azione risarcitoria ordinaria per responsabilità extracontrattuale, la decisione impugnata è sostanzialmente conforme all’indirizzo di questa Corte, di recente puntualizzato in alcune pronunzie della Terza Sezione Civile (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7969 del 20/04/2020, Rv. 657572 – 01-02-03; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 8384 del 29/04/2020; Sez. 3, Sentenza n. 8385 del 29/04/2020), in cui sono stati affermati i seguenti principi di diritto, cui intende darsi continuità:

“i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 c.c., giacchè, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema”;

“nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c. c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonchè delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti; la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”;

“in materia di danni da fauna selvatica a norma dell’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure – concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi”.

Essendo la Regione l’ente legittimato passivo sul piano sostanziale per la responsabilità nei confronti dei terzi, ai sensi dell’art. 2052 c.c., secondo la ricostruzione sistematica contenuta nei precedenti di legittimità sopra indicati, la legittimazione della Provincia deve ritenersi correttamente esclusa, con riguardo alla domanda di risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale.

I ricorrenti sostengono in realtà di avere chiesto in giudizio esclusivamente l’indennizzo di cui alla L. della Regione Campania 10 aprile 1996, n. 8, art. 26 e non il risarcimento dei danni per responsabilità extracontrattuale, o quanto meno di avere proposto entrambe le domande; ritengono pertanto erronea la decisione impugnata, nella parte in cui ha invece ritenuto essere stata proposta esclusivamente una domanda di risarcimento dei danni, a titolo di responsabilità extracontrattuale.

Orbene, va in primo luogo precisato, in linea generale, che l’indennizzo corrisposto dalla provincia ai sensi della legge regionale n. 8 del 1996 non costituisce risarcimento del danno conseguente ad illecito aquiliano, onde esso non deve necessariamente prevedere l’integrale ristoro del pregiudizio subito dal privato ed è dovuto esclusivamente alle condizioni e nei limiti derivanti dalla normativa regionale e locale (anche in relazione alla determinazione dell’ammontare della somma a tale titolo riconoscibile all’istante).

Di conseguenza, laddove il danneggiato pretenda invece l’integrale risarcimento del danno subito, a prescindere dalle condizioni e dalle limitazioni previste dalla normativa locale, la sua azione sarà necessariamente da qualificare come ordinaria azione risarcitoria.

Resta naturalmente ferma la possibilità di contestare specificamente la corretta applicazione dei criteri di liquidazione dell’indennizzo previsti dalla normativa regionale e locale.

Sotto tale ultimo aspetto il ricorso risulta peraltro inammissibile in quanto in esso, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non è richiamato specificamente il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio (con la trascrizione della sua parte rilevante o quanto meno la sua precisa localizzazione), in base al quale dovrebbe effettuarsi la verifica degli assunti degli stessi ricorrenti in ordine all’erronea interpretazione che ne avrebbe dato la corte di appello e quindi valutare se, nella specie, fosse stata avanzata una specifica contestazione in relazione alla corretta applicazione dei criteri previsti dalla normativa regionale e locale per la liquidazione dell’indennizzo previsto dalla legge regionale n. 8 del 1996 e non solo una generica richiesta di integrale risarcimento del danno causato dagli animali selvatici al fondo di parte attrice.

Non possono dunque ritenersi rilevanti, ai fini della decisione, le argomentazioni offerte in proposito (con specifico riguardo alla legittimazione passiva della provincia in relazione all’azione avente ad oggetto il suddetto indennizzo) nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, in merito al recente indirizzo di questa Corte secondo cui “in tema di danni sofferti dal privato proprietario di un fondo danneggiato dalla fauna selvatica, la domanda di condanna della P.A. al pagamento dell’indennizzo riconosciuto dalla L.R. Campania n. 8 del 1996, art. 26, va proposta nei confronti della regione, indipendentemente dalla data di verificazione del fatto, atteso che le funzioni di controllo del territorio, prima delegate alle province, sono state ritrasferite alla regione dalla L. R. Campania n. 14 del 2015, art. 3 e che la L. n. 56 del 2014, art. 1, comma 96, lett. c), recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, prevede che l’ente subentrante nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compresi quelli contestati in sede giudiziale” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9626 del 19/04/2018, Rv. 648313 – 01; in base a tale indirizzo, anche con riguardo alla domanda di pagamento dell’indennizzo di cui alla L. della Regione Campania 10 aprile 1996, n. 8, art. 26, la legittimazione passiva sul piano sostanziale andrebbe in realtà riconosciuta esclusivamente in capo alla Regione).

Sulla base di quanto sin qui esposto, la decisione impugnata va in definitiva confermata, essendo corretto il dispositivo finale, con correzione della relativa motivazione, in coerenza con i principi di diritto in precedenza richiamati.

2. Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione dell’oggettiva incertezza interpretativa sussistente in ordine alle questioni giuridiche esaminate.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

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