Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20995 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2021, (ud. 26/03/2021, dep. 22/07/2021), n.20995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4683/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.M.G. rappresentata e difesa dall’avv. Michele

Castellano, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato

Arnaldo Del Vecchio in Roma, viale Mazzini 73;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, n. 1490/6/14, depositata il 23 giugno 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2021

dal Consigliere Adet Toni Novik.

 

Fatto

RITENUTO

che:

– l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza resa dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, n. 1490/6/14, depositata il 23 giugno 2014, che ha accolto l’appello di G.M.G. il cui ricorso avverso gli avvisi di accertamento per Iva, Irpef ed altro, relativi agli anni di imposta 2007, era stato respinto dalla commissione tributaria provinciale di Bari;

– risulta dagli atti, che con gli avvisi di accertamento impugnati l’agenzia delle entrate aveva recuperato l’Iva in relazione a fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti dalla ditta D’Auto di M.D.L., ritenuta soggetto interposto;

– la CTP, secondo la CTR, aveva respinto il ricorso della contribuente sull’assunto che la società fornitrice fosse una cartiera, siccome priva di struttura organizzativa e evasore totale; tuttavia, il primo giudice non aveva spiegato sulla base di quali elementi probatori la contribuente, titolare della ditta individuale “Motauto 2C di G.M.G.”, fosse stata consapevole della frode “carosello” o che le autovetture fossero state acquistate ad un prezzo inferiore al valore di mercato;

– ad avviso della CTR, inoltre non era stato provato che la contribuente avesse omesso la dovuta diligenza nei rapporti con il fornitore, attesa la notorietà dello stesso come commerciante pluriennale di autovetture, la regolarità della costituzione, dei documenti contabili e dei pagamenti; la stessa contribuente con le sue dichiarazioni aveva tenuto un comportamento incompatibile con un intento frodatorio; la stessa aveva fornito un prospetto documentato di confronto tra prezzi di acquisti e di mercato, estrapolati da Eurotax 2007, dal quale emergeva che il valore degli acquisti era stato superiore a quello desunto da fonti ufficiali; ravvisava, quindi, l’esistenza di un quadro probatorio sufficiente ad escludere il coinvolgimento consapevole della contribuente dal disegno fraudolento posto in essere dalla fornitrice D’Auto di M.D.L.;

– la contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il motivo, l’agenzia eccepisce la “violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21, e degli artt. 2697 e 2700 c.c. – Omessa considerazione dei fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”: in primo luogo rileva come la “notorietà” della ditta fornitrice riposasse solo sulle dichiarazioni della contribuente, ma non era stata dimostrata con ulteriore documentazione, laddove le indagini dei verbalizzanti avevano evidenziato la mancanza di strutture; nessun elemento favorevole poteva trattarsi dalla regolarità della documentazione contabile, tipicamente presente in tutte le operazioni di fatture inesistenti; la sentenza impugnata aveva omesso di considerare che la sottofatturazione del prezzo di acquisto delle auto risultava dal PVC contro il quale non era stata proposta querela di falso, non ovviabile con la produzione del listino Eurotax; in secondo luogo, prescindendo dal sottocosto, la CTR non avrebbe dovuto ignorare che la venditrice era una ditta priva di strutture e competenze, non in grado di operare se non come cartiera; in ogni caso, osserva, anche se per alcuni beni non si era riscontrato un sottocosto, il lucro derivava dal risparmio dell’Iva; inammissibilmente la CTR aveva tratto elementi favorevoli dalle interessate dichiarazioni rese dalla parte, le quali al contrario potevano essere utilizzate contro di lei, in particolare nella parte in cui aveva affermato di aver ritirato le autovetture parcheggiate sulla pubblica strada, ciò dimostrando la mancanza di una struttura organizzata;

– quanto alla consapevolezza da parte della contribuente della interposizione, la ricorrente richiama quanto “attestato dal primo giudice con valore fidefaciente e incontestato dall’appellante”; sul punto della buona fede, infine, l’acquisto sottocosto da un soggetto privo di strutture erano elementi presuntivi sufficienti a far sorgere a carico della contribuente l’onere della prova contraria;

– in ordine ai prezzi di acquisto delle auto e alla sottofatturazione, l’agenzia riporta sinteticamente le parti alle quali la CTR avrebbe dovuto attribuire attestazione fidefaciente: i verbalizzanti avevano affermato che per le 2 auto del 2007 “il prezzo di vendita… è risultato inferiore ai valori d’acquisto delle stesse merci”, ma per tutte le auto i prezzi erano stati “sensibilmente inferiori alle quotazioni di mercato pubblicate da riviste specializzate del settore quali QUATTRORUOTE – CAMBIO – Al VOLANTE”;

– la censura è inammissibile;

– questa Corte, in ordine a quanto attestato nel PVC, rammenta che, in tema di accertamenti tributari, il PVC assume un valore diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, potendosi distinguere al riguardo un triplice livello di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi – e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi – esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore (Sez. 5 -, Ordinanza n. 24461 del 05/10/2018, Rv. 651211 01; Sez. 5 -, Sentenza n. 28060 del 24/11/2017, Rv. 646225 – 02);

– nel caso di specie, le affermazioni della Guardia di Finanza, erano di natura meramente valutativa e ad esse non può essere attribuito nessun valore fidefaciente, sicché, come avvenuto, esse erano liberamente valutabili dalla CTR che, sulla base della rivista di settore Eurotax, notoriamente utilizzata per il calcolo delle quotazioni automobilistiche, ha accertato che il prezzo di acquisto era stato superiore a quello portato da tale fonte; del resto, è la stessa agenzia che è costretta a riconoscere che il sottocosto poteva non esserci;

– tale constatazione ha fatto ritenere, per conseguenza, alla CTR che detti elementi non fornivano la prova della consapevolezza della contribuente di partecipare ad una frode carosello, e tale convincimento è stato avvalorato con l’affermazione che non era possibile “addebitare alla contribuente di non aver usato la comune diligenza, avendo avuto rapporti con una società regolarmente costituita registrata, nota e operante sul mercato dell’auto da diversi lustri”;

– pur deducendo una violazione di legge, surrettiziamente il ricorso richiede una rivalutazione dei fatti di causa, che non è consentita in sede di legittimità, e si pone in contrasto con il principio per cui il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass., ord., 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715); infatti, il sindacato sulla motivazione, in relazione alla ricostruzione della quaestio facti e alla prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa, è percorribile, solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, attraverso la denuncia dell’omesso l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione (cfr. Cass., sez. un., 24 gennaio 2018, n. 1785), il che non è avvenuto nella fattispecie in quanto la CTR ha preso in esame tutti gli elementi di fatto addotti dalla ricorrente per affermare che le operazioni erano soggettivamente inesistenti, di guisa che, le opinioni espresse dall’agenzia sì limitano a postulare un apprezzamento diverso dei fatti, senza considerare che il sindacato di legittimità non consente di riesaminare il merito della vicenda processuale, ma solo di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi;

– fuori dal sistema processuale è l’affermazione che si legge in ordine al “valore fidefaciente e incontestato” da riconoscere a quanto “attestato dal primo Giudice” sulla “realtà dell’interposizione”, in palese contrasto con la struttura marcatamente di revisio prioris istantiae, riacquisita oramai dal giudizio di appello ordinario, che si conclude con pronunzia che ha natura ed effetto sostitutivo di quella gravata;

– pertanto, il ricorso non può essere accolto;

– nulla per le spese: rileva il Collegio che, in relazione alla notificazione a mezzo posta, è consolidato l’orientamento della Corte secondo il quale, per il perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario, è necessario ch’egli abbia ricevuto l’atto o che esso sia pervenuto nella sua sfera di conoscibilità; e che l’unico documento idoneo a fornire tale dimostrazione, nonché della data in cui essa è avvenuta e dell’identità ed idoneità della persona cui il plico sia stato consegnato, è la ricevuta di ritorno della raccomandata (L. n. 890 del 1982, citato art. 149, e art. 4, commi 3 e 8); ovvero, per il caso di suo smarrimento o distruzione, il duplicato rilasciato dall’ufficio postale. Così che, quando la legge – nel caso l’art. 370 c.p.c. – richiede la notificazione del controricorso ed il notificante non ottemperi, come nella specie, all’onere di depositare in giudizio la ricevuta di ritorno, il controricorso è inammissibile.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara inammissibile il controricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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