Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20995 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 02/10/2020), n.20995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35488-2018 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI

LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO BOEM;

– ricorrente –

contro

S.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1396/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 21/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 9 dicembre 2017, rigettava le domande, proposte da B.M. nei confronti di S.E., di dichiarazione di nullità del contratto di locazione tra loro stipulato il 20 gennaio 2012 per inidoneità dell’immobile all’uso non abitativo cui era destinato, di annullamento dello stesso contratto per errore sulle qualità essenziali del bene locato, di risoluzione del contratto per inadempimento ex art. 1575 c.c., n. 2, della locatrice, e di condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni.

Il B. proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Brescia rigettava con sentenza del 21 settembre 2018.

Il B. ha proposto ricorso, articolato in cinque motivi, dal quale l’intimata non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione di norme di diritto, e in particolare violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 232 c.p.c..

La Corte d’appello non avrebbe tenuto conto della mancata comparizione della S. per rendere l’interrogatorio formale. Entrambi i giudici di merito non avrebbero dato rilievo a ciò, rilievo che invece sussisterebbe in ordine alle trattative effettuate prima della stipulazione del contratto e in ordine alla consegna dei documenti necessari per conseguire l’autorizzazione amministrativa all’esercizio dell’attività commerciale. E di ciò non vi sarebbe alcuna menzione nella sentenza impugnata.

Si tratta, evidentemente, di una censura che investe la valutazione del compendio probatorio effettuata dai giudici di merito, mirando il ricorrente ad attribuire un rilievo ad un elemento probatorio negativo – la mancata comparizione per l’interrogatorio – che evidentemente, seppur implicitamente, la corte territoriale non ha ritenuto sussistere.

Trattandosi allora di valutazione di merito, il motivo è inammissibile

2. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 1578 c.c..

Durante la causa sarebbe emersa “la mancanza delle autorizzazioni e delle concessioni amministrative circa l’idoneità dei locali” ad una attività commerciale, il che avrebbe costituito violazione dell’art. 1578 c.c.. Seguono ulteriori rilievi relativi ai fatti della vicenda.

Anche questo motivo mira in realtà, con evidenza in equivoca, ad una revisione del compendio probatorio che viene perseguita in sede di legittimità, incorrendo quindi in una evidente inammissibilità.

3. Il terzo motivo denuncia omessa considerazione di “un aspetto fondamentale” della causa, cioè la “impossibilità del conduttore di pervenire alla modifica dell’assetto strutturale” dell’immobile; inoltre denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 1321 c.c., in relazione all’art. 1372 c.c..

La corte territoriale avrebbe affermato che i vizi avrebbero dovuto essere eliminati dal conduttore, il che contrasterebbe però con il contenuto del contratto. Anche qui seguono rilievi relativi ai fatti della vicenda.

Anche questa censura, pur tentando di schermare il suo effettivo contenuto con argomentazioni di diritto, patisce una sostanza direttamente fattuale, relativa qui alla interpretazione del contratto e agli ulteriori argomenti fattuali in cui poi il motivo si è sviluppato. Inammissibilità pertanto sussiste.

4. Il quarto motivo si riferisce ad una “fatto storico il cui esame è stato omesso”, cioè alla mancata valutazione del comportamento della parte “in ordine alla assunzione della prova per interrogatorio formale”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il fatto storico consisterebbe nella mancata comparizione da parte della S. a rendere l’interrogatorio formale.

Si tratta di una palese riproposizione del primo motivo, in quanto la mancata comparizione a rispondere all’interrogatorio non può che essere valutata, nella sua portata probatoria, dal giudice di merito. Del primo motivo, quindi, il presente motivo condivide l’inammissibilità.

5. Il quinto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, omessa ammissione di consulenza tecnica d’ufficio senza giustificazione alcuna, sia da parte del Tribunale sia da parte della Corte d’appello; si denuncia pure vizio motivazionale e violazione dell’art. 2697 c.c..

Si è dinanzi ad una ulteriore richiesta di revisione fattuale, in quanto è evidente che non disponendo la consulenza tecnica d’ufficio la corte territoriale ne ha escluso la rilevanza per valutare e se necessario integrare il compendio probatorio, la cui interpretazione, si nota poi ad abundantiam, è stata strutturata in modo chiaro e completo nella motivazione con cui il giudice d’appello l’ha esternata. Anche questo motivo, dunque, è inammissibile.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non essendovi luogo a pronuncia sulle spese del grado, dal momento che l’intimata non si è difesa.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e non luogo a provvedere sulle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

 

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