Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20994 del 08/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/09/2017, (ud. 09/02/2017, dep.08/09/2017),  n. 20994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3775/2016 proposto da:

CAFFE’ LA ROSA BLU SAS, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO CERCHIA;

– ricorrente –

contro

A.A., B.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA G. AVEZZANA 1, presso lo studio dell’avvocato ORNELLA

MANFREDINI, rappresentati e difesi dall’avvocato EZIO MARCON;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2010/2015 della CORTI D’APPELLO di TORINO,

depositata l’11/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO

SCARANO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., dell’11/11/2015 la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato inammissibile, per tardività, il gravame interposto dalla società Caffè La Rosa Blu s.a.s. in relazione alla pronunzia Trib. Torino n. 1463 del 2015, per essere stata la citazione in appello notificata l’ultimo giorno utile ex art. 325 c.p.c. e depositato in Cancelleria per l’iscrizione a ruolo oltre il termine di 30 giorni dalla notificazione della sentenza ex artt. 325,326 c.p.c..

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Caffè La Rosa Blu s.a.s. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.

Resistono con controricorso i sigg. B.R. e A.A..

La relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Con unico motivo il ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 359 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che “ogni procedimento viene individuato in relazione all’atto finale”, sicchè “l’effetto di tutto il procedimento non dipenderà dal singolo atto, ma da quello finale / sentenza), per cui se la sentenza di primo grado è stata prodotta sulla scorta di un iter procedimentale – normativamente previsto – la Corte d’Appello dovrà emettere sentenza, applicando lo stesso (ed intero) procedimento del primo grado… Pertanto, il rito locatizio è sì un procedimento a sè stante, che inciderebbe sul rito da adottare in Corte d’Appello, ma se calato in un procedimento contenete due riti, uno dei quali introduttivo, non può che considerarsi, quello speciale, parte dell’intero procedimento, utile al prosieguo dello stesso (sia in primo che in secondo grado). Scegliere solo uno dei due “riti”, in un procedimento “ibrido”, significherebbe identificare uno di essi (quello ordinario o quello speciale) come “procedimento”, incorrendo in una violazione della norma di diritto che non privilegia il rito, ma il procedimento (complessivamente considerato), per l’emanazione di una valida ed efficace sentenza”.

Il ricorso è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

Risulta nell’impugnato provvedimento fatta applicazione del consolidato principio in base al quale nelle controversie in materia di locazione, alle quali è applicabile, ai sensi dell’art. 447-bis c.p.c., il rito del lavoro, la proposizione dell’appello si perfeziona con il deposito dell’atto in cancelleria nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero, in caso di mancata notifica, nel termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. e ciò anche se l’appello sia proposto erroneamente con la forma della citazione, assumendo rilievo in tal caso solo la data di deposito della medesima (v. Cass., 22/4/2010, n. 9530; Cass., 12/3/2004, n. 5150; Cass., 1/2/2001, n. 1396).

Orbene, l’esame del motivo non offre elementi per mutare orientamento al riguardo (art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1).

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 2.400,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2017

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