Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2099 del 29/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 2099 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 24093-2016 proposto da:
OTTAVIANELLI ALBERTO, RICCARDI GIANNI, PARSI DORIANO,
DECI GIORGIO, CARLACCINI IGNAZIO, CATALUCCI LANFRANCO,
NUSTRIANI ANGELO, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE MAllINI 114/B, presso lo studio dell’avvocato
FERDINANDO EMILIO ABBATE, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ANGELO GIULIANI;
– ricorrenti contro

2017
2630

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 29/01/2018

avverso il decreto n. 465/2016 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositata il 11/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con decreto depositato
1’11/3/2016, giudicando in sede di rinvio, condannò il Ministero della
Giustizia a pagare in favore di Lanfranco Catalucci, Ignazio Carlaccini,
Giorgio Deci, Angelo Nustriani, Alberto Ottavianelli, Donano Parsi e
Gianni Riccardi la somma di C 4.417,00 ciascuno, a titolo d’equo

nonché le spese processuali, liquidate, per la fase del giudizio di
rinvio, in complessivi C 600,00, oltre spese vive per C 33,80 e
accessori, distratte in favore dei difensori antistatari;
che avverso il predetto decreto i predetti propongono ricorso,
ulteriormente illustrato da memoria, esponendo, con l’unitaria
censura posta a corredo dello strumento, che la Corte di merito aveva
violato o falsamente applicato gli artt. 91, cod. proc. civ. e 2233, cod.
civ., nonché il d.m. n. 55/2014, per avere liquidate il rimborso spese
della fase di rinvio al disotto del minimo legale;
che l’Amministrazione intimata resiste con controricorso,
ulteriormente illustrato da memoria;
considerato che l’opinione secondo la quale il decreto del
Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui
stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4)
non poteva considerarsi derogativo del decreto n. 140, emesso dallo
stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i
compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia,
al suo art. 1, comma 7, dispone che «In nessun caso le soglie
numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che
nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e
nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa>>,
non è condivisa dalla Corte, in quanto: come ricorda lo stesso
controricorrente, il d.m. n. 140 risulta essere stato emanato (d.l. n.
1/2012, conv. nella I. n. 27/2012) allo scopo di favorire la
liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle

indennizzo per la non ragionevole durata di un processo civile,

indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi,
così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo
assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale;
per contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione
giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal d.m. n. 55, il quale

temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poiché,
diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente,
non è il d.m. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare
la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti,
l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in
cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso
o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il d.m. n.
55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel
regolare le spese di causa;
considerato che la liquidazione effettuata dalla Corte locale in
complessive C 600,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal d.m. n.
55, tenuto conto di valore della causa (da C 1.100,01 a C 5.200,00) e
pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale
semplicità dell’affare (art. 4, cit.);
considerato che a motivo dell’esposto il provvedimento gravato
deve essere cassato e, sussistendone le condizioni, decisa la causa
nel merito, il complessivo compenso può essere liquidato in C 1198,5,
non ravvisandosi ragioni, tenuto conto della medesimezza delle
questioni trattate, per far luogo all’aumento facoltativo per il numero
delle parti assistite, (C 255,00 per la fase di studio, C 255,00 per la
fase introduttiva, C 283,50 per la fase istruttoria, C 405,00 per la fase
decisionale), oltre, spese vive per C 33.80, IVA e contributo ex art. 11
I. n. 576/1980, con distrazione in favore dagli avv.ti Angelo Giuliani e
Ferdinando Emilio Abbate, che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi
antistatari;

4

non prevale sul d. m. n. 140 per ragioni di mera successione

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e
possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo,
tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle
attività espletate;
P.Q.M.

merito, liquida a titolo di spese, ponendo la somma a carico del
Ministero controricorrente, per il giudizio di merito svoltosi innanzi
alla Corte d’appello di Perugia, in sede di rinvio, l’importo complessivo
di C 1198,5, oltre spese vive per e 33,80, oltre spese generali ed
accessori, distratto in favore degli avv.ti Angelo giuliani e Ferdinando
Emilio Abbate; condanna il predetto Ministero al pagamento, in favore
dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in
favore avv.ti Angelo Giuliani e Ferdinando Emilio Abbate, che liquida
in C 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del
15 per cento e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il giorno 18 ottobre 2017.

accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e, decidendo nel

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