Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2099 del 24/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2019, (ud. 19/12/2018, dep. 24/01/2019), n.2099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10441-2016 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli

avvocati EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI;

– ricorrente –

contro

R.I. nella qualità di Amministratore di sostegno di

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO 2, presso lo

studio dell’avvocato SABRINA ROSSI, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 139/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2018 dal Consigliere Dott. DORONZO ADRIANA.

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso proposto da R.F., rappresentato dall’amministratore di sostegno pro tempore, R.I., volto ad ottenere la pensione per sordomutismo e l’indennità di comunicazione previsti dalla L. n. 381 del 1970;

la Corte d’appello di Milano, in accoglimento dell’impugnazione proposta dal R., ha invece accolto la domanda e condannato l’Inps al pagamento delle prestazioni richieste dalla data della revoca;

contro la sentenza ricorre per cassazione l’Inps e formula due motivi (l’ultimo è erroneamente indicato con il numero tre); nonostante la regolarità della notificazione il R. non svolge attività difensiva;

la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

il R. deposita memoria ex art. 380 bis c.p.c. con cui chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile per difetto di autosufficienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente, deve darsi atto della ammissibilità della memoria depositata dalla parte intimata pur senza la previa notifica del controricorso nel termine previsto dall’art. 370 c.p.c., atteso che “in tema di rito camerale di legittimità di cui alla L. n. 197 del 2016, art. 1-bis, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 168 del 2016, applicabile, ai sensi del comma 2 della stessa norma, anche ai ricorsi depositati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione per i quali non sia stata ancora fissata l’udienza o l’adunanza in camera di consiglio, alle parti costituitesi tardivamente nei corrispondenti giudizi deve essere riconosciuto il diritto di depositare memorie scritte, nel termine di cui all’art. 380-bis c.p.c. al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza ed in attuazione del principio costituzionale del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. oltre che dell’art. 6 CEDU.” (Cass. 27/7/2017, n. 18673, che richiama Cass. 27/02/2017 n. 4906; v. pure Cass. ord. 24/05/2017, n. 13093);

il ricorrente propone due motivi di ricorso:

– violazione e falsa applicazione della L. 26 maggio 1970, n. 380, artt. 1 e ss., della L. 29 febbraio 1980, n. 33, art. 14 septies e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

– omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;

critica la sentenza nella parte in cui non ha accertato la sussistenza del requisito reddituale richiesto per il riconoscimento della pensione non reversibile per sordomuti;

– i motivi, che si affrontano congiuntamente in quanto connessi, sono manifestamente fondati;

– la Corte d’appello di Milano ha riconosciuto il diritto alla prestazione, nella sussistenza dei requisiti sanitari, senza tuttavia verificare il possesso da parte del ricorrente del requisito reddituale, il quale è invece richiesto per il riconoscimento della pensione di cui alla L. 26 maggio 1970, n. 381, art. 1, comma 2;

deve escludersi che sul punto si sia formato il giudicato, in mancanza di un appello incidentale da parte dell’Inps, il quale era carente di interesse alla proposizione dell’impugnazione, essendo risultato totalmente vittorioso nel merito e avendo solo l’onere di riproporre in sede di gravame le questioni e le eccezioni già sollevate in prime cure; onere che, come emerge dalla lettura del ricorso, è stato puntualmente assolto in sede di appello, in cui l’Inps ha contestato la fondatezza della domanda attrice in quanto non supportata dal possesso delle condizioni cliniche e reddituali previste per legge (pag. 9 della memoria di costituzione dell’Inps in appello e depositata unitamente al presente ricorso);

sotto questo profilo, contrariamente a quanto sostiene la parte intimata nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., il ricorso è sorretto dalla necessaria specificità e autosufficienza;

va peraltro ribadito che, in sede di impugnazione, l’esame di questioni pregiudiziali o preliminari rilevabili d’ufficio resta precluso per effetto del giudicato interno formatosi sulla pronuncia che abbia esplicitamente risolto tali questioni, ovvero sulla pronuncia che nel provvedere su alcuni capi della domanda, abbia necessariamente statuito per implicito sulle stesse;

nel caso in esame, non può dirsi formato il giudicato implicito sulla sussistenza dei requisiti reddituale e socio economico – tale, cioè, da precluderne il rilievo d’ufficio o su eccezione di parte in sede di appello – atteso che la sentenza del Tribunale ha rigettato la domanda per la ritenuta insussistenza del requisito sanitario, senza statuire neppure per implicito sugli altri requisiti, il cui esame è rimasto assorbito e su cui pertanto non può dirsi formato il giudicato (Cass., 8 luglio 2014, n. 15583; Cass., 9 ottobre 2012, n. 17219; cfr. da ultimo, Cass. 3 ottobre 2016, n. 19705);

la pensione non reversibile per sordomuti richiede, per il suo riconoscimento, che l’assistibile possieda un reddito inferiore ad una soglia legislativamente stabilita;

la L. 26 giugno 1970, n. 381, art. 1, prevede il diritto all’assegno di assistenza, successivamente trasformato in pensione non reversibile dal D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, convertito dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33, ai sordomuti, ossia “al minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva, che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato…”;

la L. 20 febbraio 2006, n. 95, art. 1, ha disposto che in tutte le disposizioni legislative vigenti, il termine “sordomuto” è sostituito con l’espressione “sordo”;

il D.L. 23 dicembre 1976, n.850, convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 1977, n. 29, ha disposto (con l’art. 3-bis, comma 5) che “La L. 26 maggio 1970, n. 381, art. 1, comma 4, e successive modificazioni, è abrogato, fermi restando i limiti di reddito indicati all’art. 1 del presente decreto”;

il D.L. n. 850 del 1976, art. 1, ha così disposto: “Con decorrenza 1 gennaio 1977, i limiti di reddito di cui al D.L. 2 marzo 1974, n. 30, artt. 6 e 10, convertito nella L. 16 aprile 1974, n. 114, quali modificati con la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 7, comma 2, sono elevati, per i ciechi assoluti e per i sordomuti, da Lire 1.560.000 a Lire 3.120.000 e vengono annualmente aumentati in misura pari all’aumento dell’importo della pensione sociale.”;

tali limiti di reddito sono stati via via ridefiniti sulla base degli indicatori dell’inflazione e del costo della vita (L. n. 33 del 1980, art. 14 septies);

la sentenza impugnata non ha compiuto il necessario accertamento sulla sussistenza del requisito reddituale, con la conseguenza che essa deve essere cassata e la causa rinviata ad altro giudice d’appello per un riesame della fattispecie alla luce dei principi di diritto su affermati;

il giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 19 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2019

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