Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20983 del 08/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 08/09/2017, (ud. 16/05/2017, dep.08/09/2017),  n. 20983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19738-2012 proposto da:

ZURICH INSURANCE PLC RAPPRESENTANZA GENERALE ITALIA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA F. CONFALONIERI 2, presso lo studio dell’avvocato

GIANFRANCO PARISI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MANFREDO VITALIANO LAVIZZARI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

LORENZETTI ANNA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI MALANDRINO, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3031/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/06/2012 R.G.N. 1565/2011;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RITENUTO

LA CORTE:

ESAMINATI gli atti e sentito il consigliere relatore dr. Federico De Gregorio;

RILEVATO che ZURICH INSURANCE PLC – rappresentanza generale per l’Italia – con ricorso in data tre – sei settembre 2012 ha impugnato la sentenza n. 3031/ due aprile – 4 giugno 2012, con la quale la Corte d’Appello di ROMA, in riforma della gravata pronuncia, condannava l’attuale ricorrente al pagamento, in favore dell’attrice LORENZETTI Anna, della somma di Euro 152.586,08 a titolo di incentivo all’esodo sulla scorta di pregresso accordo sindacale in data 9 dicembre 2008, cui la lavoratrice aveva aderito mediante apposita comunicazione del successivo undici dicembre, poi seguita da dimissioni rese il 31 dicembre dello stesso anno;

che il ricorso per cassazione della ZURICH INSURANCE è affidato a due motivi:

1) insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, criticando quanto opinato dalla Corte di merito, difformemente dalla gravata pronuncia di rigetto, mediante affermazione lacunosa e gravemente erronea nell’apprezzamento di una circostanza decisiva, quale il verificarsi della risoluzione del rapporto per dimissioni in data 31 dicembre 2008 e non per effetto della stipulazione di accordo bilaterale contemplante l’incentivazione all’esodo, dopo le prescritte verifiche e quindi dopo il successivo accordo del 17 marzo 2009;

2) falsa applicazione dell’art. 1360 c.c. in tema di condizione sospensiva, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, laddove la Corte di appello, nel capovolgere il fluido e motivato argomentare del giudice di primo grado, aveva insufficientemente valutato la circostanza delle dimissioni rassegnate dalla L., con conseguenti negativi riflessi sulla successiva configurazione alternativa della fattispecie come negozio sottoposto a condizione sospensiva, ciò avendo comportato la falsa applicazione dell’art. 1360 circa gli effetti retroattivi dell’avveramento della condizione, comunque intervenuta dopo la cessazione del rapporto di lavoro per effetto delle dimissioni del 31 dicembre, che quale atto unilaterale avevano travolto e superato il consensuale scioglimento previsto dall’accordo sindacale e per la cui attuazione sarebbe stato necessario un apposito contratto individuale con il diretto interessato;

visto il controricorso in data 10-10-2012 per la L., che ha resistito all’impugnazione avversaria;

RILEVATO che risultano dati rituali avvisi alle parti della fissa adunanza al 27-04-2017 ex art. 380-bis.1 c.p.c.;

che il Pubblico Ministero ha presentato requisitoria scritta, datata 11/12-04-2017, instando per il rigetto del ricorso;

che entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in vista dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che con il ricorso è INAMMISSIBILE:

a) per difetto di idonee rituali ed indispensabili allegazioni, segnatamente ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, avendo la ricorrente del tutto omesso di riprodurre, ancorchè sinteticamente, ma ad ogni modo compiutamente, il testo dei documenti sui quali appunta entrambe le doglianze, ossia l’accordo sindacale del 9 dicembre 2008, l’adesione formalizzata al riguardo dalla L. in data 11/12/2008, la missiva di dimissioni del successivo 31 dicembre, nonchè il successivo accordo sindacale in data 17 marzo 2009 (v. Cass. 6 civ. – 3, n. 19048 del 28/09/2016: il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), – di produrlo agli atti indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione – e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso); la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. In senso analogo Cass. lav. n. 2966 del 07/02/2011, richiamando pure l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, con la sanzione d’improcedibilità ivi contemplata. Conformi: Cass. nn. 22303 del 2008 e 15628 del 2009).

b) perchè irritualmente finisce con il pretendere in questa sede di legittimità nuove valutazioni di merito in ordine ai fatti già accertati ed apprezzati, mediante congrue argomentazioni da parte giudici di appello, unicamente competenti al riguardo, i quali ad ogni modo nelle loro valutazioni non hanno trascurato alcuna significativa circostanza, avendo invece con logiche argomentazioni fornito una lineare ricostruzione dell’intera vicenda, giungendo alla conclusione che l’accordo sindacale del 9 dicembre 2008 aveva trovato completa attuazione nei confronti della lavoratrice, mediante tempestiva comunicazione di adesione da parte di costei in data 11 dicembre 2008, sicchè la mera efficacia del negozio così perfezionato restava subordinato alla sola condizione sospensiva, costituita dal raggiungimento del numero minimo di adesioni all’esodo incentivato, in ragione di venti, condizione in seguito avveratasi nel successivo mese di marzo 2009, e per cui su tale accordo, ormai perfetto anche se limitatamente agli effetti sottoposto a condizione, non dispiegavano alcuna rilevanza le dimissioni del 31 dicembre 2008 (tra l’altro, secondo la Corte capitolina, l’appellante, al solo fine di scongiurare il suo trasferimento a Milano, aveva rassegnato le dimissioni anticipate);

ritenuto, pertanto, che non si vede nemmeno in qual modo risulti viziata l’applicazione dell’art. 1360 c.c. in tema di retroattività della condizione;

che, dunque, le censure di cui alle doglianze de quibus appaiono irritualmente formulate, esorbitando dai limiti fissati dall’art. 360 c.p.c., secondo la c.d. critica vincolata ivi consentita (cfr. Cass. 1 civ. n. 17761 – 08/09/2016: il motivo di ricorso con cui, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2 si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c. – cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo – od anche un fatto secondario -ossia un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale- purchè controverso e decisivo. Conforme Cass. 5 civ. n. 2805 del 5/2/2011.

Peraltro, secondo Cass. 3 civ. n. 5795 – 08/03/2017, l’omesso esame della questione relativa all’interpretazione del contratto non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto l’interpretazione di una clausola negoziale non costituisce “fatto” decisivo per il giudizio, atteso che in tale nozione rientrano gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi.

V. altresì Cass. 3 civ. n. 2465 del 10/02/2015, secondo cui in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati. Conformi Cass. n. 2074 del 2002, nonchè 3 civ. n. 10891 del 26/05/2016.

Cass. lav. n. 10554 del 30/04/2010: l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c. e ss., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa. Conformi Cass. nn. 16099 del 2003 e 22536 del 2007.

D’altro canto, secondo Cass. 3 civ. n. 11373 del 16/05/2006, la denuncia di un errore di fatto, consistente nell’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, non costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, ma di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4. Conformi: Cass. nn. 8600 del 2003, 1823 del 2005 e 5251 del 2006. In senso analogo Cass. 1 civ. n. 17057 del 03/08/2007: Parimenti, secondo Cass. 3 civ. n. 4056 del 19/02/2009, è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si denunci l’errore del giudice di merito per avere ignorato un documento acquisito agli atti del processo e menzionato dalle parti, non corrispondendo tale errore ad alcuno dei motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c.; l’errore in questione, risolvendosi in una inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento ma in contrasto con le risultanze degli atti del processo, può essere invece denunciato con il mezzo della revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, Conforme Cass. 5 civ. n. 16659 del 29/07/2011.

V. ancora Cass. 5 civ. n. 20240 del 09/10/2015, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si denunci l’errore del giudice di merito in relazione alla erronea percezione di documenti acquisiti agli atti del processo e menzionati dalle parti, non corrispondendo tale errore ad alcuno dei motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., risolvendosi, piuttosto, in una inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento in contrasto con le risultanze degli atti del processo, suscettibile di essere denunciata con il mezzo della revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4);

che pertanto la parte rimasta soccombente va condannata alle spese di questo giudizio.

PQM

 

la Corte dichiara INAMMISSIBILE il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida, in favore della controricorrente, in complessivi Euro 6500,00 (seimilacinquecento/00) per compensi professionali ed in Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2017

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