Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20975 del 08/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 08/09/2017, (ud. 13/12/2016, dep.08/09/2017),  n. 20975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4949/2012 proposto

SOCIETA’ E.C.M. S.p.a, già Elettromeccanica S.r.l., (p.iva

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 22,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO LEONARDI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ROBERTO UBALDI;

– ricorrente –

contro

SELECTRA S.r.l. in Liquidazione (p.iva (OMISSIS)) in persona dei

Liquidatore pro tempore Ing. D.R., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA A. SECCHI 4, presso lo studio dell’avvocato

PIERLUIGI STEFANELLI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ANTONIO STEFANELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1102/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 16/08/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;

udito l’Avvocato SERGIO LEONARDI, difensore della ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PIERLUIGI STEFANELLI, difensore della

controricorrente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

La ECM spa propone ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, nei confronti di Selectra srl, avverso la sentenza n. 1102/2011 della Corte d’Appello di Firenze, pubblicata il 16 agosto 2011, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, è stata dichiarata l’improcedibilità della domanda proposta dalla ECM.

La Corte d’Appello ha affermato l’applicabilità al caso di specie della L. n. 192 del 1998, sulla subfornitura e, rilevata la natura processuale dell’art. 10 delle Legge citata, ha ritenuto irrilevante il fatto che alla data di conclusione del contratto detta legge fosse già entrata in vigore, dovendo in ogni caso ritenersi l’applicabilità dell’art. 10, con riferimento a tutte le controversie sorte dopo la sua entrata in vigore.

La Corte ha infine affermato la sussistenza del rapporto di sudditanza tecnologica in capo a Selectra, ritenuto presupposto dell’applicazione inderogabile del tentativo di conciliazione, con conseguente improcedibilità della domanda per mancato esperimento di detto incombente.

Selectra ha resistito con controricorso.

Nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., la ricorrente, nel richiamare le censure già svolte, deduce che, in ogni caso, la L. n. 192 del 1998, art. 10, non prevede alcuna sanzione processuale espressa per il mancato esperimento del tentativo di conciliazione ivi previsto, dovendo altresì escludersi una applicazione analogica della sanzione di inammissibilità o improcedibilità.

All’udienza di discussione il Collegio, rilevato che la questione della sanzione derivante dal mancato esperimento del tentativo di conciliazione previsto dalla L. n. 192 del 1998, art. 10, è rilevabile d’ufficio e che essa non era stata oggetto di trattazione nei gradi di merito, nè nel presente giudizio, essendo stata unicamente sollevata nella memoria depositata dalla ricorrente ex art. 378 c.p.c., con ordinanza depositata il 9 febbraio 2017, assegnava alle parti, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 3, termine di gg. 60 per comunicare le proprie osservazioni sulla questione suddetta.

La sola ECM depositava nei termini memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo di ricorso la ECM censura la statuizione con cui la Corte d’Appello ha dichiarato l’improcedibilità della domanda. denunziando la violazione dell’art. 11 preleggi, nonchè della L. n. 192 del 1998, art. 10, oltre che la carenza di motivazione della sentenza impugnata su un punto essenziale della controversia.

La ricorrente, ritenuta la natura sostanziale della disciplina introdotta con la L. n. 192 del 1998, ne esclude che l’efficacia retroattiva con la conseguenza che la stessa non era applicabile al contratto concluso dalle parti in data 27 ottobre 1997 e che avrebbe doveva essere eseguito entro sei mesi e dunque in data anteriore all’entrata in vigore della legge, pubblicata il 22 giugno 1998.

Censura dunque la sentenza della Corte d’Appello per aver ritenuto irrilevante il momento genetico del rapporto, omettendo di considerare che le norme della L. n. 192 del 1998, non potevano trovare applicazione in relazione ad un contratto concluso anteriormente all’entrata in vigore della legge, non potendo estrapolarsi una sola norma, l’art. 10, dal complessivo contesto normativo da cui trarre la nuova disciplina contrattuale.

La censura avverso la statuizione di improcedibilità della sentenza impugnata va accolta, seppure sulla base dell’esercizio da parte di questa Corte del potere di individuare l’esatto diritto applicabile alla vicenda, in virtù della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza ed uniforme interpretazione della legge, onde la Corte può ritenere fondata la questione per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte ed individuata d’ufficio.

Nell’ambito della disciplina introdotta dalla L. n. 192 del 1998, che si connota per la dipendenza economica e tecnologica di un’impresa (subfornitrice) nei confronti dell’altra (committente), si distinguono, invero, norme che regolano la forma e la conclusione del contratto e dunque il momento genetico del rapporto, da altre disposizioni, che afferiscono al momento funzionale e dunque all’esecuzione del contratto, mentre la norma dell’art. 10, citata dalla ricorrente, secondo cui le controversie relative ai contratti di subfornitura sono sottoposte al tentativo obbligatorio di conciliazione presso la camera di commercio, industria ed artigianato, ha certamente carattere processuale.

Dal carattere processuale della norma, in mancanza di una diversa disposizione di diritto transitorio, discende dunque la diretta applicabilità della stessa alle controversie che discendono dall’esecuzione di un contratto riconducibile alla subfornitura, insorto successivamente alla data di entrata in vigore della legge, pure se il contratto sia stato stipulato anteriormente a tale data, secondo i principi generali in materia di norma processuale, attesa la regola della immediata applicazione in materia processuale della norma sopravvenuta, che interessa ogni atto processuale isolatamente considerato.

Si osserva dunque che le controversie relative ad un contratto di subfornitura, ancorchè stipulato anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 192 del 1998, sono sottoposte al tentativo obbligatorio di conciliazione ai sensi dell’art. 10 della legge medesima.

Ciò posto, seppure con l’unico motivo di ricorso la ricorrente abbia essenzialmente censurato la statuizione di improcedibilità e la violazione della L. n. 192 del 1998, art. 10, con riferimento alla non retroattività della disposizione, il ricorso va accolto per una ragione di diritto diversa da quella prospettata dal ricorrente, in quanto risultante dagli atti di causa. La disposizione suddetta, infatti, come questa Corte ha già rilevato, non prevede alcuna sanzione per il caso dell’inosservanza del tentativo di conciliazione ivi previsto, nè appare invocabile, in via analogica, il disposto di cui all’art. 412 bis c.p.c., nel testo “ragione temporis” vigente, ovvero dell’art. 443 c.p.c., atteso che le disposizioni che prescrivono condizioni di procedibilità costituiscono una deroga all’esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall’art. 24 Cost..

Deve pertanto ritenersi che, con riferimento alla disposizione della L. n. 192 del 1998, art. 10, il tentativo obbligatorio di conciliazione non sia configurabile, in difetto di espressa previsione legislativa, come condizione di proponibilità o ammissibilità della domanda (Cass. 16092/2012).

Ed invero, muovendo dalla nozione di improcedibilità, quale conseguenza sanzionatoria di un comportamento procedurale omissivo, derivante dal mancato compimento di un atto espressamente configurato come necessario nella sequenza procedimentale, deve concludersi che detta sanzione dev’essere espressamente prevista, non potendo procedersi ad applicazione analogica in materia sanzionatoria, attese le gravi conseguenze del rilievo dell’improcedibilità.

Poichè le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità o di ammissibilità, come già evidenziato, costituiscono una deroga all’esercizio del diritto di agire in giudizio. garantito dall’art. 24 Cost., inoltre, esse non possono neppure essere interpretate in senso estensivo (Cass. 967/2004).

Ed anzi, il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte è nel senso che le previsioni di inammissibilità, per il loro rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo (Cass. 26560/2014), dovendo limitarsene l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo è davvero giustificato (Cass. 6130/2011).

In accoglimento del ricorso, va dunque dichiarata la nullità della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2017

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