Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20970 del 16/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20970 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso 11267-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

contro

2015
2615

ricorrente

BUREAU VERITAS ITALIA;

avverso la sentenza n.

15/2009 della COMM.TRIB.REG.

di MILANO, depositata il 30/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 16/10/2015

udienza del 22/07/2015 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CASELLI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

per il rigetto del ricorso.

Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso

Svolgimento del processo
La Commissione tributaria della regione Lombardia con sentenza 30.1.2009 n. 15 in
parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio di Milano della Agenzia delle

riconosciuto a Bureau Veritas Italia s.p.a. per gli anni 2000-2003, ritenendo
tempestivamente presentata la istanza di rimborso datata 14.3.2005, essendo insorto il
relativo diritto di credito con la pronuncia delle sentenza della Corte di Giustizia in data
14.9.2006 e quindi, decorrendo solo da tale data il termine di decadenza per l’esercizio
del diritto da parte della società contribuente.

La sentenza di appello, notificata in data 2.3.2009 è stata ritualmente impugnata per
cassazione, con tre mezzi concernenti vizi di nullità processuale ed errori di diritto, dalla
Agenzia delle Entrate con atto consegnato all’Ufficiale giudiziario il 2.5.2009 e
notificato in data 10 e 12.5.2009 presso la sede legale della società e presso gli incaricati
della difesa in grado di appello.
La società intimata non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la Agenzia fiscale impugna la sentenza di appello per
violazione dell’art. 21 Dlgs n. 546/1992, in relazione all’art. 360co1 n. 3) c.p.c.,
censurando l’errore commesso dal Giudice di merito nell’individuare il “dies a quo” di
decorrenza del termine di decadenza dalla pubblicazione della sentenza della Corte di
giustizia, sebbene a questa debba riconoscersi efficacia soltanto dichiarativa e non
costitutiva del diritto al rimborso, con la conseguenza che essendo stata presentata la
istanza di rimborso soltanto in data 14.3.2005, doveva ormai ritenersi decaduto il diritto
i
RG n. 11267/2009
ric. Ag.Entrate c/ Bureau Veritas Italia s.p.a.

Ste ‘vieri

Entrate , ha rideterminato in complessivi € 27.871,87 il credito di rimborso IVA

È

ad ottenere la restituzione delle imposte versate negli anni 2000 e 2003 e non potute
portare in detrazione.

1.1 Il motivo è parzialmente fondato.

1.2 Sulla questione sono recentemente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte

condiviso dal Collegio, secondo cui la equivalenza degli effetti delle sentenze
dichiarative della illegittimità costituzionale di una norma dell’ordinamento statale e
delle sentenze interpretative rese dalla Corte di Giustizia UE in sede di rinvio
pregiudiziale ex art. 267 TFUE, impone di riconoscere ad entrambe efficacia dichiarativa
con effetto “ex tunc”, con l’unico limite -connesso alla salvaguardia del principio di
certezza del diritto- della intangibilità del giudicato e delle situazioni ed. “esaurite”, con
la conseguenza che la posizione del soggetto titolare di un diritto negato o compresso da
una norma sospetta di illegittimità costituzionale, ovvero da una norma dell’ordinamento
interno incompatibile con le norme di diritto comunitario, comporta in entrambi i casi un
mero impedimento di fatto e non di diritto all’esercizio del diritto stesso, insuscettibile in
quanto tale di impedire il decorso del termine di decadenza o di prescrizione (art. 2935
c.c.) che inizia a correre dalla data dell’indebito versamento, atteso che, nel primo caso,

“chi si ritenga leso da tale limitazione ha il potere di percorrere la via della
instaurazione di un giudizio e nel corso di tale giudizio richiedere che venga sollevata la
relativa questione [ndr. di legittimità costituzionaler, e che, nella seconda ipotesi, “il
contrasto tra la norma di diritto interno e quella comunitaria può essere rilevato
direttamente dal giudice che, sulla base di tale premessa, è tenuto a non darle
applicazione, anche quando sia stata emanata in epoca successiva a quella
comunitaria” (cfr. sentenza SS.UU. n. 13676/2014, motivazione pag. 7-8).
1.3 Nella specie la società contribuente era legittimata a proporre, in costanza
dell’illegittimo divieto di detrazione IVA previsto dall’art. 19 bis 1. del Dpr n. 633/72
2
RG n. 11267/2009
ric. Ag.Entrate c/ Bureau Veritas Italia s.p.a.

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,‘ est.
Stefanlielivieri

che, con sentenza in data 16.6.2014 n. 13676, hanno affermato il principio di diritto,

4

(norma dichiarata incompatibile con l’art. 17 della sesta direttiva 77/388/CEE, dalla

Corte di

Giustizia con sentenza 14.9.2006, in causa C-228/05, Stradasfalti s.r.1.), apposita istanza di

rimborso, “entro il termine di decadenza biennale dal pagamento o dal giorno, se
posteriore, in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”, in base al D.Lgs. n.
546 del 1992, art. 21, comma 2, (norma che trova applicazione per le istanze non regolamentate
da specifiche disposizioni o per le procedure attivate al di fuori dei canoni stabiliti dalla legge: cfr.

Tuttavia lo stesso Legislatore

nazionale intervenendo, con il DL 15.9.2006 n. 258 conv. in legge 10.11.2006 n. 278, a
dettare “Disposizioni urgenti di adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia
delle Comunitar europee in data 14 settembre 2006 nella causa C-228105, in materia
di detraibilita’ dell’IVA”, ha recuperato, a favore dei contribuenti pregiudicati dalla
norma dichiarata incompatibile con la direttiva comunitaria, la detraibilità dell’IVA sugli
acquisti di beni e servizi inerenti all’esercizio della impresa, effettuati “a partire dall’
gennaio 2003 e fino alla data del 13 settembre 2006” (cfr. provvedimento Direttore
dell’Agenzia delle Entrate emesso in data 22 febbraio 2007), fissando a tal fine il “dies a quo”

di decorrenza del termine di decadenza biennale (art. 21 co2 Dlgs n. 546/1992) per la
richiesta di rimborso ordinaria, alla data 15 novembre 2006 di entrata in vigore della
legge 10 novembre 2006 n. 278 di conversione del DL 15.9.2006 n. 258.
Tale modifica del termine di decadenza non può non riverberare i propri effetti anche
sui rapporti tributari, concernenti l’anno 2003, per i quali pendeva giudizio alla entrata
in vigore della legge di conversione (diversamente opinando determinandosi un vulnus al
principio di parità di trattamento di situazioni conformi, ex art. 3 Cost.), trovando pertanto

applicazione automatica il nuovo termine di decadenza a tutte le istanze di rimborso dei
crediti IVA maturati nel periodo sopra indicato (1.1.2003-13.9.2006), che erano state già
presentate alla data del 15 novembre 2006, e sulle quali l’Amministrazione finanziaria
non aveva provveduto ovvero aveva opposto diniego con atto impugnato avanti al
Giudice tributario in giudizio non definitivo con sentenza passata in giudicato (cfr. Corte
cass. V sez. 24.4.2015 n. 8373).

3
RG n. 11267/2009
Ag.Entrate e/ Bureau Veritas Italia s.p.a.

Ste

est.
ivieri

Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 18915 del 16/09/2011).

t

Pertanto, essendo stata proposta dalla società Bureau Veritas la istanza di rimborso per
i crediti maturati negli anni d’imposta 2000-2003, in data 14.3.2005, il termine biennale
di decadenza dal diritto al rimborso deve ritenersi consumato per i crediti d’imposta
maturati sull’IVA versata in rivalsa dall’1.1.2000 fino alla data del 31.12.2002, mentre,
per i crediti maturati dall’ i gennaio 2003 fino al 31.12.2003, la istanza di rimborso deve
ritenersi tempestiva, in quanto presentata anteriormente alla stessa decorrenza del dies a

2. Con il secondo motivo la Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione degli
artt. 19, 19 bis.1, comma 1, Dpr n.633172 e dell’art. 1 del DL n. 258/2006 conv. in legge
n. 278/2006, in relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c..

2.1 A quanto è dato comprendere dalla esposizione del motivo, la Agenzia fiscale
censura la sentenza di appello in quanto la CTR non avrebbe considerato che l’esercizio
del diritto al rimborso era regolato dalla nuova disciplina introdotta dal DL n. 258/2006
che imponeva ai contribuenti -che intendevano richiedere il rimborso dell’1VA non detratta, a
causa della norma statale dichiarata incompatibile con l’ordinamento comunitario-

di adempiere

determinate formalità (presentazione di istanza telematica, o di normale istanza, comunque nel
termine di decadenza biennale, corredata dei documenti attestanti la “inerenza” ex art. 19 Dpr n.
633/72 del bene acquistato all’esercizio della attività d’impresa, secondo le prescrizioni del decreto
ministeriale di attuazione).

La sentenza di appello, pertanto, viene criticata dalla Agenzia fiscale in quanto il
Giudice di merito avrebbe riconosciuto il diritto in base alla sola incompatibilità
comunitaria della norma limitativa della detrazione, senza verificare “la sussistenza dei
requisiti documentali di cui all’art. 1 del DL n. 258/2006″.

Il vizio di legittimità che la Corte è chiamata a verificare va dunque circoscritto
all’error in judicando” in cui sarebbe incorsa la CTR ritenendo inapplicabile alla

fattispecie la disciplina normativa del procedimento amministrativo di rimborso della
4
RG n. 1126712009
ric. Ag.Entrate e/ Bureau Veritas Italia s.p.a.

C•st.
vieri
Stefano

quo (15.11.2006) del termine biennale di decadenza.

imposta dettata dall’art.1 col DL 15.9.2006 n. 258 conv. in legge 10.11.2006 n. 278
emanato in seguito alla pronuncia della Corte di Giustizia.

2.2 I] motivo è infondato.

beni dal regime delle detrazioni, prevista dall’art. 19 bis 1. comma 1 lett. c) e d) del Dpr
n. 633/1972, violava l’ordinamento comunitario, in quanto disposta “senza previa
consultazione del comitato consultivo d’imposta sul valore aggiunto istituito dall’art.
29” della sesta direttiva 77/388/CEE, ed in quanto priva di limitazioni temporali
connesse ad una specifica congiuntura economica come espressamente richiesto dall’art.
17, n. 7, della predetta direttiva, con la conseguenza che le norme statali, in quanto
illegittimamente derogative al principio del diritto alla detrazione d’imposta sul valore
aggiunto enunciato dall’art. 17, n. 1, della Sesta direttiva, non potevano essere opposte
dallo Stato membro al soggetto passivo al quale, pertanto, doveva essere consentito di
“poter ricalcolare il suo debito d’imposta sul valore aggiunto conformemente alle
disposizioni dell’art. 17 n. 2 della sesta direttiva 77/388 nella misura in cu i beni e i
servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta” (cfr. dispositivo 2 e
3, sentenza Corte di giustizia in data 14.9.2006 in causa C-28/05, Stradasfalti s.r.I.).

2.4 Lo Stato è quindi intervenuto a determinare le modalità di recupero della imposta rimasta priva “ab origine” di causa giustificativa- versata dai soggetti passivi, emanando
il DL 15.9.2006 n. 258 (recante “disposizioni urgenti di adeguamento alla sentenza della Corte
di giustizia delle Comunità europee in data 14 settembre 2006 nella causa C-228/05 in materia di
detraibilità dell’IVA”),

entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione

(15.9.2006) e convertito con modificazioni in legge 10 novembre 2006 n. 278, che,
all’art. 1, comma 1 -nel testo risultante dalla conversione-, dispone che

“Ai fini

dell’attuazione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 14 settembre
2006 nella causa 228/05, in sede di prima applicazione i soggetti passivi che fino alla data del 13

5
RG n. 11267/2009
ric. Ag.Entrate c/ Bureau Veritas Italia s.p.a.

2.3 La decisione del Giudice comunitario ha statuito che la esclusione di determinati

:

settembre 2006 hanno effettuato nell’esercizio dell’impresa, arte o professione acquisti ed
importazioni di beni e servizi indicati nell’art. 19 bis, comma 1, lett. c) e d), del D.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633, presentano in via telematica entro il 20 ottobre 2007, apposita istanza di rimborso,
utilizzando uno specifico modello, da approvarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Con il
medesimo provvedimento sono individuati i dati e i documenti che devono essere indicati o

inoltre, stabilite le differenti percentuali di detrazione dell’imposta per distinti settori di attività in
relazione alle quali è ammesso il rimborso in misura forfettaria. Resta fenna, per i contribuenti che
non aderiscono al suddetto rimborso forfettario, ovvero per coloro che non presentano l’istanza
entro il predetto termine, la possibilità di dimostrare il diritto ad una detrazione in misura
superiore presentando apposita istanza ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 e
successive modificazioni, contenente i dati e gli elementi comprovanti la misura, nell’esercizio
dell’impresa, arte o professione, dell’effettivo utilizzo in base a criteri di reale inerenza, stabiliti con
il provvedimento di cui al presente comma. Al fine di evitare ingiustificati arricchimenti, i dati
hanno ad oggetto anche gli altri tributi rilevanti ai fini della complessiva determinazione delle
somme effettivamente spettanti”, ed al successivo comma 2, dispone che “Sono in ogni caso
escluse le procedure di detrazione e di compensazione dell’imposta sul valore aggiunto di cui agli
articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1972 n. 633, ed
all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241”.

2.5 La tesi della Agenzia fiscale riconrente secondo cui il recupero del diritto a
detrazione (recte la restituzione della imposta versata in adempimento di un obbligo di legge
venuto meno con effetto “ex tune” in conseguenza della pronuncia del Giudice comunitario)

troverebbe titolo nella sopravvenuta disciplina legislativa è privo di fondamento.
La accertata incompatibilità originaria della norma fiscale limitativa del diritto alla
detrazione IVA ha determinato, infatti, la riespansione della efficacia della norma fiscale
-illegittimamente- derogata (art. 19 Dpr n. 633172) sulle cui disposizioni trova necessario
fondamento il diritto al rimborso del credito IVA che i soggetti passivi non hanno potuto
portare in detrazione in relazione alle operazioni concernenti i beni illegittimamente
esclusi, venendo in tal modo ad essere ripristinata la legalità del sistema comunitario
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ric. Ag.Entrate c/ Bureau Veritas Italia s.p.a.

Stefano O ieri

predisposti a fondamento dell’istanza di rimborso. Con il predetto provvedimento possono essere,

della imposta sul valore aggiunto fondata (ex art. 17, paragr. 1 “il diritto a deduzione nasce
quando la imposta deducibile diviene esigibile”, paragr. 2 “nella misura n cui i beni e servizi sono
impiegati ai fini di due operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre
dal ‘imposta di cui è debitore: a) l’imposta sul valore aggiunto dovuta assolta per le merci che
sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da altro soggetto
passivo…”, direttiva 77/388/CEE) sul principio della detrazione della imposta (attraverso il

riconosciuta a tutti quei soggetti passivi che effettuino operazioni di cessione di beni e di
prestazioni di servizi nell’esercizio di una attività economica (cfr. da ultimo Corte giustizia
6.9.2012 causa C-324/11, Gabor Toth, punti 23-28; id. 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C142/11, Mahageben kft, e David).

Ne segue che, diversamente da quanto ipotizzato dalla Agenzia ricorrente, il diritto
alla detrazione, al pari del corrispondente diritto al rimborso della eccedenza di imposta,
è direttamente disciplinato dalle norme della direttiva comunitaria e rinviene il proprio
fatto generatore esclusivamente nella effettuazione di una delle operazioni considerate
imponibili dalla legge (cfr. Corte eass. V sez. 28.6.2012 n. 10808), insorgendo il diritto nel
momento stesso in cui diviene esigibile la imposta applicata sulla cessione di beni
prestazioni di servizi: ne segue che gli Stati membri non possono inserire condizioni o
requisiti diversi da quelli previsti dalle norme comunitarie, nè introdurre una disciplina
modificativa dei fatti costitutivi del predetto diritto di fonte comunitaria.
Deve dunque escludersi che all’adempimento degli oneri formali e temporali prescritti
dal decreto legge n. 258/2006 possa ricondursi carattere costitutivo del diritto al
rimborso.

2.6 L’esame della normativa statale sopravvenuta, peraltro, non conduce alla
conclusione -opinata dalla ricorrente- secondo cui le nuove disposizioni trovano
indiscriminata applicazione anche nel caso -che ricorre nella specie- in cui i contribuenti,
anteriormente alla pronuncia della Corte di Lussemburgo, avessero già presentato istanza
di rimborso (sul presupposto della eccepita incompatibilità dell’art. 19 bis 1. Dpr n. 633/72 con la
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quale si realizza il meccanismo della neutralità fiscale che è alla base del tributo) che deve essere

sesta direttiva) ed avessero presentato ricorso avverso il diniego espresso o tacito

dell’Ufficio finanziario alla restituzione della imposta.
Dal tenore della disposizione dell’art. 2 del decreto legge (che non contempla effetti
retroattivi) e dal complessivo testo normativo non emergono, infatti, prescrizioni
implicanti la improcedibilità, in sede amministrativa, delle domande di rimborso già
presentate dai soggetti passivi (per le quali, eventualmente, si può al più porre soltanto una
relazione ai presupposti di cui al’art. 19 Dpr n. 633/1972), né emerge alcuna esigenza di

rimessione in termini di tali soggetti, atteso che il termine di decadenza (eliminato,
peraltro, in sede di conversione del decreto legge), originariamente stabilito dall’art. 1, comma

1, del decreto legge, concerneva soltanto la presentazione della “istanza telematica”
volta a conseguire il rimborso “forfetario” della imposta -secondo differenti percentuali di
detraibilità della imposta relativa a beni presuntivamente considerati dalla legge ad utilizzo
promiscuo-, essendo in ogni caso consentito presentare ordinaria istanza, nel termine di

decadenza previsto dall’art. 21co2 Dlgs n. 546/92, per ottenere il rimborso in misura
integrale delle somme non detratte.

2.7

Alcun onere di adempimento delle formalità previste dal decreto legge n.

258/2006 (tanto meno quello della “ripresentazione” della domanda di rimborso) poteva,
pertanto, essere fatto gravare sulla società contribuente, in pendenza del giudizio avente
ad oggetto il riconoscimento del diritto al rimborso della imposta per la quale non era
stata consentita la detrazione, non potendo, in conseguenza, derivare dalla inosservanza
delle formalità previste dalle nuove disposizioni la perdita del diritto di credito.
La soluzione interpretativa indicata risulta, peraltro, accolta dalla stessa Agenzia delle
Entrate che, con la circolare 2.10.2007 n. 55 della Direzione Centrale Normativa e

Contenzioso, ha preso atto (vedi circolare, paragr. 1, lett. D) che in relazione alle liti
pendenti alla data della pronuncia della Corte di giustizia, aventi ad oggetto il rimborso
in questione, una alternativa tra prosecuzione del giudizio e procedimento di rimborso
disciplinato dal DL n. 258/2006, è configurabile esclusivamente nel caso in cui il
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Stefan

esigenza di completamento istruttorio, in relazione alla verifica della spettanza del credito in

contribuente intenda conseguire la liquidazione della somma “con metodo forfetario”: in
tal caso se intende aderire a tale forma di liquidazione è tenuto ad attivare il relativo
procedimento mediante presentazione della “istanza telematica”, diversamente -ove cioè
non intenda avvalersi di tale forma di liquidazione- “si deve ritenere che il procedimento

giurisdizionale prevalga su una eventuale procedura amministrativa…”

(dovendo quindi

essere accertato in sede giudiziale il relativo diritto, indipendentemente dal procedimento

2.8 Le considerazione svolte conducono a escludere l’applicazione indiscriminata
delle disposizioni del “jus superveniens” anche ai giudizi pendenti aventi ad oggetto il
rimborso del credito d’imposta (cfr. Corte cass. V sez. 28.8.2013 n. 19757), e mandano
esente la sentenza impugnata dal denunciato vizio di legittimità.

3. Con il terzo motivo viene censurata la sentenza di appello per nullità processuale
determinata da carenza assoluta del requisito di validità della motivazione ex art. 36
Dlgs n. 546/92 in relazione all’art. 360co 1 n. 4) c.p.c.

3.1 Il motivo è inammissibile per difetto del requisito di specificità ex art, 366co1 n.
4) c.p.c., difettando del tutto la indicazione che la contestazione dei fatti costitutivi del
diritto di credito per eccedenza (nella specie per difetto di inerenza all’attività d’impresa
dei beni e servizi acquistati) fossero oggetto del “thema decidendum”.
Tenuto conto infatti che la opposizione avanti la CTP era stata proposta avverso il
silenzio-rifiuto della PA in ordine alla istanza di rimborso, l’oggetto del giudizio
tributario rimane defmito dkIrpotivi del ricorso introduttivo e dalle eccezioni e difese
svolte nella memoria difensiva di costituzione dell’Ufficio fmanziario in primo grado.
Tuttavia l’Agenzia fiscale nulla riferisce in proposito, nè trascrive il contenuto della
memoria difensiva, limitandosi soltanto ad allegare di aver eccepito, in primo grado, la
decadenza dal termine biennale ex art. 21co2 Dlgs n. 546/1992 e “nel merito di aver
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ithi,
Stefano (b’ \ ieri

amministrativo disciplinato dal DL n. 258/2006).

t

negato la spettanza del rimborso” (ricorso pag. 2), e richiamando l’atto di appello
dell’Ufficio in cui veniva contestata la mancanza di “prova della inerenza” dei beni e
servizi acquistati in quanto la stessa non poteva ritenersi assolta con il mero “prospetto
riepilogativo dell’Iva non detratta su autovetture” (peraltro, sembra di comprendere dalla
non limpida esposizione, che la contestazione formulata nell’atto di appello non riguardasse la
natura o tipologia dei beni e servizi, ma la “percentuale di utilizzo dei beni-veicoli acquistati

3.2 Orbene il denunciato vizio di nullità processuale presuppone all’evidenza che la
questione sulla quale il Giudice ha provveduto, omettendo del tutto di fornire un
supporto motivazionale, appartenesse all’oggetto del giudizio, sicchè era onere della
parte ricorrente dimostrare, adempiendo all’onere di autosufficienza, che l’Ufficio
finanziario, costituendosi in primo grado, oltre a contestare il diritto al rimborso del
credito IVA, per intervenuta decadenza dal termine biennale e per omessa presentazione
della istanza secondo le forme procedimentali previste dal DL n. 258/2006, aveva
effettivamente contestato anche la “inerenza dei costi” sui quali era fondato il diritto al
rimborso IVA della società contribuente, non essendo dunque sufficiente la mera
trascrizione del motivo di gravame dell’Ufficio dalla lettura del quale non è dato neppure
individuare se la C’TP abbia pronunciato o meno in ordine alla questione della
“inerenza”, rimanendo quindi precluso a questa Corte di verificare se la CTR /
confermando parzialmente la decisione di prime cura abbia statuito “per relationem”
anche su tale questione, o invece, come sembrerebbe dalla lettura della sentenza di
appello, abbia del tutto legittimamente trascurato la questione sollevata dall’Ufficio con
il motivo di gravame, in quanto proposta per la prima volta con l’atto di appello e quindi
estranea al”thema controversum”.
Né può soccorrere alla Agenzia ricorrente la qualificazione giuridica del vizio di
legittimità come “error in procedendo”, in relazione al quale la Corte è anche “giudice
del fatto”, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di
merito, atteso che come è stato ripetutamente affermato anche in quel caso si prospetta
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strumentale all’esercizio della impresa”).

preliminare ad ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in
relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata
accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del
motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la
Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione
degli atti processuali (cfr. Corte cass. III sez. 23.1.2006 n. 1221; id. sez. lav. 7.3.2006 n. 4840;
gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame,
affmchè il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di
autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la
dedotta violazione processuale (cfr. (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23101/2004;
id. Sez. 3, Sentenza n. 9275 del 04/05/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 16245 del 03/08/2005; id. Sez.

3, Sentenza n. 1221 del 23/01/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 20405 del 20/09/2006; id. Sez. 3,
Sentenza n. 21621 del 16/10/2007; id. Sez. L, Sentenza n. 488 del 14/01/2010; id. Sez. L,
Sentenza n. 23420 del 10/11/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 86 del 10/01/2012; id. Sez. 6 5,

Ordinanza n. 5036 del 28/03/2012; id. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; id. Sez. 5,
Sentenza n. 12664 del 20/07/2012; id. Sez. L, Sentenza n. 896 del 17/01/2014).

4. In conclusione il ricorso deve essere parzialmente accolto, limitatamente al primo
motivo, infondato il secondo motivo, inammissibile il terzo motivo; la sentenza
impugnata va cassata in “parte qua”, e, non occorrendo procedere ad ulteriore attività
istruttoria, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384co2 c.p.c., con il rigetto del
ricorso introduttivo in relazione alla richiesta di rimborso del credito IVA maturato negli
anni 2000,2001 e 2002.
In considerazione del parziale accoglimento del ricorso, quanto al credito di rimborso
IVA maturato nell’anno 2003, le spese di lite dell’intero giudizio possono essere
interamente compensate tra le parti

P.Q.M.
11
RG n. 11267/2009
tic. Ag.Entrate c/ Bureau Veritas Italia s.p.a.

id. V sez. ord. 23.7.2009 n. 17253), essendo pertanto tenuta la parte ricorrente ad indicare

4SENTE DA REGISTRAZIOM
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4,19116
N. 131 TAB. ALL. , B. – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA

La Corte :
– accoglie il ricorso, quanto al primo motivo limitatamente agli anni d’imposta 20002002 (infondato il secondo motivo ed inammissibile il terzo motivo); cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta il
ricorso introduttivo relativamente alla richiesta di rimborso del credito IVA maturato
negli anni 2000, 2001 e 2002;

Così deciso nella camera di consiglio 22.7.2015

– dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite dell’intero giudizio.

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