Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20970 del 13/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20970 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 4326-2009 proposto da:
VENNERI

DONATO,

VENNERI

PAOLA,

elettivamente

domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e
difesi dall’Avvocato PAOLA RUGGIERI FAZZI con studio
in LECCE VIA CAVOUR 33 (avviso postale) giusta delega
2013

a margine;
– ricorrenti –

1923

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 13/09/2013

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

n.
di

LECCE,

intimato

376/2007
depositata

della
il

19/12/2007;

udienza del 30/05/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
TERRUSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

4

4326-09

Svolgimento del processo
Con sentenza in data 19-12-2007 la commissione tributaria
regionale della Puglia, sez. dist. di Lecce, giudicando su
una controversia involgente (a) un avviso di liquidazione
e irrogazione di sanzioni per tardivo versamento di alcune

rate dell’imposta principale e dell’imposta complementare
di successione definite mediante accertamento con adesione
(ex d. lgs. n. 218 del 1997) e (b) una cartella di
pagamento per le sanzioni non pagate a seguito di asserita
fruizione del condono di cui all’art. 11 della l. n. 289
del 2002, dopo aver riunito gli appelli rispettivamente
proposti, quanto al primo atto, dai contribuenti Donato e
Paola Venneri, il cui ricorso era stato respinto in primo
grado, e quanto al secondo, dall’agenzia delle entrate,
respingeva l’appello dei contribuenti e accoglieva
l’appello dell’amministrazione.
Per quanto rileva, la commissione tributaria regionale
accoglieva in particolare l’eccezione di inammissibilità
sollevata dall’ufficio a proposito dell’avverso ricorso
contro la cartella di pagamento, in quanto riteneva che
questa fosse stata preceduta da un avviso di liquidazione
regolarmente notificato e non impugnato.
I contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione
articolando tre motivi.
L’intimata non ha svolto difese.
Motivi della decisione

1

I. – Col primo motivo è dedotta la violazione dell’art.
36, 2 ° co., del d. lgs. n. 546 del 1992, per “omessa
motivazione in ordine a punti decisivi della controversia
(art. 360, n. 5, c.p.c.)”.
I ricorrenti lamentano che la commissione tributaria
regionale non abbia considerato le censure mosse alla

sentenza di primo grado in ordine al mancato
riconoscimento della nullità dell’avviso di liquidazione
per difetto di sottoscrizione e all’omessa pronuncia sulla
illegittimità delle sanzioni applicate.
Il primo motivo è inammissibile.
Può osservarsi che, sebbene nel riferimento, invero non
pertinente, all’art. 360, n. 5, c.p.c. (che attiene alla
motivazione sulla sola questione di fatto), la censura
concerne la violazione dell’art. 36 del d. lgs. n. 546 del
1992 sull’esplicito rilievo di esser mancata la
motivazione alla stregua di requisito formale dell’attosentenza. In tal modo essa appare deficitaria, non solo
perché supponeva di dedurre la nullità della sentenza,
con conseguente rilevanza della diversa categoria logica
del vizio

in procedendo

ex art. 360, n. 4, c.p.c., ma

soprattutto perché il mezzo non risulta concluso dal
prescritto quesito di diritto.
M – Col secondo motivo è denunciata una “omessa
pronuncia su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (art. 360, comma l n. 5)”.
Considerata nella sostanza del suo tenore, la censura
investe il fatto di avere la commissione tributaria

2

regionale “accolto la eccezione di inammissibilità del
ricorso sollevato dall’ufficio omettendo di pronunciarsi
sulla questione (..) circa la validità della domanda di
condono prodotta dai ricorrenti ai sensi dell’art. 11,
comma 4, della legge 289/02″.
Anche ilrinotivo è inammissibile.

E’ infatti dedotta una omessa pronuncia in ordine a una
questione giuridica. E in tal senso il motivo non è
concluso dal prescritto quesito di diritto.
III. – Col terzo mezzo è infine dedotta la nullità della
sentenza per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c.
quanto alla questione attinente ai motivi di gravame
avverso la cartella di pagamento.
Si sostiene che la cartella era stata impugnata previa
affermazione che i contribuenti avevano definito ogni
questione ai sensi dell’art. 11 della l. n. 289 del 2002.
I ricorrenti lamentano che la commissione tributaria
regionale ha accolto, invece, l’appello dell’ufficio
contro la decisione di primo grado per la mancata
impugnazione del presupposto avviso di liquidazione; ed
eccepiscono che simile questione non aveva costituito
oggetto della controversia e non era stata devoluta al
giudice di secondo grado.
Il motivo, inteso a far valere un vizio

in procedendo,

palesemente infondato.
La sentenza riferisce che l’agenzia delle entrate aveva
appellato la sentenza

de qua

perché, a suo dire, c’era

stata una violazione dell’art. 112 c.p.c.; e che aveva

3

ESENTEDAREGISTRAZIONE
AI SENSI DEL
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altresì

riproposto

l’eccezione

già

avanzata

nelle

controdeduzioni depositate in primo grado in ordine alla
inammissibilità dell’avverso ricorso contro la cartella di
pagamento, perché proposto senza indicazione di vizi
propri quando l’atto impositivo, che aveva consacrato

notificato ed era divenuto definitivo per mancata
impugnazione.
Pertanto è da ritenere che il profilo denunciato era stato
puntualmente eccepito dall’amministrazione.
A ogni modo trattavasi di profilo suscettibile di rilievo
d’ufficio in quanto involgente il presupposto di
ammissibilità dell’impugnazione della cartella di
pagamento. Sicché ben poteva rappresentare uno dei temi
pregiudiziali rimessi alla valutazione del giudice
tributario.
IV. – Il ricorso è pertanto rigettato.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

l’obbligazione, era stato a sua volta ritualmente

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