Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2097 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 30/01/2020), n.2097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31101/2018 proposto da:

E.K.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Lara Petracci

ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Fermo Viale

della Carriera, 109;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1503/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 19/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 da Dott. DI STEFANO PIERLUIGI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

E.K.A., cittadino (OMISSIS), ricorre con quattro motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona del 19 luglio 2018 che rigettava l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale che confermava il provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale competente.

Deduce di essere stato costretto all’allontanamento dal paese di origine in quanto:

– lavorava per un’impresa edile che, però, non lo retribuiva per la totalità delle dodici ore lavorate al giorno;

– in ragione di tale indebito sfruttamento aveva presentato una denuncia che, però, era stata archiviata per i rapporti personali del datore di lavoro con la polizia;

– a causa di tali eventi erano iniziate attività di minaccia nei suoi confronti, condizione che lo costringeva alla fuga.

La Corte di Appello rilevava che la vicenda, peraltro descritta in modo vago, non rientra nelle fattispecie del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 non essendovi alcun rischio in caso di rientro nel paese di provenienza, del resto prospettandosi una vicenda privata rispetto alla quale non vi è ragione di escludere la tutela giudiziaria. Inoltre in (OMISSIS) non vi è in atto alcuna situazione da cui possa derivare un rischio generalizzato di danni alla persona. Nè, infine, sussistevano le condizioni per il permesso di soggiorno umanitario non essendovi neanche prova di un percorso di definitiva integrazione nella società italiana.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per la omessa motivazione o motivazione apparente quanto alle ragioni per essere il paese di provenienza “sicuro”.

Si tratta di motivo infondato risultando testualmente che il tema è stato oggetto di specifica motivazione con utilizzazione dei rituali canali informativi.

con il secondo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo mancata la valutazione individuale della specifica situazione della ricorrente.

Il motivo è infondato essendovi stata chiara valutazione della situazione prospettata, ritenuta non integrare le situazioni di rischio individuale collocandosi la vicenda narrata in una situazione “privata”.

Con il terzo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e/o la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La norma risulta violata nella parte in cui si è escluso, ai fini della protezione sussidiaria, che le minacce subite dal ricorrente integrino “la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine”, condizione che non è superata nè dalla provenienza del pericolo da soggetti privati nè dalla possibilità di tutela pubblica non essendo stato valutato come richiesto dalla parte rischio dovuto a pratiche corruttive.

Il ricorso è infondato in quanto è mirato alla contestazione delle valutazioni effettuate dalla giudice di merito, deducendo quindi questione non ammissibili in sede di legittimità e, peraltro, è del tutto assertivo sulla ricorrenza di condizioni motivatamente escluso la corte di appello.

Con il quarto motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo della negata concessione dei motivi umanitari atteso l’errore nella mancata valorizzazione del percorso lavorativo, il cui rilievo non può essere escluso per essere stato sottoscritto un contratto a termine. Anche questo motivo non rispetta i limiti del giudizio di legittimità investendo valutazioni in fatto, peraltro con argomentazioni generiche ed assertive a fronte di una motivazione che risulta in termini.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte.

E richiedente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e pertanto non è tenuto a versamento del contributo unificato, stante la prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 11 e 131 e, di conseguenza, neppure dell’ulteriore importo di cui all’art. 13, comma 1- quater Decreto citato (cfr. Cass. 7368/2017; n. 32319 del 2018), se ed in quanto l’ammissione non risulti revocata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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