Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2097 del 30/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2097 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 5959-2008 proposto da:
TEAN1 LETIZIA
TNEFNC50P02A794P,

TNELTZ42P45I997Q,
TEANI

LUIGI

elettivamente domiciliati in ROMA,

TEANI FRANCESCO
TNELGU38D211997F,
PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi
dall’avvocato PISELLI DIEGO ANDREA EUGENIO;
– ricorrenti –

2013
contro

2642

COLLEONI MAURIZIO CLLMRZ63A151997X, ZONCA MARIA ROSA
ZNCMRS63P54H351D,

COLLEONI

DINO

CLLDNG64E151997A,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE
4 4

Data pubblicazione: 30/01/2014

38,

presso lo studio dell’avvocato MONZINI MARIO,

rappresentati e difesi dall’avvocato DONADONI PIETRO;

avverso la sentenza n.

17/2007

controricorrenti

della CORTE D’APPELLO

di BRESCIA, depositata il 04/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

17/12/2013

dal Consigliere Dott. GAETANO

ANTONIO BURSESE;
udito

l’Avvocato ALESSIO

PETRETTI,

con delega

dell’avvocato PISELLI DIEGO ANDREA EUGENIO difensore
dei ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito l’Avvocato PIETRO DONADONI difensore dei
resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

.

Teani -Colleoni
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 30.9.99 Francesco, Luigi e Letizia TEANI
convenivano avanti al Tribunale di Bergamo, Dino e Maurizio COLLEONI nonchè

situato in fregio ad una strada denominata via delle Viti al di là della quale
erano posti i fondi di proprietà dei convenuti; che tale strada – in origine
demaniale e poi divenuta bene patrimoniale del Comune — era sempre
gravata da servitù di pubblico passaggio; che i convenuti, nel recintare i propri
fondi – avevano in parte occupato il sedime della strada e ne avevano ridotto
l’ampiezza. Ciò posto e rilevato che la condotta dei convenuti aveva
comportato una limitazione della servitù di passaggio operata dal contitolare del
diritto in danno di essi attori ed era come tale in contrasto con l’art. 1102 c.c.,
chiedevano che il giudice adito condannasse i convenuti a rilasciare la
porzione da essi illegittimamente occupata, ripristinando in tal modo l’originario
tracciato della predetta via delle Viti.
Si costituivano i convenuti contestando la domanda avversaria, sottolineando di
avere puntualmente eseguito le opere di recinzione secondo quanto autorizzato
dal comune.
Con successive memorie ex art. 183 c.p.c. gli attori ritenendo di ravvisare
nell’azione proposta un’

actio confessoria servitutis ex art. 1079 c.c.

concludevano, chiedendo in via subordinata l’accertamento dell’acquisto per

Corte Suprema di Cassazione II sei. civ. – est. dr. G. A

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Maria Rosa ZONCA e premesso, di essere proprietari di un fondo in Suisio

usucapione delle porzioni di strada eventualmente di proprietà dei convenuti su
cui aveva esercitato la servitù passaggio di cui trattasi. I convenuti eccepivano
però la novità della domanda di usucapione, trattandosi di inammissibile
mutatio libelli, su cui ricusavano il contraddittorio.

carenza di legittimazione passiva di Dino Colleoni ; respingeva la domanda degli
attori – che condannava al pagamento delle spese processuali — e dichiarava
infine inammissibile la domanda tesa all’accertamento dell’avvenuta usucapione
della servitù, in quanto domanda nuova.
La sentenza era appellata dai Teani che contestavano l’assunto del primo
giudice, ritenendo che la domanda di usucapione era una semplice emendati.°
libelli della domanda principale, criticavano le conclusioni del CTU di cui
chiedevano il rinnovo con l’ammissione di prove orali ingiustamente disattese
dal tribunale.
Nella resistenza degli appellati, l’adita Corte d’Appello di Brescia, con sentenza
n. 17/07 depositata in data 4.1.2007, dichiarava la legittimazione passiva di Dino
Colleoni, rigettando per il resto il proposto gravame.
La corte territoriale in specie riteneva inammissibile la domanda subordinata di
usucapione trattandosi di domanda nuova rispetto all’originaria tesa ad accertare
che

i convenuti, nell’eseguire la recinzione del loro

illegittimamente accorpato porzioni di una strada
demanio ed oggi

fondo, avessero

facente parte allora del

del patrimonio del comune. Presupposto dell’originaria

Corte Suprema di Cassazione II sei. eiv. – est. dr.

Bursese-

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L’adito tribunale, espletata CTU, con sentenza in data 18.01.2003, dichiarava la

domanda era il fatto che gli attori assumessero di essere titolari di una diritto di
servitù sul bene del comunale, non già di avere usucapito tale diritto di servitù di
passaggio su beni di proprietà dei convenuti. Secondo la Corte la “nuova
domanda” scaturiva probabilmente dalla circostanza che il Comune stesso,

confini della proprietà e si fossero impadroniti di terreno comunale. Del resto
non era stato provato — anzi era stato escluso in modo incontrovertibile dall’ente
proprietario della strada in parola – che la stessa strada non avesse mai subito,
nel corso degli anni, modifiche o restringimenti dell’originario tracciato, anche
con riferimento delle opere di recinzione poste in essere dai convenuti.
Per la cassazione

la suddetta decisione ricorrono i Teani

di 5 mezzi; gli intimati resistono con controricorso.

sulla base

Le parti hanno depositato

memorie illustrative ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLE DECISIONE
1 – Preliminarmente occorre precisare che — contrariamente a quanto eccepito
da parte controricorrente – il r icorso è s tato t empestivamente p roposto nel
rispetto al termine di cui all’art. 327 c.p.c. (nel testo non novellato ex art. 46 L. n.
69/2009), atteso che nella decorrenza ivi stabilita di un anno dalla
pubblicazione della sentenza, va incluso anche il periodo di sospensione feriale
di gg. 46 ( 1 anno e 46 giorni).
Passando al il primo motivo del ricorso si denunzia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 163 e 183 c.p.c. Si insiste sul fatto che la domanda di

Corte Suprema di Cassazione Il sez. ci’.. est

G. A. Burse

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proprietario della stradella, aveva escluso che i convenuti avessero violato i

usucapione del diritto di servitù , era una semplice emendatio di quella
originariamente proposta.
Invero evidenziano gli esponenti che, nella memoria autorizzata ex art. 183
c.p.c. depositata in data 29 sett. 2000 essi avevano ulteriormente chiarito le

considerarsi costituita in virtù di usucapione, intendendo dire ” che era ben
possibile ( e l’istruttoria avrebbe potuto eventualmente accertato) che la via delle
Viti non fosse da considerarsi interamente come area di proprietà comunale. Si
trattava dunque di una specificazione della domanda nel senso che ” i signori
Teani proponevano un actio con fessoria servitutis ( con conseguente richiesta di
accertamento dell’esistenza dello ius in re aliena) anche nell’ipotesi in cui l’area
di esercizio di tale diritto reale fosse stata da considerarsi parzialmente di
proprietà privata”.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: ” se sia conforme

all’ordinamento — ed in particolare agli artt. 163 e 183 c.p.c. nel testo riformato
dalla legge 26 novembre 1990 n. 353 — qualificare come mutatio e non mera
emendati° della proposta actio confessoria servitutis la precisazione della

natura giuridica – privata invece che pubblica — del fondo che si pretende
essere oggetto della servitù”.
La doglianza non ha pregio.

Corte Suprema di Cassazione II sei. civ. – est. dr

A. Bursese-

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proprie domande, precisando che la servitù di passaggio di cui trattasi doveva

Secondo questa S.C. si ha “mutatici libelli’ quando si avanzi una pretesa

“petitum” diverso e più ampio oppure una “causa petendi” fondata su situazioni
giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo
radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema
d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la
difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha,
invece, semplice “emendatio” quando si incida sulla “causa petendi”, in modo
che risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto
costitutivo del diritto, oppure sul “petitum”, nel senso di ampliarlo o limitarlo per
renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta
valere ( Cass. Sentenza n. 12621 del 20/07/2012) .
La Corte distrettuale conformandosi a tali principi ha ritenuto — con congrua ed
articolata motivazione — inammissibile la domanda subordinata di usucapione in
quanto domanda nuova rilevando che ” la causa petendi inizialmente prospettata
…. consisteva nella condotta, attribuita ai convenuti, consistita nell’essersi
discostati dalle prescrizioni del Comune e di avere, nell’eseguire la recinzione del
proprio fondo, cintato, non solo questo ma anche porzioni estranee alla
proprietà della quale i convenuti erano titolari, avendo essi illegittimamente

Corte Suprema di Cassazione li sez. civ.

st. dr. G. A. Bursese-

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obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un

accorpato nella recinzione porzione di strada già facenti parte del demanio
comunale … E invero, gli attori avevano titolato la domanda sul presupposto di
essere titolari di un diritto di servitù sul bene del comune, non già di avere
usucapito diritti su beni del convenuto. “Oggetto della causa non era la verifica

e a carico di quello dei convenuti, bensì la realtà

di una turbativa

asseritamente apportata dai convenuti , terzo rispetto al rapporto tra il fondo
degli attori e quello servente, mediante un’asserita appropriazione da parte di
costoro, di porzioni di detto fondo servente in modo tale da rendere meno
agevole o addirittura impedire agli attori di fruire dell’utilitas che la servitù
apportava al proprio fondo”. La corte distrettuale ha evidenziato dunque che
nell’azione iniziale proposta dagli attori, non era affatto in discussione l’esistenza
della servitù, ” essendo finalizzata al limitato scopo di ottenere una remissione
in pristino e conseguentemente la cessazione d’impedimenti asseritamente
posti in essere nell’esercizio della servitù, ma non già dal proprietario del fondo
servente, bensì da terzi”.
Nella fattispecie insomma non vi è una semplice emendati° ma una vera e
propria

mutatio libelli perché I ‘originaria domanda era radicalmente diversa

con riferimento ad entrambi i suoi elementi essenziali: il petitum ( reprimere una
turbativa della servitù) e la causa petendi. Né nella fattispecie può utilmente
invocarsi – come fanno i ricorrenti – la categoria dei diritti autodeterminati dei
quali fanno parte i diritti reali, in cui non ha rilievo la causa petendi ai fini della

Cone Suprema di Cassazione

I sez. civ

est. dr. G. A. Bursese-

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negoziale dell’esistenza o meno di una servitù a favore del fondo degli attori

mutatio libelli ( Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22598 del 05/11/2010), atteso il totale
e radicale cambiamento dell’originaria domanda, come sopra evidenziato.
Si deve aggiungere infine che la questione si risolve in una valutazione di fatto
dei giudici di merito, dunque incensurabile in questa sede di legittimità, attesa la

2- Con il 2° motivo, i ricorrenti lamentano la mancata deliberazione di un capo
della domanda e l’omissione di pronuncia oltre alla conseguente violazione
dell’art. 112 e 115 c.p.c. Secondo gli esponenti la corte distrettuale non
avrebbe omesso di esaminare un capo della domanda corredato da ricco
materiale istruttorio ( deduzione di prove orali; l’aerofotogrammetria prodotta
dagli attori che evidenzia il restringimento della strada dopo la recinzione dei
Colleoni ) la cui valutazione avrebbe condotto ad un esito processuale loro
favorevole, confermando in modo particolare che vie era stata una semplice
emendatio dell’originaria domanda; né la Corte si era pronunciata sull’eventualità
prospettata in via subordinata dai ricorrenti che la strada in questione fosse da
considerarsi strada di proprietà privata.
li quesito di diritto è il seguente:
“Se sia conforme all’ordinamento ed in particolare agli artt. 112 e 115 c.p.c.
l’omessa pronuncia sulla prospettazione in diritto formulata dalla parte in via
subordinata in relazione al titolo giuridico della domanda e rilevante ai fini della
soluzione della controversia”.

Corte Suprema di Cassaz e II sei.

– est. dr. G. A. Bursese-

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corretta motivazione.

3 – Con il 3 motivo gli esponenti denunciano il vizio di motivazione: con
riferimento al mancato esame di documentazione decisiva , oltre a quella del
comune che invece era stata presa in esame, da cui si evincerebbe la larghezza
originaria della strada che sarebbe stata pari a m.5 , prima degli interventi dei

Si tratta in specie di una delibera Consiglio Comunale del nov. 1984 da cui
risultava che la strada era larga m. 5 e di una lettera del 21.3.1969 del
Comune di Suisio inviata al dante causa dei ricorrenti
Le ultime due doglianze possono essere congiuntamente esaminate perché
vedono su uno stesso tema : la valutazione delle prove e del materiale
probatorio acquisito da parte del giudice di merito. Premesso che le stesse
doglianze non sono conformi al canone di autosufficienza ( i documenti che si
assumono non esaminati dovevano essere interamente trascritti), non v’è dubbio
che siffatto valutazione vi sia stata da parte del giudice distrettuale e che sia
stata corredata da congrua e diffusa motivazione; era peraltro necessario che
il giudice procedesse ad una valutazione globale delle intere emergenze
istruttorie tali da giustificare la sua scelta decisionale ; in tal ambito egli ha fatto
riferimento sia alla CTU ed alla documentazione prodotta oltre che alla
corrispondenza del sindaco di Suisio.
Al riguardo

questa S.C. ha stabilito che : “La motivazione omessa o

insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di
merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione

Corte Suprema di Cassazione Il sei. cix. – est. dr. G

lo

Colleoni.

di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, owero quando
sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, dei
procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo
convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese

attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in
un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di
quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente
estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione”. ( Cass. S. U. n. 24148
del 25/10/2013).
4 — Con il 4° motivo : i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione
degli art. 42 D.L.vo n. 267/2000 (TUEL). Si fa riferimento alla lettera in data
25.10.1990 ed in genere al fatto che il Sindaco del comune avesse più volte
escluso che i Colleoni avessero invaso del terreno comunale, negando quindi
qualsiasi sconfinamento: si sostiene che il sindaco non avesse il potere di
emanare siffatte dichiarazioni che erano invece di competenza del Consiglio
Comunale. Il sindaco non poteva pronunciarsi nella materia dei diritti reali su
beni comunali in senso difforme rispetto a quanto stabilito dal Consiglio, secondo
cui vi era stato invece un restringimento della strada.
La doglianza è inammissibile siccome nuova, non risultando che sia stata
eccepita nelle precedenti fasi del giudizio. E’ certo però che il sindaco, con la
lettera in questione non ha posto in essere alcun atto di disposizione dei diritti

Corte Suprema di Cassazione Il sez. eiv. – est. dr. G.

ursese-

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ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo

reali dei beni comunali, non esorbitando pertanto dalle proprie competenze
istituzionali.
5 — Con il 5 motivo infine, si eccepisce l’omessa motivazione in relazione alla
mancata ammissione della prova testimoniale tesa a dimostrare l’originaria

riproposta in sede di appello. Del resto il giudice di merito ha sia pure
tacitamente valutato le prove richieste alla luce del materiale istruttorio già
raccolto che ha ritenuto sufficiente ai fini della decisione.
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato. Le spese processuali per il
principio della soccombenza sono poste a carico dei ricorrenti.
P.Q.M.
la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente, al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in € 3.700,00, di cui € 200,00 per esborsi.
In Roma li 17 dicembre

2013

larghezza della strada. La doglianza è inammissibile non essendo stata

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