Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2097 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/01/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 25/01/2022), n.2097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26225-2020 proposto da:

V.A., B.L., B.A.,

B.R., in proprio e nella qualità di eredi legittimi e di moglie e

figli di B.P., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, tutti rappresentati

e difesi dall’avvocato EDUARDO SORRENTINO;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI SPA, CONSAP SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 793/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 05/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

V.A., B.A., B.R. e B.L., in proprio e nella qualità di eredi legittimi e quali moglie e figli di B.P., convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, Assicurazioni Generali SPA, quale impresa territorialmente designata alla gestione dei danni a carico del Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, per sentir accertare che B.P., il giorno (OMISSIS), in (OMISSIS), mentre era alla guida del suo ciclomotore Piaggio, veniva investito mortalmente da un’autovettura non identificata che si allontanava facendo perdere le sue tracce e per ottenere la condanna della convenuta al pagamento della somma complessiva di Euro 1.155.000,00 a titolo di risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, derivanti dalla morte del congiunto.

Il Tribunale su richiesta delle parti concedeva una provvisionale di Euro 100.000,00. Assicurazioni Generali contestava il quantum debeatur e la richiesta di provvisionale.

Il Tribunale di Nocera, espletata CTU ed escussi i testi, con sentenza n. 713/2002, rigettava la domanda attorea, ritenendola non meritevole di accoglimento per non essere stata provata; in particolare, riteneva che dalle risultanze istruttorie acquisite agli atti di causa alcuno dei testi indicati ed escussi appariva attendibile e/o aveva assistito personalmente all’investimento. Precisava che la non attendibilità e contraddittorietà dei testi escussi poteva dipendere dal fatto che tra gli stessi ed il congiunto deceduto vi fosse il vincolo di parentela e/o affinità e non dall’ipotetica volontà di rendere una dichiarazione non conforme al vero.

La sentenza veniva impugnata dinanzi alla Corte d’Appello di Salerno, la quale, con la sentenza n. 793/2019, resa pubblica il 5 giugno 2019, rigettava i sette motivi di appello, formulati dagli odierni ricorrenti, e confermava la decisione di prime cure, ritendo non provata la domanda risarcitoria.

Segnatamente, la Corte territoriale rilevava: i) che le deposizioni di B.P. e di S.A., rese nel corso del giudizio di primo grado, e le loro dichiarazioni raccolte dai carabinieri di (OMISSIS) divergevano sensibilmente quanto al coinvolgimento nel sinistro stradale di un veicolo non identificato e quanto al modo con cui erano stati avvisati del sinistro; ii) che la deposizione di D.P.S., il quale riferiva di aver appreso della dinamica del sinistro dalla vittima, mentre era ricoverata in ospedale, contrastava con il fatto che la vedova aveva riferito ai carabinieri che il marito era stato ricoverato in terapia intensiva, in stato di incoscienza; iii) che la deposizione di R.G. contrastava con la deposizione di B.G. e con quella di S.A..

La CTU, che pure aveva ritenuto verosimile che la vittima fosse stata investita mentre si trovava a bordo del ciclomotore da una Fiat Punto Bianca che, dopo avere, con una manovra incauta, superato R.G., lo tamponava, provocandone la caduta, cui era seguita, otto giorni dopo, la morte, a causa delle lesioni riportate, non veniva considerata idonea a orientare il convincimento del giudice, perché aveva valorizzato la deposizione di R.G. e perché aveva riscontrato, cinque anni dopo il sinistro, danni anche alla parte posteriore del ciclomotore, in contrasto con il verbale di sequestro, redatto lo stesso giorno dell’incidente, che dava atto della presenza di danni solo sulla parte anteriore.

Avverso detta sentenza ricorrono V.A., B.A., B.R. e B.L., in proprio e nella qualità di eredi legittimi e quali moglie e figli di B.P., formulando quattro motivi.

Nessuna attività difensiva risulta svolta in questa sede dagli intimati.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la “nullità della sentenza per motivazione apparente, illogica, contraddittoria ed in insanabile contrasto tra le stesse parti della sentenza, emergente dalla stessa lettura della sentenza. Comunque al di sotto del cosiddetto minimo costituzionale in violazione dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Omesso e travisato esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

I ricorrenti denunciano la ricorrenza di contraddizioni nella sentenza per aver ritenuto discordanti le testimonianze di S.A. e B.G., per aver essi riferito al giudice di prime cure che la vittima aveva loro dichiarato di essere stato investito da un’autovettura che si era dileguata in contrasto con quanto, invece, avevano dichiarato ai carabinieri, cioè, di non avere avuto alcuna indicazione in ordine alla dinamica del sinistro. Secondo i ricorrenti il danneggiato non poteva che riferire di essere stato investito, senza essere in grado di riferire alcunché sulla dinamica del sinistro, perciò contestano la ricorrenza della discordanza individuata dalla Corte territoriale, insistendo circa il fatto che le dichiarazioni dei testi erano risultate coerenti e logiche e che non si prestavano ad interpretazioni.

Aggiungono che a p. 9 la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un travisamento dei fatti e della prova, in insanabile contrasto con gli atti e con i documenti raccolti e con le prove assunte, affermando che B.G. e S.A. nel corso del giudizio di primo grado avevano dichiarato di essersi recati spontaneamente sul luogo dell’incidente dopo aver sentito rumore ed urla, mentre ai carabinieri avevano riferito di essere stati avvisati da alcune persone dell’incidente stradale in cui era rimasto coinvolto B.P.. I ricorrenti ritengono erroneo l’assunto, in quanto i due testimoni erano intervenuti incontestabilmente a seguito di urla e voci di alcune persone atteso che si trovavano proprio alla (OMISSIS), in casa di S.A.. Contestano la ricorrenza di contraddizioni per avere B.P. riferito nel giudizio di primo grado che sul luogo del sinistro vi era un’auto ferma con delle persone che chiedevano aiuto, mentre, invece, ai carabinieri aveva dichiarato di aver trovato sul luogo dell’incidente solo lo zio riverso a terra. Lamentano che la sentenza impugnata abbia individuato una contraddizione, per vero, inesistente tra la deposizione di B.P. e quella di R.G. che, escussa nel giudizio di primo grado, aveva dichiarato di avere assistito all’incidente mentre era a bordo della sua auto, di essersi fermata per soccorrere l’investito e di avere constatato la presenza di alcune persone che riconoscevano la vittima. Secondo i ricorrenti R.G. era una di quelle persone che, urlando, aveva attirato l’attenzione di B.G. e S.A.. Il fatto che questi ultimi non avessero riferito le generalità di R.G. era da attribuirsi al fatto ragionevole che la stessa si fosse allontanata dal luogo del sinistro.

Il motivo è inammissibile.

I ricorrenti introducono, sia pure deducendo plurimi vizi motivazionali, una inaccoglibile richiesta di diversa valutazione delle prove testimoniali.

I vizi di motivazione denunciati non sono, infatti, meritevoli di accoglimento. E’ sufficiente richiamare l’orientamento di questa secondo cui “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”. Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, non essendo incasellabile né nel paradigma del n. 5 né in quello del n. 4 (per il tramite della deduzione della violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nei termini ora indicati), non trova di per sé alcun diretto referente normativo nel catalogo dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’omesso esame di fatti controversi decisivi per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omessa valutazione relazione chirurgica n. (OMISSIS) del (OMISSIS) Asl Salerno (OMISSIS); omessa valutazione verbale di sequestro penale dei carabinieri di (OMISSIS) del (OMISSIS) ore (OMISSIS).

Ad avviso dei ricorrenti è opinabile quanto affermato dalla Corte d’Appello in ordine alla CTU, perché i carabinieri avevano attestato che il ciclomotore oltre ad un’ammaccatura alla forcella anteriore, risultava in pessimo stato d’uso, e perché quanto ritenuto sarebbe frutto di una mancata valutazione dell’elaborato peritale particolarmente analitico e completa.

Il motivo è inammissibile.

I ricorrenti sono incorsi nella preclusione processuale di cui all’art. 348 ter c.p.c., e comunque non hanno soddisfatto gli oneri di allegazione gravanti su chi denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, cioè non hanno soddisfatto l’onere di indicare il dato extratestuale dal quale evincere la esistenza del fatto omesso nonché il come e il quando tale fatto fosse stato oggetto di discussione tra le parti; ciò non consente di attribuire al fatto asseritamente omesso i caratteri del tassello mancante alla plausibilità cui è giunta la sentenza rispetto a premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario (Cass. Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053).

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e dell’art. 2054 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.c., comma 1, n. 3.

La Corte d’Appello avrebbe completamente omesso di valutare la ricorrenza di un’eventuale responsabilità dei conducenti del veicolo dell’incidente, nonostante fosse “emerso sia dalle dichiarazioni testimoniali che dalle consulenze rese la responsabilità del sinistro”. La Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione neppure il decreto di archiviazione del 19 dicembre 2003, nel procedimento penale n. 6531/2014 per omicidio colposo e omissione di soccorso contro ignoti, motivato dalla circostanza che gli autori dei reati erano rimasti ignoti.

Il motivo è infondato -LMArvtietiii

La Corte territoriale, infatti, ha basato la decisione reiettiva dell’appello, sulla ricorrenza di un quadro probatorio caratterizzato da incongruenze e contraddizioni significative che non ha consentito di ritenere provato che il sinistro fosse stato cagionato da un veicolo non identificato né la ricorrenza di una condotta dolosa o colposa del conducente di un veicolo rimasto sconosciuto.

Le censure dei ricorrenti sovrappongono una propria diversa, rispetto a quella contenuta nella sentenza impugnata, valutazione del corredo probatorio, allo scopo di ritenere integrata la presunzione di responsabilità del conducente dell’auto rimasta non identificata nella causazione del sinistro mortale, senza confrontarsi con la sentenza impugnata che ha ritenuto non provata la dinamica del sinistro, cioè che l’incidente mortale fosse stato cagionato dal conducente di un’auto rimasta non identificata.

Quanto al decreto di archiviazione, di cui i ricorrenti lamentano la mancata valutazione, va osservato che nessun cenno ad esso è contenuto nella sentenza impugnata e che, al fine di non incorrere nel rilievo di novità della censura, i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare di avere già dedotto la questione nei precedenti gradi di merito, giacché i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 2/11/ 2018, n. 28060).

e’ appena il caso di rilevare che il suddetto decreto di archiviazione avrebbe potuto essere considerato alla stregua di una prova atipica nel giudizio civile risarcitorio, cioè quale indizio da esaminare unitamente ad altri elementi di prova rinvenibili in atti.

4. Con il quarto ed ultimo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere richiesto ai ricorrenti una prova non richiesta dalla legge, essendo, invece, i ricorrenti gravati solo dell’onere di provare che il danno era stato effettivamente cagionato da un veicolo non identificato.

Il motivo non è ammissibile.

Il motivo d’impugnazione è rappresentato

dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata; il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

E’ quanto deve affermarsi con riferimento alla censura formulata con il motivo oggetto di scrutinio, perché essa non ha individuato la statuizione della sentenza impugnata che sarebbe incorsa nella violazione denunciata.

5.Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

6.Nulla deve essere liquidato per le spese non avendo i resistenti svolto attività difensiva in questa sede.

7.Si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico delle ricorrenti l’obbligo di pagamento del doppio contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente” dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

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