Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20969 del 06/08/2019

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 06/08/2019), n.20969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26463-2016 proposto da:

COMUNE DI SAN GIOVANNI ROTONDO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

SESTIO CALVINO 33, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA CANNAS,

rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO ALVARO TROVATO;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 838/2016 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

FOGGIA, depositata il 07/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 838/2016, depositata il 7 aprile 2016, la CTR di Bari, sezione staccata di Foggia, – pronunciando in controversia originata da una disattesa istanza di rimborso, qual presentata dalla contribuente (OMISSIS) S.r.l. relativamente alla TARSU corrisposta per gli anni dal 2007 al 2009, – ha rigettato l’appello proposto dal Comune di San Giovanni Rotondo e, così, confermato la statuizione di prime cure, rilevando, a fondamento del decisum, che l’illegittimità del regolamento comunale, con relative tariffe, adottato dall’Ente si correlava alla (indistinta) diversificazione del trattamento tariffario riservato agli esercizi alberghieri rispetto a quello applicato per le unità ad uso abitativo, senz’alcuna considerazione “nell’ambito degli alberghi, fra aree destinate esclusivamente a camere e quelle destinate ad usi comuni”.

2. – Il Comune di San Giovanni Rotondo ricorre per cassazione articolando un solo motivo.

Il fallimento della (OMISSIS) S.r.l. non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un solo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il Comune di San Giovanni Rotondo denuncia violazione di legge (D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 61,65,68 e 69; D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7) quanto alla ritenuta illegittimità delle tariffe nella fattispecie applicate.

Deduce, in sintesi, il ricorrente che, – così come statuito da questa Corte di legittimità con consolidato orientamento interpretativo, l’articolazione tariffaria, in tema di TARSU (art. 68 cit.), legittimamente può differenziare (anche in misura notevole) il trattamento riservato agli esercizi alberghieri in ragione, quale dato notorio, di una capacità produttiva di rifiuti notevolmente superiore a quella delle civili abitazioni.

Soggiunge il ricorrente che, nella fattispecie, non avrebbe alcun fondamento la rilevata necessità di differenziare il trattamento tributario, disarticolando la categoria omogenea individuata (esercizio alberghiero), in ragione della destinazione riservata a specifici spazi (le camere) posto che la legittimità del prelievo tariffario deve correlarsi ai costi del servizio (discriminati in base alla loro classificazione economica).

2. – Il ricorso è fondato e va accolto.

2.1 – Il D.Lgs. n. 507 del 1993, per quel che qui rileva, disponeva nei seguenti termini:

– “1. La tassa può essere commisurata o in base alla quantità e qualità medie ordinarie per unità di superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono destinati, e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento.

2. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.” (art. 65, commi 1 e 2);

– “1 Per l’applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere:

a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria;

b) le modalità di applicazione dei parametri di cui all’art. 65;

2. L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione:

c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri;” (art. 68, commi 1 e 2);

– “2. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica…” (art. 69, comma 2).

2.2 – Dalla disciplina, così, posta con riferimento ai criteri di legittimità del prelievo tributario deve, quindi, dedursi che la tassa può essere commisurata, in relazione al “costo di smaltimento”, o alla potenzialità di produzione di rifiuti (ed alla loro qualità) ovvero alla quantità di rifiuti effettivamente prodotta dai detentori (art. 65, comma 1); che, ancora, la classificazione in categorie (ed eventuali sottocategorie) dei produttori di rifiuti, – operata in relazione ad una “omogenea potenzialità di rifiuti”, – va articolata tenendo conto di “gruppi di attività o di utilizzazione” che, “in via di massima”, fanno riferimento (anche) a “locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri” (art. 68, commi 1 e 2, lett. c) cit.).

Orbene, la disciplina in discorso, secondo un consolidato indirizzo interpretativo, è stata da questa Corte interpretata nel senso che deve ritenersi legittima “la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore”; e, con riferimento ai rapporti tra le tariffe, indicati tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69), si è, più specificamente, rilevato che detti rapporti vanno riferiti, – piuttosto che alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, – alla “relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (quella stessa istituita, dunque, ai sensi del combinato disposto dell’art. 65, commi 1 e 2, e dell’art. 68, commi 1 e 2; v. Cass., 12/03/2007, n. 5722 cui adde, ex plurimis, Cass., 04/04/2018,n. 8308;Cass.,07/12/2016,n. 25214;Cass.,03/08/2016,n. 16175;Cass.,19/08/2015,n. 16972;Cass.,15/07/2015,n. 14758;Cass.,23/07/2012,n. 12859;Cass.,12/01/2010, n. 302; Cass., 28/05/2008, n. 13957).

2.3 – Il criterio legale di commisurazione delle tariffe della Tarsu alla capacità di produzione di rifiuti (effettiva o potenziale), qual emergente dal dettato normativo nazionale, ha trovato, poi, riscontro anche nella giurisprudenza unionale che, come già rilevato da questa Corte (v. Cass., 15/03/2019, n. 7437; Cass., 04/04/2018, n. 8308), ha statuito che:

– risultando “spesso difficile, persino oneroso, determinare il volume esatto di rifiuti urbani conferito da ciascun “detentore””, “ricorrere a criteri basati, da un lato, sulla capacità produttiva dei “detentori”, calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che occupano nonchè della loro destinazione e/o, dall’altro, sulla natura dei rifiuti prodotti, può consentire di calcolare i costi dello smaltimento di tali rifiuti e ripartirli tra i vari “detentori”, in quanto questi due criteri sono in grado di influenzare direttamente l’importo di detti costi.”;

– “Sotto tale profilo, la normativa nazionale che preveda, ai fini del finanziamento della gestione e dello smaltimento dei rifiuti urbani, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito non può essere considerata, allo stato attuale del diritto comunitario, in contrasto con l’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12”;

– “il principio “chi inquina paga” non osta a che gli Stati membri adattino, in funzione di categorie di utenti determinati secondo la loro rispettiva capacità a produrre rifiuti urbani, il contributo di ciascuna di dette categorie al costo complessivo necessario al finanziamento del sistema di gestione e di smaltimento dei rifiuti urbani.”;

– “… al fine del calcolo di una tassa sullo smaltimento dei rifiuti, una differenziazione tributaria fra categorie di utenti del servizio di raccolta e di smaltimento di rifiuti urbani, alla guisa di quella operata dalla normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale fra le aziende alberghiere e i privati, in funzione di criteri obiettivi aventi un rapporto diretto col costo di detto servizio, quali la loro capacità produttiva di rifiuti o la natura dei rifiuti prodotti, può risultare adeguata per raggiungere l’obiettivo di finanziamento di detto servizio.”;

– “Anche se la differenziazione tributaria così operata non deve andare al di là di quanto necessario per raggiungere tale obiettivo di finanziamento, va tuttavia sottolineato che, nella materia in esame e allo stato attuale del diritto comunitario, le competenti autorità nazionali dispongono di un’ampia discrezionalità per quanto concerne la determinazione delle modalità di calcolo di siffatta tassa.” (Corte di Giustizia, 16 luglio 2009, Futura Immobiliare srl e a., causa C254/08, punti 49 ss.).

2.4 – Una volta legittimamente individuata la categoria degli esercizi alberghieri, – quale categoria che non può che essere oggetto di considerazione unitaria siccome espressiva di una “omogenea potenzialità di rifiuti”, in quanto tale distinta da quella riferibile agli immobili ad uso abitativo, – non è, quindi, conforme al ripercorso assetto normativo una disarticolazione della categoria fondata (esclusivamente) su generici rapporti di affinità (con altra categoria), piuttosto che sui criteri legali di ripartizione del prelievo fiscale (criteri dettati dalla “relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica”).

Non pare, quindi, che possa acquisire rilevanza la distinzione, nell’ambito dell’esercizio alberghiero, tra zone più o meno produttive di una maggiore quantità di rifiuti, posto che il sopra richiamato principio di legittimità deve intendersi riferito all’esercizio dell’attività alberghiera nel suo complesso.

Del resto, è anche dalla gestione, e pulizia, delle camere dell’albergo che deriva la maggiore quantità di rifiuti prodotti; e, considera la Corte, non è dato rinvenire, nel sistema, alcuna disposizione che distingua, all’interno della struttura ricettiva, zone produttive di rifiuti in misura differenziata, come avviene, ad esempio, per gli stabilimenti industriali.

Laddove, nella fattispecie, mai si è fatta questione di violazione dei cennati criteri legali nella determinazione del carico fiscale correlato alla categoria omogenea degli esercizi alberghieri.

3. – In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto dell’originario ricorso della contribuente.

Tenuto conto delle incertezze ermeneutiche emerse, nella stessa giurisprudenza di merito, in ordine all’applicazione della Tarsu in epoca antecedente al ricorso per cassazione, le spese del doppio grado di merito possono essere compensate tra le parti mentre quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, vanno disciplinate secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente. Compensa tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna l’intimato alla rifusione in favore del ricorrente Comune delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2019

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